L’art. 4, comma 3, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124 (convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157), ha introdotto, dal 1° gennaio 2020, la nuova lett. a-quinquies) al sesto comma dell’art. 17 del D.P.R. n. 633/1972, estendo il meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge) alle prestazioni effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente, con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma.
Vorremmo capire cosa si intenda per “prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma”, una formulazione che, a nostro parere, non apparterrebbe alla definizione di contratto di appalto.
Il presupposto perché si tratti di una prestazione resa nell’ambito di impresa e di contratto di appalto è sempre stato (soprattutto da parte dell’Agenzia) “con una organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio per il compimento di un servizio...”. Non si riesce, pertanto, a vedere ipotesi di applicazione della norma sul reverse charge.
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