Il quesito
La Società istante rappresenta che a decorrere dal 1° gennaio 2022 e sino al 31 dicembre 2023, salvo proroghe, al fine di assicurare il miglior coordinamento tra le attività operative della stessa società istante e delle altre società del Gruppo, ha distaccato all’estero un proprio dipendente presso una consociata.
Il dipendente si considera fiscalmente residente in Italia per il periodo di imposta 2022, stante la circostanza per cui ha mantenuto, nel territorio dello Stato, la propria famiglia (moglie e due figli).
Il dipendente, con il ruolo di amministratore delegato, è chiamato a svolgere l’attività lavorativa in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto presso la Consociata, per tutta la durata del distacco.
Sebbene la sede di lavoro principale sia individuata presso la distaccataria, l’amministratore delegato effettua, sempre nell’interesse esclusivo della stessa, occasionali trasferte in vari Paesi esteri diversi dalla Germania, tra cui anche l’Italia.
La società nell’evidenziare che l’amministratore delegato si considera fiscalmente residente in Italia per il periodo di imposta 2022, stante la circostanza per cui ha mantenuto, nel territorio dello Stato, la propria famiglia, ha però dei dubbi interpretativi circa l’applicazione dall’art. 51, comma 8-bis, del D.P.R. n. 917/1986, c.d. reddito convenzionale.
In particolare, la società chiede se in virtù delle trasferte effettuate in Italia vengano meno i requisiti dell’esclusività e continuità del rapporto di lavoro prestato all’estero, previsti dalla citata disposizione.
Criteri di determinazione del reddito convenzionale
L’art. 2, comma 2, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (c.d. TUIR) considera residenti in Italia:
“le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.
Le 3 condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato, per la maggior parte del periodo d’imposta, uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i 3 presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento tale persona può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.
L’art. 51, comma 8-bis, del TUIR, in deroga sulla tassazione del reddito di lavoro dipendente prevede che:
“il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398”.
Ai sensi del richiamato art. 4, del D.L. n. 317/1987, tali retribuzioni sono fissate entro il 31 gennaio di ogni anno e sono determinate con riferimento e comunque in misura non inferiore al trattamento economico minimo previsto dai contratti collettivi nazionali di categoria raggruppati per settori omogenei.
Il citato criterio di determinazione del reddito, che si rivolge a quei lavoratori che, pur svolgendo l’attività lavorativa all’estero, continuano ad essere qualificati come residenti fiscali in Italia ai sensi dell’art. 2, comma 2, del TUIR, comporta che il reddito derivante dal lavoro dipendente prestato all’estero è assoggettato a tassazione assumendo come base imponibile la retribuzione convenzionale fissata dal predetto Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, senza tener conto della retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore.
Sulla base di quanto richiesto dalla citata norma, pertanto, la disciplina fiscale di cui all’art. 51, comma 8-bis, del TUIR trova applicazione a condizione che:
- il lavoratore, operante all’estero, sia inquadrato in una delle categorie per le quali il Decreto del citato Ministero fissa la retribuzione convenzionale;
- l’attività lavorativa sia svolta all’estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;
- l’attività lavorativa svolta all’estero costituisca l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e, pertanto, l’esecuzione della prestazione lavorativa sia integralmente svolta all’estero;
- il lavoratore nell’arco di 12 mesi soggiorni nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni.
La risposta delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate evidenzia preliminarmente che, con riferimento alla tassazione del reddito con il criterio convenzionale, è necessario che il soggetto, che presta la propria attività lavorativa all’estero, sia inquadrato in una delle categorie per le quali il Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale (ora Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali), di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, fissa le retribuzioni convenzionali.
Ciò comporta che la mancata previsione nel Decreto ministeriale del settore economico nel quale viene svolta l’attività da parte del dipendente costituisce motivo ostativo all’applicazione del particolare regime.
Osservano i tecnici delle Entrate che un altro requisito previsto dalla normativa di riferimento, per l’applicabilità del criterio di determinazione convenzionale del reddito di lavoro dipendente, è che l’attività lavorativa sia svolta all’estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro.
Con un documento di prassi (Ministero delle Finanze, circolare 16 novembre 2000, n. 207/E) è stato chiarito che affinché operi la disciplina della tassazione con il criterio del reddito convenzionale, è necessario che venga stipulato uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e che il dipendente venga collocato in un speciale ruolo estero (collocazione non necessaria quando il rapporto di lavoro è instaurato direttamente con una società estera).
Il requisito della continuità deve avere carattere di permanenza o di sufficiente stabilità (cfr. Risoluzione 11 settembre 2007, n. 245/E).
