L’Agenzia ritiene che ai crediti IRPEF non sia applicabile la prescrizione quinquennale, ma quella decennale.
Il diritto alla riscossione di tributi erariali, in mancanza di espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di 10 anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo tali crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d'imposta (Cass., Sez. 6-5, 11 dicembre 2019, n. 32308; Cass., Sez. 6-5, 26 giugno 2020, n. 12740).
In caso di notifica di cartella esattoriale non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria relativa alle sanzioni e agli interessi è quello quinquennale, come previsto, per le sanzioni, dall'art. 20, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, e, per gli interessi, dall'art. 2948, primo comma, n. 4), c.c. (Cass., Sez. 6-5, 8 marzo 2022, n. 7486).
Nella specie, dall'estratto di ruolo relativo alla cartella si evince che i tributi ivi indicati riguardano, da un lato, ritenute sulla retribuzione o sulla pensione, che corrispondono, effettivamente, a crediti erariali per IRPEF e, dall'altro, interessi e sanzioni; pertanto, è corretto applicare il termine di prescrizione quinquennale a tali ultime voci, mentre, in relazione agli importi dovuti per i crediti IRPEF, la prescrizione è decennale.
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