Fra gli ultimi Pronto Ordini pubblicati sul sito del Consiglio nazionale, il n. 203/2022 riguarda la possibilità di appellarsi al segreto professionale dinanzi a una richiesta delle Entrate di esibizione della documentazione inerente l’esecuzione della prestazione professionale resa nei confronti di un cliente.
Limitatamente alla professione di commercialista, l’obbligo di rispettare il segreto è sancito dall’art. 5 del D.Lgs. n. 139/2005, con applicazione degli artt. 199 e 200 c.p.p. e dell’art. 249 c.p.c. (relativo alla facoltà di astensione dei testimoni). Fanno eccezione, per espressa previsione del citato art. 5, “le attività di revisione e certificazione obbligatorie di contabilità e di bilanci, nonché quelle relative alle funzioni di sindaco o revisore di società o enti”. Il professionista ha quindi il diritto di astenersi dalla testimonianza sia in sede di processo penale, sia di processo civile.
A livello etico, l’art. 10 del Codice deontologico stabilisce l’obbligo di rispetto del segreto professionale e il dovere di riservatezza su quanto rivelato dal cliente, che il professionista non deve riferire a nessuno. Di conseguenza, l’iscritto che viola il segreto professionale, divulgando a terzi le notizie che gli siano state confidate da un proprio cliente, potrebbe essere chiamato a rispondere in sede disciplinare, civile e penale.
Le norme indicate individuano quindi, da un lato, il dovere per l’iscritto di mantenere riservate le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato e, dall’altro lato, il diritto a non comunicarle e/o riferirle a terzi.
Nell’ordinamento, il diritto a non divulgare le informazioni apprese in ragione dell’espletamento del mandato non solo può esercitarsi nell’ambito delle testimonianze civili e penali, come sopra evidenziato, ma anche in sede di accessi, ispezioni e verifiche disposte dagli Uffici facenti parte dell’Amministrazione finanziaria. Il professionista che subisce l’accesso può infatti eccepire il segreto professionale relativamente a perquisizioni personali, all’apertura coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili, all’esame di documenti e alla richiesta di notizie.
Dall’obbligo di segretezza sono invece esclusi i cosiddetti “fatti notori”, ovvero le notizie che risultano essere conosciute da un elevato numero di persone o siano state in ogni caso divulgati dalla stessa parte assistita. La Guardia di Finanza, con la circolare n. 1/2008, ha ad esempio ritenuto che “il segreto professionale possa essere fondatamente opposto soltanto per quei documenti che rivestono un interesse diverso da quelli economici e fiscali del professionista o del suo cliente e, pertanto, quando i documenti non presentano alcuna utilità ai fini fiscali; non pare quindi che possa essere eccepito il segreto professionale per le scritture ufficiali né per i fascicoli dei clienti, limitatamente però, per quanto attiene a questi ultimi, all’acquisizione dei documenti che costituiscono prova dei rapporti finanziari intercorsi fra professionista e cliente”.
Ne discende, è la conclusione del CNDCEC, che in sede di risposta al questionario l’eventuale esibizione di documentazione nota, conoscibile o già divulgata, nonché documentazione che rivesta un interesse prettamente economico e fiscale del cliente, può costituire scriminante dal punto di vista sia disciplinare sia penale, anche in assenza di autorizzazione della parte assistita.
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