L’Agenzia delle dogane sostiene che, anche a seguito della depenalizzazione del contrabbando semplice, il bene illecitamente introdotto possa essere confiscato, ritenendo errato l’annullamento del provvedimento di confisca, pur essendo stato il contribuente riconosciuto colpevole di violazione in materia di IVA.
Sottoposta alle Sezioni Unite la questione circa la legittimità della confisca disposta in relazione al reato di cui all’art. 282 del D.P.R. n. 43/1973, in seguito all'emanazione del D.Lgs. n. 8/2016- che, in attuazione dell'art. 1, ha depenalizzato i reati puniti con la sola pena pecuniaria della multa e dell'ammenda e, tra questi, i reati di contrabbando cd. semplice - disciplina da accordare in chiave sistematica sia con l’art. 70 del D.P.R. n. 633/1972 (che fa espresso richiamo, per quanto concerne le controversie e le sanzioni, alle disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine), sia con gli artt. 301 e 295-bis del D.P.R. n. 43/1973 (nella parte in cui prevedono l'applicazione della confisca obbligatoria nelle ipotesi di contrabbando con diritti evasi fino a euro 3.996,96), sia con l’art. 20, terzo comma, della legge n. 689/1981 (che prevede la confisca facoltativa amministrativa per le evasioni d’imposta comprese tra 4.000 euro e 49.999,99 euro), a cui fa espresso riferimento il legislatore della depenalizzazione con l’art. 6 del D.Lgs. n. 8/2016.
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