Nel caso in esame, secondo quanto rappresentato nell’ambito del contratto disciplinante specificamente lo svolgimento della prestazione di lavoro in distacco presso la consociata in Germania, il lavoratore per esigenze aziendali e nell’esclusivo interesse della consociata effettua anche occasionali trasferte di lavoro in Paesi diversi dalla Germania, tra cui l’Italia.
Per i tecnici delle Entrate tale circostanza non sembra far venir meno il carattere di esclusività e di continuità del rapporto di lavoro presso una consociata estera.
Conseguentemente, fermo restando la prestazione dell’attività lavorativa all’estero per un periodo superiore a 183 giorni l’anno e nel presupposto che, come dichiarato dalla società istante che siano rispettate tutte le altre condizioni previste dalla disposizione in commento, l’Agenzia delle Entrate ritiene che, nel caso di specie, il reddito possa essere determinato ai sensi dell’art. 51, comma 8-bis, del D.P.R. n. 917/1986.
Riferimenti normativi:
- D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 2, comma 2, e 51, comma 8-bis;
- D.L. 31 luglio 1987, n. 317, convertito dalla Legge 3 ottobre 1987, n. 398, art. 4;
- Ministero delle Finanze, circolare 16 novembre 2000, n. 207;
- Agenzia delle Entrate, Risp. a istanza di interpello 12 settembre 2023, n. 428;
- Agenzia delle Entrate, Ris. 11 settembre 2007, n. 245/E.
Tassazione del reddito con modalità convenzionali: il rientro occasionale in Italia non ne preclude la possibilità
di Studio tributario Gavioli & Associati | 25 Settembre 2023
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Risposta a interpello n. 428 , del 12 settembre 2023, in tema di trattamento fiscale applicabile alla retribuzione erogata al lavoratore distaccato all’estero, in cui viene affermato che affinché sia applicabile il criterio di determinazione convenzionale del reddito di lavoro dipendente occorre che l’attività lavorativa sia svolta all’estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro: è necessario che venga stipulato uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e che il dipendente venga collocato in un speciale ruolo estero (collocazione non necessaria quando il rapporto di lavoro è instaurato direttamente con una società estera). Vediamo con il presente commento di analizzarne i contenuti.
Il quesito
La Società istante rappresenta che a decorrere dal 1° gennaio 2022 e sino al 31 dicembre 2023, salvo proroghe, al fine di assicurare il miglior coordinamento tra le attività operative della stessa società istante e delle altre società del Gruppo, ha distaccato all’estero un proprio dipendente presso una consociata.
Il dipendente si considera fiscalmente residente in Italia per il periodo di imposta 2022, stante la circostanza per cui ha mantenuto, nel territorio dello Stato, la propria famiglia (moglie e due figli).
Il dipendente, con il ruolo di amministratore delegato, è chiamato a svolgere l’attività lavorativa in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto presso la Consociata, per tutta la durata del distacco.
Sebbene la sede di lavoro principale sia individuata presso la distaccataria, l’amministratore delegato effettua, sempre nell’interesse esclusivo della stessa, occasionali trasferte in vari Paesi esteri diversi dalla Germania, tra cui anche l’Italia.
La società nell’evidenziare che l’amministratore delegato si considera fiscalmente residente in Italia per il periodo di imposta 2022, stante la circostanza per cui ha mantenuto, nel territorio dello Stato, la propria famiglia, ha però dei dubbi interpretativi circa l’applicazione dall’art. 51, comma 8-bis, del D.P.R. n. 917/1986, c.d. reddito convenzionale.
In particolare, la società chiede se in virtù delle trasferte effettuate in Italia vengano meno i requisiti dell’esclusività e continuità del rapporto di lavoro prestato all’estero, previsti dalla citata disposizione.
Criteri di determinazione del reddito convenzionale
L’art. 2, comma 2, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (c.d. TUIR) considera residenti in Italia:
“le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.
Le 3 condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato, per la maggior parte del periodo d’imposta, uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i 3 presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento tale persona può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.
L’art. 51, comma 8-bis, del TUIR, in deroga sulla tassazione del reddito di lavoro dipendente prevede che:
“il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398”.
Ai sensi del richiamato art. 4, del D.L. n. 317/1987, tali retribuzioni sono fissate entro il 31 gennaio di ogni anno e sono determinate con riferimento e comunque in misura non inferiore al trattamento economico minimo previsto dai contratti collettivi nazionali di categoria raggruppati per settori omogenei.
