Locazioni turistiche: qualificazione ai fini delle imposte indirette
Le locazioni turistiche sono molto diffuse in città d’arte ed in molti luoghi turistici del Paese.
La loro qualificazione ai fini delle imposte indirette risulta essere sempre foriera di difficoltà per i professionisti coinvolti.
Ciò è dovuto anche al fatto che ciascuna regione provvede a regolamentare autonomamente l’attività in questione, individuando i requisiti e le condizioni necessarie per il suo svolgimento come la durata delle locazioni o la presenza di servizi accessori. Talvolta viene definito anche il numero massimo di immobili entro cui l’attività viene esercitata “in forma non imprenditoriale”.
Pertanto, ai fini di una corretta qualificazione nel novero delle imposte indirette occorre, in primis, valutare l’esistenza del presupposto soggettivo dell’operazione.
In base alla Direttiva n. 2006/112/CE, è soggetto passivo IVA “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”.
Tra le attività economiche è, tra l’altro, ricompreso “lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”.
Valutazione della soggettività passiva ai fini IVA
Alla luce di questa premessa, come peraltro riportato nell’Audizione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 26 luglio 2016 le operazioni di gestione di immobili ad uso turistico “possono configurare un’attività economica nella misura in cui sono svolte con carattere di stabilità e organizzate in forma d’impresa”.
Pertanto, la soggettività passiva ai fini IVA deve essere valutata caso per caso in ragione di come viene effettivamente organizzata l’attività.
Sicuramente la semplice detenzione e sfruttamento di un immobile ad uso turistico non può configurare l’esercizio di un’attività professionale, rilevante ai fini IVA.
Diversamente, sulla scorta degli elementi precedentemente individuati, se venisse riscontrata la rilevanza IVA dell’operazione, in quanto il soggetto passivo agisce nell’ambito di un’attività non occasionale ed opportunamente organizzata, è necessario determinare il regime IVA applicabile.
La prestazione è imponibile ai fini IVA con aliquota del 10% se la locazione dell’immobile turistico è qualificabile come prestazione relativa ad una “struttura ricettiva” ai sensi del n. 120 della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972, tra le quali vi rientrano espressamente “le case e gli appartamenti per vacanze”.
Più in generale, l’aliquota del 10% si applica per gli immobili abitativi che “sono destinabili, secondo la normativa regionale di settore, ad attività turistico-alberghiera”.
Viceversa, per le prestazioni di locazione di immobili abitativi che sono prive di carattere “alberghiero” o analogo, si applica il regime IVA di esenzione ex art. 10, comma 1, numero 8, del D.P.R. n. 633/1972.
Questa distinzione, ovviamente, non è priva di conseguenze.
Infatti l’applicazione dell’esenzione IVA comporterebbe un limite alla possibilità, da parte del soggetto che esercita questa attività, di detrarre l’imposta pagata sugli acquisti.
Inoltre, sempre in questo caso sono previsti gli esoneri da fatturazione ai sensi dell’art. 22, comma 1, n. 6, del D.P.R. n. 633/1972 e, più in generale, dalla certificazione dei corrispettivi ex art. 2, comma 1, lett. n), del D.P.R. n. 696/1996.
Individuazione del carattere “alberghiero” della prestazione
Uno degli aspetti che sicuramente comportano maggiori incertezze risulta essere l’individuazione del carattere “alberghiero” della prestazione.
Rifacendosi a vari documenti di prassi, ad avviso di chi scrive, un elemento discriminante potrebbe risiedere nella fornitura di servizi accessori, quali la consegna e il cambio della biancheria e il riassetto del locale.
In generale questa attività “para-alberghiera” per godere dall’applicazione dell’IVA agevolata del 10% deve presentare delle caratteristiche imprenditoriali simili a quelle di una struttura alberghiera vera e propria.
L’Amministrazione finanziaria, nella Risoluzione n. 88/E/2002 ha ricompreso tutte quelle prestazioni “che rendono possibile al cliente il soggiorno con soddisfacimento dei propri bisogni e delle proprie necessità”.
Inoltre, alla luce di quanto affermato, potrebbe rientrare nel novero delle locazioni il caso in cui il soggetto che mette a disposizione il bene effettui solamente la consegna dello stesso senza fornire alcun servizio.
Nella maggioranza delle situazioni che si è soliti incontrare, però, vengono resi servizi aggiuntivi, come per esempio la fornitura di biancheria e pulizia dei locali, che renderebbero maggiormente sostenibile l’applicazione dell’aliquota IVA del 10%.
