La questione riguarda l'articolazione di motivi di impugnazione specifici.
Nel contenzioso tributario, la riproposizione a supporto dell'appello delle ragioni poste a fondamento dell'originaria impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della legittimità dell'accertamento (per l'A.F.), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l'onere di impugnazione specifica imposto dall'art. 53 del D.Lgs. n. 546/1992 quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, quando dall'atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppure per implicito, in termini inequivoci.
Tale principio, più volte applicato quando all'A.F. si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell'avviso di accertamento annullato, vale, in pari misura, nel caso in cui sia la parte privata a limitarsi a ribadire in appello le ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo, contrapponendole alle argomentazioni con le quali il giudice di primo grado ha ritenuto di rigettare l'atto introduttivo (Cass. 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass. 3 agosto 2016, n. 16163; Cass. 22 marzo 2017, n. 7639; Cass. 20 aprile 2018, n. 9937; Cass. 11 maggio 2018, n. 11061).
L'impugnazione deve contenere (Sez. U., 16 novembre 2017, n. 27199) la chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza e, con essi, delle relative doglianze, sicché alle argomentazioni svolte in sentenza siano contrapposte quelle dell'appellante in vista della critica, e confutazione, delle ragioni del primo giudice. Ciò non significa che la mera riproposizione delle originarie argomentazioni non assolva a tale requisito: il dissenso può legittimamente investire la decisione nella sua interezza, sostanziandosi proprio nelle argomentazioni che suffragavano la domanda o la pretesa rimasta disattesa; inoltre, non occorrendo l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado (Sez. U, sent. 16 novembre 2017, n. 27199), i motivi d'appello non possono considerarsi assenti o carenti quando l'atto d'appello contenga un’esplicita motivazione che, interpretata anche alla luce delle conclusioni formulate, non possa in alcun modo dirsi incerta, sicché essi risultano ricavabili, in termini inequivoci e univoci seppure per implicito, dall'intero atto di impugnazione.
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