Il contenzioso tributario
Un professionista ha impugnato l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rideterminato il suo reddito per l’anno 2008, ai sensi del D.P.R. n. 600/1973, art. 39, comma 1, nonché dell’art. 38, commi 1 e 2, provvedendo al recupero della maggiore IRPEF, IRAP ed IVA.
Dagli accertamenti effettuati dall’Agenzia delle Entrate era emerso che il professionista aveva svolto, nell’anno 2008, un significativo numero di prestazioni professionali per pratiche catastali ed edilizie, incompatibili con l’esiguo reddito dichiarato; per il fisco poteva ritenersi che dette prestazioni non fossero state in parte fatturate, o che comunque erano state sottofatturate.
I giudici tributari di primo grado hanno accolto il ricorso del professionista mentre la CTR ha accolto l’impugnativa dell’Agenzia delle Entrate osservando, in particolare, che l’avviso impugnato appariva motivato in modo completo e sufficiente; che in tema di accertamento analitico-induttivo, l’Amministrazione può provare i fatti anche ricorrendo a presunzioni semplici, spettando al contribuente la prova contraria.
Il professionista avverso la sentenza sfavorevole è ricorso in Cassazione.
Il principio di cassa per i professionisti
Il comma 1, dell’art. 54, del D.P.R. n. 917/1986, stabilisce la regola generale secondo cui la determinazione analitica del reddito di lavoro autonomo avviene mediante la contrapposizione fra compensi percepiti, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori per legge, e spese sostenute per lo svolgimento dell’attività.
Concorrono a formare il reddito le plusvalenze dei beni strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, se:
- sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso;
- sono realizzate mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni;
- i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell’esercente l’arte o la professione o a finalità estranee all’arte o professione.
Ne discende che, salvo alcune specifiche deroghe, il reddito da lavoro autonomo viene determinato con il “criterio di cassa”.
Come le imprese derogano al principio di competenza per alcune voci di costo, anche per i titolari di reddito di lavoro autonomo sono previste alcune deroghe al principio di cassa.
Si tratta in particolare, dei casi previsti dai commi 2 e 6 , dell’art. 54, del D.P.R. n. 917/1986, ossia:
- quote di ammortamento dei beni strumentali, deducibili in base alle aliquote fissate con disposizione ministeriale (art. 54, comma 2);
- canoni di locazione finanziaria, deducibili nell’esercizio di maturazione (art. 54, comma 2);
- spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione di beni immobili. Si tratta delle spese, che non incrementano il valore del bene, deducibili nel limite del 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili, esistenti all’inizio del periodo di imposta. La quota che eccede il 5%, come per i titolari di reddito di impresa, viene dedotta in quote costanti nei 5 esercizi successivi (art. 54, comma 2);
- indennità di fine rapporto dei dipendenti e per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto, deducibili in base alla quota maturata nell’anno, indipendentemente dall’erogazione (art. 54, comma 6 , del D.P.R. n. 917/1986).
Va evidenziato, inoltre, che fra i costi, anche quelli ad utilità pluriennale si deducono nell’esercizio del pagamento.
Lo ha ribadito l’Amministrazione finanziaria, con la risoluzione 16 febbraio 2006, n. 30, in risposta ad un interpello riguardante il corretto trattamento tributario, in ordine alle modalità di deduzione delle somme corrisposte per l’acquisto di un marchio, da parte di uno studio legale, laddove è stato precisato che l’art. 54 sancisce l’applicazione del criterio di cassa “come principio generalmente applicabile nella determinazione del reddito di lavoro autonomo che può essere derogato solo nei casi espressamente previsti dai successivi commi della medesima disposizione”.
Per la Cassazione negli accertamenti ai professionisti va rilevato il principio di cassa ai fini del reddito
Osservano i giudici di legittimità che le censure con cui il professionista lamenta l’omessa pronuncia sulle eccezioni già proposte col ricorso originario e riproposte in appello, quanto alla questione del principio di cassa e al correlativo obbligo di denuncia e di fatturazione gravante sul professionista, sono fondate.
In proposito, deve infatti osservarsi che il professionista ha certamente sollevato la questione in primo grado e ha prodotto la relativa documentazione idonea, a suo dire, a comprovare l’assunto; tuttavia, la C.T.R. non l’ha minimamente presa in considerazione.