Il citato criterio di determinazione del reddito, che si rivolge a quei lavoratori che, pur svolgendo l’attività lavorativa all’estero, continuano ad essere qualificati come residenti fiscali in Italia ai sensi dell’art. 2, comma 2, del TUIR, comporta che il reddito derivante dal lavoro dipendente prestato all’estero è assoggettato a tassazione assumendo come base imponibile la retribuzione convenzionale fissata dal predetto Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, senza tener conto della retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore.
Sulla base di quanto richiesto dalla citata norma, pertanto, la disciplina fiscale di cui all’art. 51, comma 8-bis, del TUIR trova applicazione a condizione che:
La risposta delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate evidenzia preliminarmente che, con riferimento alla tassazione del reddito con il criterio convenzionale, è necessario che il soggetto, che presta la propria attività lavorativa all’estero, sia inquadrato in una delle categorie per le quali il Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale (ora Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali), di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, fissa le retribuzioni convenzionali.
Ciò comporta che la mancata previsione nel Decreto ministeriale del settore economico nel quale viene svolta l’attività da parte del dipendente costituisce motivo ostativo all’applicazione del particolare regime.
Osservano i tecnici delle Entrate che un altro requisito previsto dalla normativa di riferimento, per l’applicabilità del criterio di determinazione convenzionale del reddito di lavoro dipendente, è che l’attività lavorativa sia svolta all’estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro.
Con un documento di prassi (Ministero delle Finanze, circolare 16 novembre 2000, n. 207/E) è stato chiarito che affinché operi la disciplina della tassazione con il criterio del reddito convenzionale, è necessario che venga stipulato uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro e che il dipendente venga collocato in un speciale ruolo estero (collocazione non necessaria quando il rapporto di lavoro è instaurato direttamente con una società estera).
Il requisito della continuità deve avere carattere di permanenza o di sufficiente stabilità (cfr. Risoluzione 11 settembre 2007, n. 245/E).
Nel caso in esame, secondo quanto rappresentato nell’ambito del contratto disciplinante specificamente lo svolgimento della prestazione di lavoro in distacco presso la consociata in Germania, il lavoratore per esigenze aziendali e nell’esclusivo interesse della consociata effettua anche occasionali trasferte di lavoro in Paesi diversi dalla Germania, tra cui l’Italia.
Per i tecnici delle Entrate tale circostanza non sembra far venir meno il carattere di esclusività e di continuità del rapporto di lavoro presso una consociata estera.
Conseguentemente, fermo restando la prestazione dell’attività lavorativa all’estero per un periodo superiore a 183 giorni l’anno e nel presupposto che, come dichiarato dalla società istante che siano rispettate tutte le altre condizioni previste dalla disposizione in commento, l’Agenzia delle Entrate ritiene che, nel caso di specie, il reddito possa essere determinato ai sensi dell’art. 51, comma 8-bis, del D.P.R. n. 917/1986.
Riferimenti normativi:
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Quali sono i periodi di validità del distacco del dipendente all'estero secondo il testo?
Il distacco del dipendente è valido dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2023, salvo proroghe.
Qual è il ruolo del dipendente distaccato all'estero secondo il testo?
Il dipendente ha il ruolo di amministratore delegato e svolge l’attività lavorativa in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto presso la consociata estera.
Quali sono i requisiti previsti dall'art. 51, comma 8-bis, del D.P.R. n. 917/1986 per l'applicazione del reddito convenzionale?
I requisiti sono: che il lavoratore sia inquadrato in una delle categorie per le quali il Decreto del Ministero del Lavoro fissa la retribuzione convenzionale, che l’attività lavorativa sia svolta all’estero con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità, che l’attività lavorativa costituisca l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, e che il lavoratore soggiorni nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco di 12 mesi.
Cosa afferma l’Agenzia delle Entrate riguardo all'applicabilità del criterio di determinazione convenzionale del reddito di lavoro dipendente nel caso specifico?
L’Agenzia delle Entrate ritiene che nel caso in esame il reddito possa essere determinato ai sensi dell'art. 51, comma 8-bis, del D.P.R. n. 917/1986, poiché il carattere di esclusività e continuità del rapporto di lavoro presso una consociata estera non sembra venire meno nonostante le occasionali trasferte in vari Paesi diversi dalla Germania, tra cui l’Italia.
Quali sono i riferimenti normativi riguardanti la questione in esame?
I riferimenti normativi sono: D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 2, comma 2, e 51, comma 8-bis; D.L. 31 luglio 1987, n. 317, convertito dalla Legge 3 ottobre 1987, n. 398, art. 4; Ministero delle Finanze, circolare 16 novembre 2000, n. 207; Agenzia delle Entrate, risposte a istanze di interpello e circolari specifiche.