Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 24 aprile 2025, n. 595

di Benedetta Cargnel | 24 Aprile 2025
Rassegna di Giurisprudenza 24 aprile 2025, n. 595

Il Fatto

Un lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare intimato.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda, ritenendo provato l’addebito.

Il lavoratore ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che Il datore di lavoro, su cui a norma dell'art. 5 della Legge n. 604 del 1966 grava l'onere della prova della condotta che ha determinato l'irrogazione della sanzione disciplinare, può limitarsi, nel caso in cui l'addebito sia costituito dall'assenza ingiustificata del lavoratore, a provare il fatto nella sua oggettività, mentre grava sul lavoratore l'onere di provare elementi che possano giustificarlo.

La corte ribadisce poi che In tema di licenziamento disciplinare (prima e dopo l'introduzione dell'art. 55-quater, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 165 del 2001), costituisce ipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio con modalità fraudolente non soltanto l'alterazione o la manomissione del sistema automatico di rilevazione delle presenze, ma anche la mancata registrazione delle uscite interruttive del servizio, senza che la tipizzazione della sanzione determini alcun automatismo espulsivo, rimanendo affidata al giudice di merito la verifica della proporzionalità e dell'adeguatezza del provvedimento disciplinare.

La corte pertanto dichiara inammissibile il ricorso.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Il lavoratore impugnava il licenziamento disciplinare, ma il Tribunale e la Corte d’Appello lo rigettavano. La corte dichiara inammissibile il ricorso.