Non è superfluo evidenziare, al riguardo, che la questione è certamente decisiva, perché se effettivamente l’incasso dei compensi inerenti ai contestati incarichi (quand’anche solo in parte) è effettivamente avvenuto in un anno diverso dal 2008, ciò non può non incidere sul reddito complessivo del contribuente, nonché sul suo volume d’affari, e sul valore netto della produzione, per lo stesso anno 2008.
Infatti, è noto che “In materia d’imposte sui redditi, i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza ai sensi del D.P.R. n. 917/1986, art. 50 (attuale art. 54), comma 1; ne consegue che l’importo delle fatture emesse dal professionista, ove sia comprovato che l’incasso dei compensi professionali è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione delle fatture, concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini IRPEF con riguardo all’anno di effettiva riscossione e non già con riguardo a quello di emissione” (Cass. n. 24996/2022).
Osserva la Cassazione che, con riferimento all’IVA, è altrettanto noto, ai sensi del D.P.R. n. 633/1972, art. 6, comma 3 , che: “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo”.
In conclusione, la Cassazione accoglie il motivo di ricorso del professionista con rinvio ai giudici del merito di secondo grado, in diversa composizione, che provvederanno anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Riferimenti normativi:
Per i professionisti vale il principio di cassa e l’accertamento delle Entrate sui redditi ne deve tenere conto
di Studio tributario Gavioli & Associati | 12 Maggio 2023
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11339, del 2 maggio 2023, evidenzia che ai fini dell’accertamento nei confronti di un professionista occorre tenere presente il principio di cassa.
In materia d’imposte sui redditi, infatti, i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo tale principio, e non quello di competenza; ne consegue che l’importo delle fatture emesse dal professionista, ove sia comprovato che l’incasso dei compensi professionali è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione delle fatture, concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini IRPEF con riguardo all’anno di effettiva riscossione e non già con riguardo a quello di emissione.
Il contenzioso tributario
Un professionista ha impugnato l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rideterminato il suo reddito per l’anno 2008, ai sensi del D.P.R. n. 600/1973, art. 39, comma 1, nonché dell’art. 38, commi 1 e 2, provvedendo al recupero della maggiore IRPEF, IRAP ed IVA.
Dagli accertamenti effettuati dall’Agenzia delle Entrate era emerso che il professionista aveva svolto, nell’anno 2008, un significativo numero di prestazioni professionali per pratiche catastali ed edilizie, incompatibili con l’esiguo reddito dichiarato; per il fisco poteva ritenersi che dette prestazioni non fossero state in parte fatturate, o che comunque erano state sottofatturate.
I giudici tributari di primo grado hanno accolto il ricorso del professionista mentre la CTR ha accolto l’impugnativa dell’Agenzia delle Entrate osservando, in particolare, che l’avviso impugnato appariva motivato in modo completo e sufficiente; che in tema di accertamento analitico-induttivo, l’Amministrazione può provare i fatti anche ricorrendo a presunzioni semplici, spettando al contribuente la prova contraria.
Il professionista avverso la sentenza sfavorevole è ricorso in Cassazione.
Il principio di cassa per i professionisti
Il comma 1, dell’art. 54, del D.P.R. n. 917/1986, stabilisce la regola generale secondo cui la determinazione analitica del reddito di lavoro autonomo avviene mediante la contrapposizione fra compensi percepiti, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori per legge, e spese sostenute per lo svolgimento dell’attività.
Concorrono a formare il reddito le plusvalenze dei beni strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, se:
Ne discende che, salvo alcune specifiche deroghe, il reddito da lavoro autonomo viene determinato con il “criterio di cassa”.
Come le imprese derogano al principio di competenza per alcune voci di costo, anche per i titolari di reddito di lavoro autonomo sono previste alcune deroghe al principio di cassa.
Si tratta in particolare, dei casi previsti dai commi 2 e 6 , dell’art. 54, del D.P.R. n. 917/1986, ossia:
Va evidenziato, inoltre, che fra i costi, anche quelli ad utilità pluriennale si deducono nell’esercizio del pagamento.
