La controversia riguarda una ripresa a tassazione della sopravvenienza attiva, che si assume non essere stata contabilizzata.
In tema di sopravvenienze attive, ex art. 88 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, l'iscrizione di un debito tra le passività nell'esercizio di competenza, secondo le regole dell'art. 109, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986, qualora risulti non ancora assolto in un successivo esercizio, per emergere ad esempio da uno dei registri tenuti ex art. 25 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non comporta l'automatico riconoscimento e imputazione di una sopravvenienza attiva, per la quale è invece necessario il sopraggiungere di un evento, in un esercizio successivo a quello di imputazione della passività, che, estinguendo con certezza il costo o il debito registrato nell'esercizio precedente, configuri una posta attiva sopravvenuta. L'iscrizione in bilancio di una posta passiva, per errore o perché fittizia, non comporta l'iscrizione di una sopravvenienza attiva nell'esercizio in cui l'errore sia corretto o la fittizietà sia dichiarata o accertata, dovendosi al contrario imputare la rettifica sempre all'esercizio in cui l'iscrizione della componente negativa sia avvenuta per errore o per falsità.
La sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, ex art. 88, comma 1, del TUIR, si realizza nei casi in cui una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata e assuma in bilancio una connotazione attiva, con conseguente assoggettamento a imposizione, in riferimento all'esercizio in cui la posta attiva emerge in bilancio e acquista certezza (Cass., 9 agosto 2022, n. 24580; 23 gennaio 2020, n. 1508; 22 settembre 2006, n. 20543). La certezza dell’estinzione della posizione debitoria identifica la sopravvenienza attiva e l'anno di imputazione.
Nella specie, l'unico elemento da cui la sopravvenienza è stata desunta era la registrazione di fatture da ricevere, sia nel bilancio di apertura, che in quello di chiusura. Dalla corrispondenza dell'importo e dalla mancata autofatturazione, si è dedotto il mancato pagamento della posta debitoria e l’insorgenza di una sopravvenienza attiva non dichiarata. Sennonché tali elementi non costituivano un riscontro certo del sopraggiunto venire meno del debito. Mancava il presupposto stesso della sopravvenienza attiva, quale ad esempio la cancellazione del debito, a qualunque titolo.
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