L’operazione di estromissione agevolata dei beni immobili strumentali dell’imprenditore individuale, introdotta una prima volta nell’ordinamento con la Legge n. 413/1991, riproposta in seguito con la Legge n. 449/1997, la Legge n. 448/2001, la Legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008) e da ultimo con la Legge di stabilità 2016 e la Legge di Bilancio 2023, prevede che entro il 31 maggio 2023 l’imprenditore individuale possa estromettere in regime agevolato tutti gli immobili strumentali (sia per natura che per destinazione), con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2023.
Non è prevista alcuna maggiorazione dell’imposta sostitutiva per definire l’IVA, che pertanto viene assoggettata alle ordinarie regole IVA previste per tali operazioni, che vengono sostanzialmente assimilate alle cessioni (con applicazione dei punti 8-bis e 8-ter dell’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972). L’operazione di estromissione dell’immobile è fuori campo IVA nelle ipotesi in cui l’immobile venga acquistato da un privato o provenga dal patrimonio personale dell’imprenditore, sia stato acquisito prima della entrata in vigore dell’IVA (1° gennaio 1973) o non sia stata detratta l’IVA all’atto del relativo acquisto.
La circolare 40/E/2002 ha ricordato che l’estromissione dell’immobile è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA anche se sullo stesso sono stati sostenuti interventi di recupero edilizio, per i quali, invece, si è provveduto alla detrazione dell’imposta (in tal caso sarà necessario procedere con l’eventuale rettifica ai sensi dell’art. 19-bis2 D.P.R. n. 633/1972 qualora le stesse siano incrementative del valore dell’immobile e non abbiamo esaurito la loro utilità all’atto dell’estromissione).
L’estromissione non è soggetta né ad imposta di registro né ad imposte ipo-catastali, dato che non si effettua alcuna variazione o annotazione catastale. Ai fini IVA, quindi, l’operazione di estromissione va inquadrata tra quelle considerate di “autoconsumo” ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 5 del D.P.R. n. 633/1972 e che determinano la base imponibile secondo le regole previste dalla lett. c), comma 2, dell’art. 13 del D.P.R. n. 633/1972. Il “tradizionale” criterio del valore normale ha lasciato il posto nel 2009 a nuovi criteri mai chiariti fino in fondo dalla stessa Agenzia delle Entrate. Grazie alla Legge 7 luglio 2009, n. 88 (“Legge Comunitaria 2008”), la modalità di individuazione della base imponibile IVA per le operazioni senza corrispettivo, è basata non più sul criterio del valore normale ma su quello del costo.
In base all’art. 13, comma 2, lett. c) del D.P.R. n. 633/1972, l’importo sul quale si determina l’IVA deve essere determinato facendo riferimento “al prezzo di acquisto o, in mancanza, al prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento di effettuazione delle operazioni, nei casi di cessioni gratuite, di autoconsumo e di assegnazioni ai soci”.
Le cessioni “senza corrispettivo” hanno una base imponibile IVA che va determinata “nel momento in cui si effettuano tali operazioni”. Nel caso, quindi, dell’imprenditore individuale che debba auto fatturarsi il bene, ci si chiede se rilevi il mero prezzo d’acquisto assunto tale e quale o se, invece, non si debba tener conto anche della svalutazione del valore del bene connessa all’usura, oltre che degli eventuali costi sostenuti per riparare, completare o migliorare il bene.
Il valore contabile residuo del bene, o il costo storico assunto al netto del fondo di ammortamento (residuo valore contabile) sono coerenti?
Con la sentenza della Corte di Giustizia UE, 17 maggio 2001 (sentenza “Fischer”), la base imponibile della cessione gratuita coincide con il “valore residuo del bene al momento del prelievo”. La medesima sentenza precisa altresì che,“nella quantificazione di detto ‘valore residuo’, occorre tener conto anche delle spese relative agli interventi consistenti nell’incorporazione nel bene principale oggetto di cessione di altri beni che ne abbiano comportato “un incremento duraturo di valore …, non interamente esaurito al momento del prelievo”.
Non dovrebbero concorrere, quindi, a formare la base imponibile del bene oggetto di cessione gratuita le spese relative agli interventi di ordinaria manutenzione, cioè agli interventi che non si traducono in un incremento di valore del bene mentre vanno considerate le svalutazioni del valore del bene dovuta all’usura.
Assonime, con la circolare n. 42 del 13 ottobre 2009 ha affermato che non può essere considerato il mero prezzo di acquisto del bene, ma dovrebbero assumere rilevanza anche tutte le spese sostenute per apportare miglioramenti al bene stesso durante la sua vita aziendale, sempreché si tratti, naturalmente, di spese relative ad acquisti di beni e servizi in relazione ai quali sia stata applicata l’imposta e sia stata operata la detrazione della medesima; non devono essere considerate le spese relative al personale impiegato nella manutenzione del bene, in quanto trattasi di spese escluse dal campo di applicazione dell’IVA.
Assonime ritiene che si debba quantificare il deprezzamento del bene dovuto all’usura. Quindi, concludendo, la base imponibile delle cessioni senza corrispettivo corrisponderebbe alla somma dei prezzi pagati per l’acquisto dei beni e dei servizi (a IVA detratta) che hanno consentito di ottenere il bene oggetto di cessione assunta al netto dell’eventuale deprezzamento subito dal bene stesso nell’espletamento della propria funzione economica all’interno del processo produttivo dell’impresa.
Prezzo acquisto bene (con IVA detratta) + Spese relative ad interventi incrementativi (con IVA detratta) - Deprezzamento dovuto all’usura
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