Commento
LOCAZIONI BREVI

Ritenuta per le locazioni brevi e il caso Airbnb

di Devis Nucibella | 27 Dicembre 2023
Ritenuta per le locazioni brevi e il caso Airbnb

Fin dal 2017 gli intermediari che intervengono nella stipula/gestione dei contratti di locazione breve sono tenuti ad applicare la ritenuta sull’ammontare dei canoni e corrispettivi incassati, all’atto del pagamento al beneficiario. Alcuni grossi intermediari quali Airbnb non hanno mai adempiuto a tale obbligo. A seguito di accertamento fiscale, Airbnb ha però raggiunto un accordo con il Fisco con il quale verserà allo stato le ritenute non applicate per i periodi d’imposta dal 2017 al 2021 delle locazioni non dichiarate dagli Host. Per tali ritenute Airbnb non si rivarrà sugli host. Per i periodi d’imposta 2022 e 2023 saranno direttamente gli host a dover dichiarare la locazione omessa (per il 2022 ormai tramite ravvedimento). Dal 2024 Airbnb applicherà la ritenuta.

Cedolare secca per locazioni brevi

Come noto l’art. 4, D.L. n. 50/2017 ha introdotto dal 2017 uno specifico regime fiscale applicabile ai redditi derivanti dalle locazioni brevi di immobili abitativi da parte di “privati” (persone fisiche).

In sostanza è stata prevista l’applicazione opzionale della cedolare secca (aliquota 21 per cento), sui redditi derivanti da contratti di locazione di immobili abitativi di breve durata, stipulati da persone fisiche private.

In particolare, i commi 2 e 3, art. 4, D.L. n. 50/2017, stabiliscono che ai redditi derivanti da:

  • contratti di locazione;
  • contratti di sublocazione;
  • contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario aventi ad oggetto il godimento dell’immobile a favore di terzi,

è possibile applicare, previa opzione, le disposizioni relative alla cedolare secca (art. 3, D.Lgs. n. 23/2011) con l’aliquota del 21 per cento.

Adempimenti a carico degli intermediari

commi 4 e 5, art. 4, D.L. n. 50/2017, hanno previsto nuovi adempimenti in capo agli intermediari che intervengono nella stipula/gestione dei contratti di locazione breve.

In particolare, i soggetti esercenti l’attività di intermediazione immobiliare, residenti nel territorio dello Stato, nonché quelli che gestiscono portali telematici (ad esempio Airbnb e Booking), sono tenuti:

  • alla trasmissione, entro il 30 giugno dell’anno successivo, all’Amministrazione finanziaria dei dati relativi ai contratti di locazione/sublocazione di breve durata, stipulati per loro tramite. Ai sensi del comma 4:
    • l’omessa, incompleta o infedele comunicazione dei dati relativi ai contratti sopra elencati di cui ai commi 1 e 3, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da 250 euro a 2.000 euro, di cui all’art. 11, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997;
    • tale sanzione è ridotta alla metà se la trasmissione dei dati viene effettuata entro 15 giorni dopo la scadenza o se, sempre entro il medesimo termine, viene effettuata la trasmissione corretta dei dati;
  • all’applicazione, in qualità di sostituti d’imposta, qualora incassino o intervengano nel pagamento dei canoni o corrispettivi, di una ritenuta del 21 per cento sull’ammontare dei canoni e corrispettivi incassati, all’atto del pagamento al beneficiario. Tale ritenuta:
    • in caso di opzione, da parte del locatore, per la cedolare secca, è effettuata a titolo di imposta sostitutiva (configura la cedolare vera e propria);
    • qualora il locatore non eserciti l’opzione per la cedolare secca, si considera effettuata a titolo di acconto dell’IRPEF.

Quanto trattenuto dall’intermediario immobiliare deve essere:

  • versato con il Mod. F24 entro il giorno 16 del mese successivo dell’accredito al beneficiario;
  • oggetto di certificazione. L’intermediario deve, infatti, procedere alla compilazione della relativa Certificazione Unica ai sensi dell’art. 4, D.P.R. n. 322/1998.

