Si discute del difetto di motivazione della cartella di pagamento contenente il rinvio alla condanna alle spese contenuta nella sentenza della Corte d'appello, già nota all'opponente (condannato in quel processo), e alla partita di credito formata conformemente alle disposizioni del T.U. delle spese di giustizia.
In tema di recupero di spese di giustizia penali, la cartella di pagamento deve contenere gli elementi indispensabili per consentire al destinatario di effettuare il necessario controllo sulla correttezza della pretesa creditoria e tale obbligo di motivazione - che sussiste fino dall'emissione dell'atto, senza possibilità di successiva integrazione nel corso del giudizio - non è assolto mediante il richiamo per relationem della sentenza penale che ha condannato l'imputato al pagamento delle spese processuali o tramite il rinvio ad atti (segnatamente, i cd. fogli notizie redatti dalla Procura della Repubblica e attestanti le spese sostenute nel processo penale) che, benché richiamati nella cartella, non sono stati precedentemente comunicati.
In base al quadro normativo (art. 7 della legge n. 212/2000; art. 3 della legge n. 241/1990; art. 12, terzo comma, del D.P.R. n. 600/1973) è configurabile in capo all'A.F. un preciso obbligo di motivazione dell'atto rivolto alla richiesta di pagamento di interessi sul debito fiscale. L'obbligo di motivazione degli atti tributari completa il coacervo di garanzie che si impongono nel principio del giusto procedimento. Si tratta di un canone che riguarda anche la motivazione della cartella (Cass., Sez. U., sent. 14 luglio 2022, n. 22281).
Le indicazioni nelle cartelle redatte in conformità al modello ministeriale sono normalmente idonee a mettere il debitore intimato in condizione di identificare il titolo per cui si procede e le relative pretese creditorie, in modo da potere esercitare adeguatamente il proprio diritto di difesa: la conformità al modello ministeriale va sempre posta in rapporto con l'esigenza di difesa del soggetto a cui il pagamento è richiesto, a seconda del contenuto concreto dei dati come trasfusi e trasposti nella singola cartella opposta (Cass., Sez. 3, sent. 30 gennaio 2019, n. 2553 ; Cass., Sez. 3, sent. 31 gennaio 2019, n. 2797 ).
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