Il Fatto
Un lavoratore adiva il Tribunale per far accertare la nullità del termine apposto al contratto di lavoro.
La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda, ritenendo che il lavoratore non avesse specificamente domandato il risarcimento del danno subito ma solo la conversione del contratto (impossibile nel caso di specie, in quanto datore pubblico).
Il lavoratore ricorreva per cassazione.
Il Diritto
La corte rileva che la conversione o la trasformazione dei contratti a termine illegittimi costituisce, in caso di abusiva reiterazione o di durata oltre i limiti di legge, sanzione in forma specifica propria dell’illecito perpetrato, come dimostra, almeno in ambito di pubblico impiego, il fatto stesso che, di contro, qualora sia domandato il risarcimento, è ritenuta misura sanante l’avvenuta stabilizzazione per effetto causale diretto della stessa successione o preesistenza di contratti a tempo determinato; se così è, non vi è ragione per ritenere che il mero transito dalla tutela in forma specifica a quella per equivalente risarcitorio, rispetto ai medesimi contratti a termine, sia domanda nuova.
La corte ricorda quindi il seguente principio di diritto: “in materia di pubblico impiego privatizzato, nell'ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall'art. 36, comma 5, del D.Lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso ‒ siccome incongruo ‒ il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all'art. 32, comma 5, della Legge n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come "danno comunitario", determinato tra un minimo e un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l'indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l'onere probatorio del danno subito”.
La corte pertanto accoglie il ricorso.
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