Il caso Airbnb

Airbnb ha sempre sostenuto di non dover applicare la ritenuta in quanto applicando il quadro europeo di riferimento sulla rendicontazione (noto come DAC7) l’azienda non è dotata di un rappresentante fiscale in Italia che possa svolgere da sostituto d’imposta.

Con la sentenza C-83/2021 la Corte di Giustizia europea ha, però, sancito che l’obbligo di ritenuta dell’imposta alla fonte s’impone tanto ai prestatori di servizi di intermediazione immobiliare stabiliti in uno Stato membro diverso dall’Italia, quanto alle imprese che hanno ivi uno stabilimento.

A seguito della sentenza, l’Amministrazione finanziaria italiana ha effettuato un accertamento fiscale ad Airbnb, controllando i proprietari che:

  • tra il 2017 e il 2021,
  • hanno affittato il loro appartamento utilizzando Airbnb e
  • hanno mancato di versare la cedolare secca del 21 per cento sulla provvigione incassata.

Tutti sono finiti nel mirino del Fisco effettuando anche un sequestro preventivo di 799,4 milioni di euro ai danni di Airbnb Ireland, accusata di evasione fiscale per non aver svolto il ruolo di sostituto d’imposta previsto dalla Legge.

Transazione

Il controllo effettuato si è concluso con un accordo per 576 milioni di euro pagati da Airbnb che non cercherà di rivalersi sugli host per recuperare le ritenute riferite a questi quattro anni d’imposta.

L’Agenzia delle Entrate ha reso noto il dettaglio delle somme che il portale ha accettato di pagare. Dei 576 milioni, circa:

  • 174 milioni sono riferiti alle sanzioni amministrative,
  • 49 milioni agli interessi,
  • 353 milioni a ritenute vere e proprie,

derivanti da circa un imponibile di 1,6 miliardi non dichiarati. Al contrario 2,1 miliardi sono stati dichiarati dagli host nella propria dichiarazione dei redditi anche se Airbnb non ha effettuato la ritenuta.

Si evidenzia che diversi altri portali di gestione degli affitti brevi hanno seguito la stessa linea, non trattenendo fin dal 2017 alcuna somma a titolo di acconto sulle imposte prima di accreditare il canone ai locatori.

Ravvedimento da parte degli host per il 2022

L’accordo stipulato da Airbnb non comprende gli anni fiscali 2022 e 2023.

I termini per pagare le imposte sul reddito per il 2022 e per presentare la relativa dichiarazione sono scaduti.

Airbnb, invita, dunque, gli host che non l’abbiano ancora fatto a rivolgersi al proprio consulente fiscale al fine di valutare l’opportunità di utilizzare il ravvedimento operoso entro il 28 febbraio 2024 per beneficiare di sanzioni ridotte a fronte di un versamento e dichiarazione delle tasse tardivi.

In particolare la correzione della violazione e le sanzioni applicabili saranno diverse a seconda che il contribuente abbia già presentato la dichiarazione per indicare altri redditi o meno.

  • nel primo caso la violazione commessa è di infedele dichiarazione e di omesso versamento;
  • nel secondo caso, c’è tempo fino al 28 febbraio 2024 (cioè 90 giorni dal 30 novembre 2023, termine di scadenza del modello Redditi) per presentare una dichiarazione che sarà tardiva (oltre 90 giorni la dichiarazione si considera omessa e non più sanabile).

Si ricorda che la sanzione prevista in caso di omesso versamento è pari al 30 per cento che può essere ridotta applicando il ravvedimento operoso.

Per i corrispettivi incassati nel 2023, considerato che i termini per il pagamento delle imposte e per la dichiarazione scadono nel 2024, si è ancora in tempo per evitare qualsiasi violazione.

Ritenuta di Airbnb dal 2024

Airbnb ha inoltre comunicato che nell’ottobre 2023, il Governo italiano ha presentato la Legge di Bilancio per il 2024 ad oggi in fase di approvazione che, nella sua versione attuale, chiarisce come le piattaforme dovrebbero effettuare in futuro la ritenuta delle imposte sul reddito degli host non-professionali in Italia.

Airbnb rende, quindi, noto che dal 2024 inizierà a trattenere e versare la ritenuta (“cedolare secca”) sui redditi degli host rilevanti in Italia in relazione a soggiorni a breve termine fino a 30 giorni.

Riferimenti normativi:

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