Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 13 settembre 2024, n. 563

di Benedetta Cargnel | 13 Settembre 2024
Rassegna di Giurisprudenza 13 settembre 2024, n. 563

Il Fatto

Una lavoratrice impugnava il licenziamento disciplinare intimato per assenza ingiustificata.

Il Tribunale e la Corte d’Appello accoglievano la domanda rilevando l’assenza della colpa grave, necessaria per il licenziamento della lavoratrice madre.

Il datore di lavoro ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda  che il divieto di licenziamento della lavoratrice madre è reso inoperante, ai sensi dell'art. 3 lettera a) del D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151, quando ricorra la colpa grave della lavoratrice, che non può ritenersi integrata dalla sussistenza di un giustificato motivo soggettivo, ovvero di una situazione prevista dalla contrattazione collettiva quale giusta causa idonea a legittimare la sanzione espulsiva, essendo invece necessario - in conformità a quanto stabilito nella sentenza della Corte costituzionale n. 61 del 1991 - verificare se sussista quella colpa specificamente prevista dalla suddetta norma e diversa, per l'indicato connotato di gravità, da quella prevista dalla disciplina  pattizia  per generici casi d'inadempimento del lavoratore sanzionati con la risoluzione del rapporto.

Poiché i giudici di merito si sono attenuti a tale principio, la corte rigetta il ricorso.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Una lavoratrice madre vince il ricorso contro un licenziamento disciplinare, poiché non è stata dimostrata la colpa grave necessaria per il licenziamento. La corte rigetta il ricorso del datore di lavoro.