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CONTENZIOSO

Sanzioni fiscali al contribuente: lo sgravio è ammesso solo se dimostra che il commercialista ha falsificato gli F24

di Studio tributario Gavioli & Associati | 17 Gennaio 2024
Sanzioni fiscali al contribuente: lo sgravio è ammesso solo se dimostra che il commercialista ha falsificato gli F24

La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 488, dell’8 gennaio 2024, ha fornito alcuni interessanti chiarimenti in merito alle responsabilità del contribuente nel pagare le sanzioni: l’Amministrazione finanziaria può sgravarle solo se si riesce a dimostrare che è il consulente che ha volutamente falsificato i modelli F24 del contribuente.

Il contenzioso tributario: l’errore del consulente

Con sentenza del 25 settembre 2014 la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di primo grado assunta dalla Commissione Tributaria Provinciale, con la quale erano dichiarate dovute le sanzioni elevate dall’Agenzia delle Entrate per l’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi relative agli anni d’imposta 2004-2007.

Osservava il giudice della Commissione Tributaria Regionale che correttamente dalla CTP era stata ritenuta applicabile in favore del contribuente la causa di non punibilità prevista dall’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997, avendo egli dato prova di aver sporto denuncia all’autorità giudiziaria nei confronti del professionista incaricato di curare gli adempimenti fiscali.

Avverso la sentenza sfavorevole l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, per le Entrate:

  1. la CTR avrebbe errato nell’escludere la responsabilità del contribuente in relazione alla contestata violazione tributaria, sebbene egli non avesse dato dimostrazione dell’attività di controllo e di vigilanza posta in essere allo scopo di verificare l’effettiva esecuzione delle incombenze affidate al professionista incaricato della presentazione delle dichiarazioni dei redditi;
  2. ai fini dell’assolvimento di tale prova, non poteva ritenersi sufficiente la denuncia nei confronti del professionista da parte del contribuente.

Le Entrate osservano che l’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, non ha comportato l’abrogazione della Legge n. 423/1995, in base alla quale la riscossione delle sanzioni pecuniarie previste in caso di omesso versamento delle imposte può al più essere sospesa nei confronti del contribuente, qualora la violazione consegua alla condotta illecita, penalmente rilevante, del soggetto cui era stato conferito mandato professionale per l’adempimento fiscale.

Cause di non punibilità

L’art. 6, del D.Lgs. 472/1997, in materia di cause di non punibilità, afferma che se la violazione è conseguenza di errore sul fatto l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da colpa.

Le rilevazioni eseguite nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili e le valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima non danno luogo a violazioni punibili.

In ogni caso, non si considerano colpose le violazioni conseguenti a valutazioni estimative, ancorché relative alle operazioni disciplinate dal D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, se differiscono da quelle accertate in misura non eccedente il 5 per cento.

Non è, inoltre, punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonché da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento.

Il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi.

Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore.

Non sono, inoltre, punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.

Va ricordato che l’art. 5, del D.Lgs. n. 472/1997, afferma che nelle violazioni punite con sanzioni amministrative, ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Le violazioni commesse nell’esercizio dell’attività di consulenza tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà sono punibili solo in caso di dolo o colpa grave.

La colpa è grave quando l’imperizia o la negligenza del comportamento sono indiscutibili e non è possibile dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata e, di conseguenza, risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari.

Non si considera determinato da colpa grave l’inadempimento occasionale ad obblighi di versamento del tributo.

È dolosa la violazione attuata con l’intento di pregiudicare la determinazione dell’imponibile o dell’imposta ovvero diretta ad ostacolare l’attività amministrativa di accertamento.

Alcuni recenti precedenti della Cassazione

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 40922, del 21 dicembre 2021, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente; per i giudici di legittimità è possibile evitare le sanzioni penali solo se si dimostra che i fatti contestati sono la conseguenza del comportamento del proprio commercialista che ha falsificato i modelli F24.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 156, del 10 gennaio 2022, si è pronunciata in tema di responsabilità concorsuale del commercialista nel reato fiscale commesso dal proprio cliente; il contributo partecipativo all’evento criminoso è individuabile nell’omessa segnalazione di una serie di anomalie rilevate nella contabilità e, dunque, nella prosecuzione dell’attività di assistenza.

Il parere della Cassazione: occorre dimostrare la tenuta non colposa del contribuente

Per i giudici di legittimità il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è fondato.

Per i giudici di legittimità va condiviso il ragionamento decisorio svolto dal primo giudice; la CTR ha ritenuto configurabile nel caso di specie la causa di non punibilità prevista dall’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997, avendo il contribuente sporto denuncia davanti all’Autorità giudiziaria a carico del consulente cui aveva affidato la gestione amministrativa e contabile della sua azienda.

Tuttavia, per costante giurisprudenza della Cassazione, l’anzidetta causa di non punibilità è applicabile a condizione che il contribuente, oltre ad aver adempiuto l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, non abbia tenuto una condotta colpevole ai sensi dell’art. 5, comma 1, dello stesso Decreto, nemmeno sotto il profilo della culpa in vigilando.

Ne consegue che l’operatività dell’esimente deve essere esclusa laddove, pur essendo stato denunciato all’autorità giudiziaria il fatto imputabile al terzo, il contribuente non dia anche prova di aver assolto, a monte, l’obbligo di vigilanza sul puntuale e corretto adempimento del mandato da parte dell’intermediario.

Per i giudici di legittimità contrariamente a quanto sostenuto dal giudice, la prova dell’assenza di colpa, secondo le regole generali dell’illecito amministrativo, grava sul contribuente, il quale può andare esente da responsabilità soltanto ove alleghi e dimostri di aver compiuto atti diretti a controllare la corretta esecuzione dell’incarico affidato, prova nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista medesimo, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento mediante la falsificazione di modelli F24 o l’impiego di altri artifici di difficile riconoscibilità da parte del mandante.

Per i giudici di legittimità va, pertanto, disposta, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi al principio di diritto sopra espresso.

Riferimenti normativi:

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