Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di giurisprudenza 2 febbraio 2024, n. 688

di Fabio Pace | 2 Febbraio 2024
Rassegna di giurisprudenza 2 febbraio 2024, n. 688

Si censura l’attribuzione di effetto retroattivo alla norma con le condizioni per il raddoppio del termine di accertamento in presenza di condizioni che impongano la denuncia querela all'autorità giudiziaria penale.
L’effetto retroattivo non c’è. Infatti, nell’accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del D.P.R. n. 600/1973 per l'IRPEF e 57 del D.P.R. n. 633/1972 per l'IVA, sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l'obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se archiviata o tardiva, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento già notificati, relativi a periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016, incidano le modifiche introdotte dall'art. 1, commi da 130 a 132, della legge n. 208/2015, data la disposizione transitoria, ivi introdotta, che richiama l'applicazione dell'art. 2 del D.Lgs. n. 128/2015, dove fa salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni e degli inviti a comparire ex art. 5 del D.Lgs. n. 218/1997 già notificati, dimostrando un "favor" del legislatore per il raddoppio dei termini se non incidente su diritti fondamentali del contribuente, quale il diritto di difesa (Cass., ord. 14 maggio 2018, n. 11620; Corte cost., sent. 25 luglio 2011, n. 247).

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
Il raddoppio dei termini di accertamento tributario non ha effetto retroattivo, anche con le modifiche introdotte dalla legge n. 208/2015. (Cass., ord. 14 maggio 2018, n. 11620; Corte cost., sent. 25 luglio 2011, n. 247).