Nel nostro ordinamento, la lavoratrice madre gode di una serie di tutele che interessano sia il solo periodo di gravidanza, sia che si estendano a periodi successivi. A tal fine, l’art. 54 del D.Lgs. 26 marzo2001, n. 151, rubricato come “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”, prevede espressamente il divieto di licenziamento dall’inizio del periodo di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino.
Il successivo art. 55, invece, dispone che in caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell'art. 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice abbia diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento e che non sia tenuta al preavviso.
Con il presente intervento, alla luce anche della recente sentenza della Corte di Cassazione del 17 giugno 2019, n. 16176, si vuole fare il punto sulla disciplina attinente al licenziamento e alle dimissioni nel periodo di tutela della maternità. Ponendo, così, l’attenzione all’evoluzione giurisprudenziale che ha interessato l’interpretazione della presunzione di non libertà nella determinazione delle proprie dimissioni che costituisce il presupposto per il pagamento, da parte del datore di lavoro, dell’indennità sostitutiva del preavviso.
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