Occorre, però, rilevare un elemento che spesso genera confusione e sul quale potrebbe essere utile un intervento chiarificatore da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Infatti, il n. 120 della Tabella A, Parte III, fa riferimento, per l’applicazione dell’IVA al 10%, alle sole strutture ricettive di cui all’art. 6, della Legge n. 217/1983.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito nella Risoluzione n. 8/E/2014 che la qualificazione di attività imprenditoriale sarebbe applicabile nell’ambito di un’attività riconducibile al settore turistico-alberghiero secondo la normativa regionale di settore.
Il problema è che la normativa regionale in materia risulta particolarmente frastagliata in quanto vi sono differenze applicative, anche notevoli, tra una Regione e l’altra.
A sostegno di questa tesi sembra esserci anche la Cassazione che, con ordinanza n. 6501 del 20 marzo 2014, ha confermato che le prestazioni alberghiere si distinguono dalle mere locazioni di immobili arredati proprio per la presenza e fornitura di servizi accessori.
Riferimenti normativi:
- D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, Tabella A, Parte III, n. 120;
- Dir. 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE;
- Agenzia delle Entrate, Ris. 14 gennaio 2014, n. 8/E;
- Agenzia delle Entrate, Ris. 15 marzo 2002, n. 88;
- Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Audizione 26 luglio 2016;
- Cass., sez. VI-5, ord. 20 marzo 2014, n. 6501.
L’applicazione dell’IVA alle locazioni ad uso turistico
di Marco Baldin | 31 Luglio 2023
In un Paese a forte vocazione turistica come l’Italia risultano molto diffuse le c.d. “locazioni ad uso turistico”. Per i soggetti coinvolti risulta spesso difficile inquadrare correttamente, ai fini IVA, l’attività svolta con conseguenti possibili rischi di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Locazioni turistiche: qualificazione ai fini delle imposte indirette
Le locazioni turistiche sono molto diffuse in città d’arte ed in molti luoghi turistici del Paese.
La loro qualificazione ai fini delle imposte indirette risulta essere sempre foriera di difficoltà per i professionisti coinvolti.
Ciò è dovuto anche al fatto che ciascuna regione provvede a regolamentare autonomamente l’attività in questione, individuando i requisiti e le condizioni necessarie per il suo svolgimento come la durata delle locazioni o la presenza di servizi accessori. Talvolta viene definito anche il numero massimo di immobili entro cui l’attività viene esercitata “in forma non imprenditoriale”.
Pertanto, ai fini di una corretta qualificazione nel novero delle imposte indirette occorre, in primis, valutare l’esistenza del presupposto soggettivo dell’operazione.
In base alla Direttiva n. 2006/112/CE, è soggetto passivo IVA “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”.
Tra le attività economiche è, tra l’altro, ricompreso “lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”.
Valutazione della soggettività passiva ai fini IVA
Alla luce di questa premessa, come peraltro riportato nell’Audizione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 26 luglio 2016 le operazioni di gestione di immobili ad uso turistico “possono configurare un’attività economica nella misura in cui sono svolte con carattere di stabilità e organizzate in forma d’impresa”.
Pertanto, la soggettività passiva ai fini IVA deve essere valutata caso per caso in ragione di come viene effettivamente organizzata l’attività.
Sicuramente la semplice detenzione e sfruttamento di un immobile ad uso turistico non può configurare l’esercizio di un’attività professionale, rilevante ai fini IVA.
Diversamente, sulla scorta degli elementi precedentemente individuati, se venisse riscontrata la rilevanza IVA dell’operazione, in quanto il soggetto passivo agisce nell’ambito di un’attività non occasionale ed opportunamente organizzata, è necessario determinare il regime IVA applicabile.
La prestazione è imponibile ai fini IVA con aliquota del 10% se la locazione dell’immobile turistico è qualificabile come prestazione relativa ad una “struttura ricettiva” ai sensi del n. 120 della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972, tra le quali vi rientrano espressamente “le case e gli appartamenti per vacanze”.
Più in generale, l’aliquota del 10% si applica per gli immobili abitativi che “sono destinabili, secondo la normativa regionale di settore, ad attività turistico-alberghiera”.
Viceversa, per le prestazioni di locazione di immobili abitativi che sono prive di carattere “alberghiero” o analogo, si applica il regime IVA di esenzione ex art. 10, comma 1, numero 8, del D.P.R. n. 633/1972.
