Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 7 dicembre 2023, n. 525

di Benedetta Cargnel | 7 Dicembre 2023
Rassegna di Giurisprudenza 7 dicembre 2023, n. 525

Il Fatto

Un lavoratore, dopo una sentenza dichiarativa dell’illegittimità della cessione di ramo di azienda, otteneva un Decreto ingiuntivo nei confronti della cedente che non aveva adempiuto all’ordine di reintegra.

La società si opponeva e la Corte d’Appello accoglieva la domanda rilevando che il lavoratore era percettore di una pensione di anzianità, che ha come presupposto la cessazione del rapporto di lavoro.

Il lavoratore ricorreva per cassazione.

Il Diritto

La corte ricorda che soltanto un legittimo trasferimento d'azienda comporta la continuità di un rapporto di lavoro che resti unico ed immutato, nei suoi elementi oggettivi; tale circostanza ricorre esclusivamente quando sussistono i presupposti di cui all'art. 2112 c.c. che, in deroga all'art. 1406 c.c., consente la sostituzione del contraente senza consenso del ceduto; da ciò consegue l'unicità del rapporto lavorativo.

In caso contrario, ovvero in caso di illegittimità della cessione, le retribuzioni in seguito corrisposte dal destinatario della cessione, che abbia utilizzato la prestazione del lavoratore successivamente alla messa a disposizione di questi delle energie lavorative in favore dell'alienante, non producono un effetto estintivo, in tutto o in parte, dell'obbligazione retributiva gravante sul cedente che rifiuti, senza giustificazione, la controprestazione lavorativa.

Il rapporto col cessionario è instaurato in via di mero fatto, tanto che le vicende risolutive dello stesso non sono idonee ad incidere sul rapporto giuridico ancora in essere con il cedente, sebbene quiescente per l'illegittima cessione fino alla declaratoria giudiziale.

Con riguardo poi al conseguimento della pensione di anzianità, deve ribadirsi che tale circostanza non integra una causa di impossibilità della reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato, atteso che la disciplina legale dell'incompatibilità (totale o parziale) tra trattamento pensionistico e percezione di un reddito da lavoro dipendente si colloca sul diverso piano del rapporto previdenziale (determinando la sospensione dell'erogazione della prestazione pensionistica o il diritto dell’ente previdenziale alla ripetizione delle somme erogate), ma non comporta l'invalidità del rapporto di lavoro; invero, il diritto alla pensione discende dal verificarsi dei requisiti di età e di contribuzione stabiliti dalla legge e non si pone di per sé come causa di risoluzione del rapporto di lavoro, sicché le utilità economiche, che il lavoratore illegittimamente licenziato ne ritrae, dipendono da fatti giuridici estranei al potere di recesso del datore di lavoro, non sono in alcun modo causalmente ricollegabili al licenziamento illegittimamente subito e si sottraggono per tale ragione all'operatività della regola della compensatio lucri cum damno.

Poiché i giudici non si sono attenuti a tali principi, la corte accoglie il ricorso.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Il lavoratore ottiene un Decreto ingiuntivo, ma la società si oppone. La Corte d'Appello accoglie la domanda, ma il lavoratore ricorre in cassazione. La corte accoglie il ricorso.