Commento
IVA

Ripristino del credito IVA per la società risultata non operativa solo per due anni

di Marco Peirolo | 23 Gennaio 2024
Ripristino del credito IVA per la società risultata non operativa solo per due anni

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’interpello n. 10 del 17 gennaio 2024 ha chiarito che la società che, in quanto non operativa, ha dovuto restituire il credito IVA ottenuto a rimborso, può recuperare il relativo importo in sede di dichiarazione annuale se la qualifica di società non operativa non si è manifestata per tre periodi d’imposta consecutivi.

Oggetto dell’interpello

L’istante, nell’anno 2014 ha ricevuto la notifica di un avviso di accertamento avente ad oggetto, tra l’altro, la restituzione del rimborso IVA per l’anno 2009 sulla base dei presupposti di mancata operatività di cui all’art. 30 della Legge n. 724/1994.

A seguito del contenzioso, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto, in capo all’Amministrazione finanziaria, alla definitiva riscossione di quanto richiesto con l’avviso di accertamento, rettificato in autotutela.

Conseguentemente, con cartella esattoriale è stata richiesta la restituzione dell’IVA e, a fronte della suddetta richiesta, l’istante ha provveduto a presentare istanza di rateizzazione, accordata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, che ha concesso la suddivisione del pagamento in  72 rate mensili.

Ai fini dell’utilizzo del credito IVA, l’istante riferisce che la situazione della società per il triennio 2009, 2010 e 2011, ai fini dell’operatività, evidenzia che, per l’anno 2011, ricorreva l’esclusione/disapplicazione della normativa di cui all’art. 30 della Legge n. 724/1994 per le società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore. Pertanto, il credito IVA relativo all’anno 2009, una volta ratealmente restituito, non è da considerarsi perduto, potendo essere liberamente utilizzato in quanto la società, in riferimento al triennio 2009-2011, ha dimostrato di non essere assoggettata al disposto del comma 4 dell’art. 30 della Legge n. 724/1994, in quanto l’anno 2011 è escluso dall’applicazione della normativa richiamata.

Tutto ciò premesso, l’istante ha chiesto all’Agenzia delle Entrate come possa ricostituire il credito IVA tramite il pagamento rateale di cui al piano di ammortamento.

Limiti alla detrazione dell’IVA nella normativa sulle società di comodo

L’art. 30 della Legge n. 724/1994 prevede, al comma 1, che, ai fini ivi previsti, le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano non operativi se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore a un ricavo presunto, calcolato, attraverso il c.d. “test di operatività”, applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli asset patrimoniali intestati all’ente.

Per le società non operative il reddito viene presuntivamente determinato in misura non inferiore all’ammontare della somma degli importi derivanti dall’applicazione di coefficienti percentuali ai valori dei beni posseduti nell’esercizio.

Il comma 4 del menzionato art. 30 della Legge n. 724/1994 stabilisce che, per le società e gli enti non operativi, l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’IVA non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione “orizzontale” o di cessione ai sensi dell’art. 5, comma 4-ter, del D.L. n. 70/1988.

Qualora, per tre periodi d’imposta consecutivi, la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA non inferiore all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi.

Il comma 4-bis dello stesso art. 30 della Legge n. 724/1994 prevede, inoltre, che, in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi dell’art. 30, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. b), della Legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente).

Pertanto, con specifico riferimento all’IVA, dalla presunzione di inoperatività consegue che il soggetto passivo è privato del diritto di chiedere il rimborso dell’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione ovvero di utilizzare tale eccedenza in compensazione orizzontale o di cederla a terzi, residuando unicamente il diritto di riportarla a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi.

Il diritto a riportare tale eccedenza a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi è, tuttavia, negato qualora, per tre periodi d’imposta consecutivi, la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA non inferiore all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali previste per il test di operatività. In quest’ultimo caso, dunque, il soggetto passivo è definitivamente privato del diritto di esercitare la detrazione dell’IVA di rivalsa assolta sugli acquisti effettuati.

Posizione dell’Agenzia delle Entrate

Nel caso in esame, relativamente al triennio in considerazione, l’istante è risultato non operativo per i periodi d’imposta 2009 e 2010, ma non anche per il 2011, ricorrendo una delle cause di esclusione/disapplicazione della normativa dell’art. 30 della Legge n. 724/1994.

Nella specie, la società è risultata congrua e coerente ai fini degli studi di settore, ricorrendo pertanto la specifica esimente prevista dall’art. 30, comma 1, n. 6-sexies), della Legge n. 724/1994, con l’effetto che, indipendentemente dal reddito conseguito, l’istante non può considerarsi non operativo, senza peraltro l’esigenza di fornire alcuna prova contraria (circolare n. 5/E/2007, § 4.1).

L’esimente in questione comporta, altresì, il venir meno di uno dei presupposti per la perdita definitiva del credito IVA maturato.

Di conseguenza, alla luce delle indicazioni contenute nella risoluzione n. 452/E/2008, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’istante può rigenerare il credito IVA oggetto di recupero da parte dell’Ufficio, previo riversamento delle rate mensili accordate per la restituzione del credito IVA ottenuto in rimborso.

Inoltre, come si desume dalle istruzioni relative alla compilazione del rigo VL40 del Modello IVA 2023, limitatamente alle somme rateali effettivamente pagate ogni anno, l’istante può indicare nel rigo VL40 la quota di credito IVA così ripristinata, che confluirà in tal modo nel quadro VX, ove sarà possibile chiederne il rimborso, sussistendo le condizioni previste dall’art. 30 del D.P.R. n. 633/1972, oppure computarlo in detrazione e/o in compensazione.

L’utilizzo del credito resta, in ogni caso, subordinato alla preventiva esposizione nella dichiarazione annuale e ciò, ancor di più, nel caso in esame, ove il riversamento del credito è eseguito non mediante il Modello F24, ma utilizzando bollettini/moduli di pagamento o mediante addebito diretto su conto corrente.

In tale evenienza, sarà pertanto essenziale che la società conservi la documentazione relativa ai versamenti eseguiti al fine di poterla esibire all’Ufficio nel caso in cui emergano anomalie in sede di controllo.

Riferimenti normativi: