Commento
RIFORMA FISCALE

Le ripercussioni delle nuove regole C.F.C. in tema di dividendi

di Ennio Vial, Adriana Barea | 10 Gennaio 2024
Le ripercussioni delle nuove regole C.F.C. in tema di dividendi

Tra gli effetti del Decreto “Internazionalizzazione” (D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 209) le società estere, che scontano un livello impositivo non inferiore al 15%, possono essere considerate non paradisiache, non dovendo più operare alcun confronto con il livello impositivo corrispondente italiano. Ovviamente, in ipotesi di assenza di controllo, la novellata norma non produce alcuna conseguenza, dovendosi aver riguardo alla tassazione nominale.

Introduzione

In un precedente intervento abbiamo esaminato le novità in tema di tassazione C.F.C. introdotte dall’art. 3 del D.Lgs. n. 209/2023 entrato in vigore il 29 dicembre 2023.

In estrema sintesi, il citato art. 3 modifica la lett. a) del comma 4 dell’art. 167 del TUIR, introducendo delle semplificazioni per i soggetti tenuti ad applicare la disciplina in argomento.

Non si può, tuttavia, non osservare come la modificata lett. a) del comma 4 dell’art. 167 del TUIR, sia richiamata anche in altre disposizioni di carattere tributario.

La stessa Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 18/2021, ha avuto modo di precisare che la modalità di calcolo della tassazione effettiva ai fini della C.F.C. va utilizzata anche in relazione alla valutazione della natura paradisiaca ai fini della tassazione dei dividendi connessi alla detenzione di partecipazioni di controllo (art. 47-bis TUIR).

I regimi fiscali privilegiati ai sensi dell’art. 47-bis del TUIR

L’art. 47-bis del TUIR qualifica come paradisiaci i dividendi provenienti da società che soddisfano determinati requisiti. In particolare:

  • si deve trattare di società, non localizzate nella UE o nello SEE, che scambiano informazioni;
  • in caso di assenza di un rapporto di controllo, le stesse devono essere soggette ad un regime impositivo inferiore al 50% di quello italiano nominale;
  • nel caso in cui sussista un rapporto di controllo, le stesse sono considerate paradisiache qualora risulti soddisfatta la condizione di cui al comma 4, lett. a), del citato art. 167. In buona sostanza, quantomeno fino al periodo di imposta in corso al 29 dicembre 2023, le società estere devono essere soggette ad un livello impositivo inferiore al 50% di quello teorico effettivo italiano.

Tuttavia, come abbiamo avuto modo di anticipare, ad opera dell’art. 3 del D.Lgs. n. 209/2023, il comma 4, lett. a) dell’art. 167 è stato modificato.

La novella disposizione prevede che la società estera che sconta un livello impositivo non inferiore al 15% può essere considerata non paradisiaca, non dovendo più operare alcun confronto con il livello impositivo corrispondente italiano.

Ovviamente, in ipotesi di assenza di controllo, la novellata norma non produce alcuna conseguenza, dovendosi aver riguardo alla tassazione nominale.

I criteri per qualificare il dividendo estero “black” o “white

L’art. 47-bis del TUIR contiene una definizione di Paese paradisiaco, escludendo dal novero i Paesi UE e SEE che scambiano informazioni e distinguendo il caso del controllo da quello dell’assenza di controllo.

La norma, tuttavia, non affronta una questione di grande importanza.

Infatti, l’art. 47-bis non chiarisce se, ai fini di etichettare come black o white un dividendo, si debba aver riguardo al momento della maturazione o al momento della percezione del dividendo, o se del caso, ad entrambi i momenti.

Il test dell’art. 1, comma 1007 della Legge n. 205/2017

Al fine di dirimere la questione, vengono in soccorso sia il comma 1007 dell’art. 1 della Legge n. 205/2017 (cosiddetta Legge di Bilancio 2018) sia il principio di diritto n. 17/2019.

L’art. 1, comma 1007 della Legge n. 205/2017, infatti, prevede che se l’utile cui è riferibile il dividendo, è maturato in un esercizio in cui la società estera era considerata non paradisiaca, con i criteri vigenti pro tempore, quell’utile non sarà mai considerato paradisiaco. Ciò anche qualora il dividendo dovesse essere percepito in un esercizio in cui la società estera risultasse paradisiaca.

Diversamente, non vale la regola contraria. Ovvero, se l’utile è maturato in un esercizio in cui la società è paradisiaca, non può dirsi che l’utile sarà sempre paradisiaco. Ciò in quanto la norma (art. 47-bis del TUIR) non affronta espressamente questa casistica.

A detta lacuna normativa pone rimedio la Risposta n. 52 di Telefisco 2019 confluita nel principio di diritto n. 17/2019.

Gli ulteriori test della circolare n. 35/E/2016

Il principio di diritto n. 17/2019 ha chiarito che, in ipotesi di dividendo maturato in un esercizio in cui la società è paradisiaca, per poter trattare come white l’utile in discorso, devono essere effettuati i due test contemplati dalla circolare n. 35/E/2016.

Il primo test disciplinato dalla circolare n. 35/E impone di valutare la natura della società al momento della percezione del dividendo.

Se la società estera risulta paradisiaca nel momento di percezione del dividendo, questo sarà qualificato come dividendo paradisiaco. Il discorso si ferma qui.

Se, al contrario, il test restituisce una risposta negativa e, pertanto, al momento della percezione del dividendo la società estera risulta essere non paradisiaca, si deve compiere un ulteriore passaggio e valutare la natura paradisiaca o meno al momento della maturazione dell’utile, come nel caso del già esaminato test del comma 1007.

Tuttavia, mentre in base al test del comma 1007 la valutazione viene fatta in base alle regole vigenti pro tempore, il secondo test della circolare n. 35/E/2016 richiede che la valutazione sia effettuata con le regole vigenti al momento della percezione del dividendo.

Le previsioni fin qui descritte devono intendersi ancora operanti.

L’impatto delle nuove regole introdotte dal Decreto “Internazionalizzazione”

Si rende, pertanto, necessario valutare l’impatto del nuovo criterio della tassazione effettiva del 15% previsto dal decreto internazionalizzazione.

Per meglio illustrare la portata della novella si ipotizzi che nelle annualità che decorrono dal 2024 venga distribuito un utile precedentemente maturato.

Come abbiamo avuto modo di illustrare poc’anzi, il primo passo da compiere è quello di indagare la natura del dividendo nell’anno di maturazione, operando il test del comma 1007.

Ai fini di questa analisi il nuovo criterio introdotto dal Decreto “Internazionalizzazione” non assume rilievo in quanto si deve giudicare un’annualità pregressa con le regole vigenti all’epoca.

Possiamo, quindi, affermare che la novella non altera l’analisi da perpetuare sull’esercizio di maturazione.

A seguito del test gli esiti possibili possono essere i seguenti:

  1. il test è superato, per cui l’utile è white e sarà sempre white anche se percepito in un esercizio in cui la società è black;
  2. il test non è superato, rendendosi, pertanto, necessario applicare i due test della circolare n. 35/E/2016.

Torniamo per un attimo all’ipotesi a): l’ultimo periodo del comma 1007 stabilisce che la stratificazione degli utili pregressi si trasferisce al nuovo socio in caso di cessione di partecipazione.

Ciò porta a ritenere pacificamente che, essendo stato superato a suo tempo il test del comma 1007, risulta irrilevante un’eventuale successiva cessione di partecipazione, ad esempio da una persona fisica ad una società di capitali.

Ma vi è di più. Qualora dovessimo applicare il comma 1007 all’utile maturato nel 2024 ed il socio fosse una società di capitali soggetta a revisione e l’utile fosse white in base al nuovo criterio della tassazione effettiva del 15%, l’ultimo periodo del citato comma 1007  garantirebbe la natura white dell’utile anche qualora la partecipazione della società estera fosse ceduta a una persona fisica.

Più complessa è l’analisi da compiersi in relazione all’ipotesi b), ovvero al caso in cui il test del comma 1007 non risulti superato.

Si ipotizzi, per fare un esempio, che si sia in presenza di un utile maturato in un periodo dal 2019 al 2023 e che il mancato superamento del test discenda, ovviamente, dal fatto che la tassazione effettiva estera, nell’anno di maturazione, risulti inferiore alla tassazione virtuale italiana.

Se il Decreto n. 209/2023 non avesse introdotto il nuovo criterio, quel dividendo risulterebbe sempre e comunque paradisiaco in quanto il secondo test della circolare n. 35/E/2016 non risulterebbe mai soddisfatto. Infatti, a partire dal 2019 le regole del momento di maturazione sono le stesse al momento della percezione.

Il nuovo criterio della tassazione effettiva del 15%, invece, ci consente di rifare il secondo test previsto dalla circolare n. 35/E/2016; l’annualità pregressa non verrà valutata solo con il criterio tradizionale ma anche con quello introdotto dal Decreto “Internazionalizzazione” .

Non mancano tuttavia dubbi applicativi connessi al requisito della sussistenza del revisore all’estero e in Italia.

Riferimenti normativi:

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Questo documento fa parte del FocusRIFORMA FISCALE 2023