Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 20 settembre 2024, n. 564

di Benedetta Cargnel | 20 Settembre 2024
Rassegna di Giurisprudenza 20 settembre 2024, n. 564

Il Fatto

Un lavoratore impugnava il licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto.

Il Tribunale e la Corte d’Appello rigettavano la domanda e il lavoratore ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che la fattispecie di recesso del datore di lavoro in caso di assenze determinate da malattia del lavoratore si inquadri nello schema previsto e sia soggetta alle regole dettate dall'art. 2110 c.c., che prevalgono, per la loro specialità, sia sulla disciplina generale della risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione lavorativa, sia sulla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, con la conseguenza che, in dipendenza di tale specialità e del contenuto derogatorio delle suddette regole, il datore di lavoro, da un lato, non può unilateralmente recedere o, comunque, far cessare il rapporto di lavoro prima del superamento del limite di tollerabilità dell'assenza. Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c.

La corte osserva  poi che nessuna norma imperativa vieta che disposizioni collettive escludano dal computo delle assenze ai fini del periodo di comporto, cui fa riferimento l'art. 2110 c.c., quelle dovute a infortuni sul lavoro o malattie professionali, ne' tale esclusione - che è ragionevole e conforme al principio di non porre a carico del lavoratore le conseguenze del pregiudizio da lui subito a causa dell'attività lavorativa espletata - incontra limiti nella stessa disposizione, che, come lascia ampia libertà all'autonomia delle parti nella determinazione di tale periodo, così non può intendersi preclusiva di una delle forme di uso di tale libertà, quale è quella di delineare la sfera di rilevanza delle malattie secondo il loro genere e la loro genesi.

Poiché nel caso di specie i giudici non hanno correttamente interpretato la disciplina del CCNL applicabile, la corte accoglie quindi il ricorso.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Un lavoratore impugna il licenziamento per assenze dovute a malattia. La Corte ricorda le regole del recesso del datore di lavoro e accoglie il ricorso.