Si esamina un accertamento induttivo ritenuto illegittimo, sia pure in presenza di elementi sufficienti per un accertamento analitico, a seguito del solo riscontro di fatture di acquisto con il reale contenuto del magazzino.
La verifica e l'accertamento si fondano anche sul rinvenimento di documentazione extracontabile, con incerta quantificazione di magazzino. Nell’accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 39, primo comma, lett. c), del D.P.R. n. 600/1973, consente la rettifica del reddito anche quando l'incompletezza della dichiarazione risulta da documentazione extracontabile e, in particolare, da contabilità in nero, costituita da appunti personali e informazioni dell'imprenditore, dovendo comprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 ss. c.c. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa, o rappresentino la situazione patrimoniale dell'imprenditore e il risultato economico dell'attività svolta (Cass. 24 settembre 2014, n. 20094; Cass. 27 febbraio 2015, n. 4080; Cass. 11 luglio 2016, n. 14150; Cass. 23 maggio 2018, n. 12680). Le stesse conclusioni valgono in materia di IVA (Cass. 24 agosto 2018, n. 21138; Cass. 8 settembre 2006, n. 19329; Cass. 1° febbraio 2006, n. 2217).
Nella specie, pur dandosi atto dell'esistenza di documenti extracontabili, non se ne è considerata la rilevanza quale presupposto che avrebbe potuto legittimare l'accertamento praticato, che non era comunque induttivo puro, ma analitico-induttivo, muovendo da una relativa inattendibilità della documentazione contabile.
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