Questa distinzione, ovviamente, non è priva di conseguenze.
Infatti l’applicazione dell’esenzione IVA comporterebbe un limite alla possibilità, da parte del soggetto che esercita questa attività, di detrarre l’imposta pagata sugli acquisti.
Inoltre, sempre in questo caso sono previsti gli esoneri da fatturazione ai sensi dell’art. 22, comma 1, n. 6, del D.P.R. n. 633/1972 e, più in generale, dalla certificazione dei corrispettivi ex art. 2, comma 1, lett. n), del D.P.R. n. 696/1996.
Individuazione del carattere “alberghiero” della prestazione
Uno degli aspetti che sicuramente comportano maggiori incertezze risulta essere l’individuazione del carattere “alberghiero” della prestazione.
Rifacendosi a vari documenti di prassi, ad avviso di chi scrive, un elemento discriminante potrebbe risiedere nella fornitura di servizi accessori, quali la consegna e il cambio della biancheria e il riassetto del locale.
In generale questa attività “para-alberghiera” per godere dall’applicazione dell’IVA agevolata del 10% deve presentare delle caratteristiche imprenditoriali simili a quelle di una struttura alberghiera vera e propria.
L’Amministrazione finanziaria, nella Risoluzione n. 88/E/2002 ha ricompreso tutte quelle prestazioni “che rendono possibile al cliente il soggiorno con soddisfacimento dei propri bisogni e delle proprie necessità”.
Inoltre, alla luce di quanto affermato, potrebbe rientrare nel novero delle locazioni il caso in cui il soggetto che mette a disposizione il bene effettui solamente la consegna dello stesso senza fornire alcun servizio.
Nella maggioranza delle situazioni che si è soliti incontrare, però, vengono resi servizi aggiuntivi, come per esempio la fornitura di biancheria e pulizia dei locali, che renderebbero maggiormente sostenibile l’applicazione dell’aliquota IVA del 10%.
Occorre, però, rilevare un elemento che spesso genera confusione e sul quale potrebbe essere utile un intervento chiarificatore da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Infatti, il n. 120 della Tabella A, Parte III, fa riferimento, per l’applicazione dell’IVA al 10%, alle sole strutture ricettive di cui all’art. 6, della Legge n. 217/1983.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito nella Risoluzione n. 8/E/2014 che la qualificazione di attività imprenditoriale sarebbe applicabile nell’ambito di un’attività riconducibile al settore turistico-alberghiero secondo la normativa regionale di settore.
Il problema è che la normativa regionale in materia risulta particolarmente frastagliata in quanto vi sono differenze applicative, anche notevoli, tra una Regione e l’altra.
A sostegno di questa tesi sembra esserci anche la Cassazione che, con ordinanza n. 6501 del 20 marzo 2014, ha confermato che le prestazioni alberghiere si distinguono dalle mere locazioni di immobili arredati proprio per la presenza e fornitura di servizi accessori.
Riferimenti normativi:
Sullo stesso argomento:Locazioni
Quali sono le principali difficoltà nella qualificazione delle locazioni turistiche ai fini delle imposte indirette?
Le principali difficoltà derivano dal fatto che ciascuna regione regolamenta autonomamente l'attività, individuando requisiti e condizioni necessarie per il suo svolgimento, come la durata delle locazioni o la presenza di servizi accessori.
Cosa definisce la Direttiva n. 2006/112/CE come soggetto passivo IVA?
La direttiva definisce soggetto passivo IVA chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un'attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.
Secondo quali elementi si valuta la soggettività passiva ai fini IVA per le operazioni di gestione di immobili ad uso turistico?
La soggettività passiva ai fini IVA deve essere valutata caso per caso in base a come viene effettivamente organizzata l'attività. Le operazioni possono configurare un'attività economica nella misura in cui sono svolte con carattere di stabilità e organizzate in forma d'impresa.
Qual è l'aliquota del regime IVA applicabile per la locazione dell'immobile turistico qualificabile come prestazione relativa ad una 'struttura ricettiva'?
La prestazione è imponibile ai fini IVA con aliquota del 10%.
In quali casi si applica l'aliquota IVA del 10% per le prestazioni di locazione di immobili abitativi?
L'aliquota del 10% si applica per gli immobili abitativi che sono destinabili, secondo la normativa regionale di settore, ad attività turistico-alberghiera.