Lo ha ribadito l’Amministrazione finanziaria, con la risoluzione 16 febbraio 2006, n. 30, in risposta ad un interpello riguardante il corretto trattamento tributario, in ordine alle modalità di deduzione delle somme corrisposte per l’acquisto di un marchio, da parte di uno studio legale, laddove è stato precisato che l’art. 54 sancisce l’applicazione del criterio di cassa “come principio generalmente applicabile nella determinazione del reddito di lavoro autonomo che può essere derogato solo nei casi espressamente previsti dai successivi commi della medesima disposizione”.
Per la Cassazione negli accertamenti ai professionisti va rilevato il principio di cassa ai fini del reddito
Osservano i giudici di legittimità che le censure con cui il professionista lamenta l’omessa pronuncia sulle eccezioni già proposte col ricorso originario e riproposte in appello, quanto alla questione del principio di cassa e al correlativo obbligo di denuncia e di fatturazione gravante sul professionista, sono fondate.
In proposito, deve infatti osservarsi che il professionista ha certamente sollevato la questione in primo grado e ha prodotto la relativa documentazione idonea, a suo dire, a comprovare l’assunto; tuttavia, la C.T.R. non l’ha minimamente presa in considerazione.
Non è superfluo evidenziare, al riguardo, che la questione è certamente decisiva, perché se effettivamente l’incasso dei compensi inerenti ai contestati incarichi (quand’anche solo in parte) è effettivamente avvenuto in un anno diverso dal 2008, ciò non può non incidere sul reddito complessivo del contribuente, nonché sul suo volume d’affari, e sul valore netto della produzione, per lo stesso anno 2008.
Infatti, è noto che “In materia d’imposte sui redditi, i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza ai sensi del D.P.R. n. 917/1986, art. 50 (attuale art. 54), comma 1; ne consegue che l’importo delle fatture emesse dal professionista, ove sia comprovato che l’incasso dei compensi professionali è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione delle fatture, concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini IRPEF con riguardo all’anno di effettiva riscossione e non già con riguardo a quello di emissione” (Cass. n. 24996/2022).
Osserva la Cassazione che, con riferimento all’IVA, è altrettanto noto, ai sensi del D.P.R. n. 633/1972, art. 6, comma 3 , che: “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento del corrispettivo”.
In conclusione, la Cassazione accoglie il motivo di ricorso del professionista con rinvio ai giudici del merito di secondo grado, in diversa composizione, che provvederanno anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Riferimenti normativi:
Sullo stesso argomento:Redditi di lavoro autonomo
Qual è il principio di determinazione del reddito di lavoro autonomo secondo il D.P.R. n. 917/1986?
Il principio di determinazione del reddito di lavoro autonomo avviene mediante la contrapposizione fra compensi percepiti, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali obbligatori per legge, e spese sostenute per lo svolgimento dell’attività.
Qual è l'importanza del principio di cassa nella determinazione del reddito da lavoro autonomo?
In materia d’imposte sui redditi, i redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo il principio di cassa e non di competenza ai sensi del D.P.R. n. 917/1986, art. 50; ne consegue che l’importo delle fatture emesse dal professionista, ove sia comprovato che l’incasso dei compensi professionali è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione delle fatture, concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini IRPEF con riguardo all’anno di effettiva riscossione e non già con riguardo a quello di emissione.
Quali sono le deroghe al principio di cassa previste per i titolari di reddito di lavoro autonomo?
Le deroghe al principio di cassa previste per i titolari di reddito di lavoro autonomo sono stabilite nei casi previsti dai commi 2 e 6, dell’art. 54, del D.P.R. n. 917/1986, e includono quote di ammortamento dei beni strumentali, canoni di locazione finanziaria, spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione di beni immobili, e indennità di fine rapporto dei dipendenti e per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto.
Come le imprese derogano al principio di competenza per alcune voci di costo?
Come le imprese derogano al principio di competenza per alcune voci di costo, anche per i titolari di reddito di lavoro autonomo sono previste alcune deroghe al principio di cassa, come quelle previste dai commi 2 e 6, dell’art. 54, del D.P.R. n. 917/1986.
Quali sono le considerazioni della Cassazione riguardo al principio di cassa nella determinazione del reddito da lavoro autonomo?
La Cassazione ha evidenziato che ai fini dell’accertamento nei confronti di un professionista occorre tenere presente il principio di cassa. I redditi da lavoro autonomo vanno dichiarati secondo tale principio, e non quello di competenza; ne consegue che l’importo delle fatture emesse dal professionista, ove sia comprovato che l’incasso dei compensi professionali è avvenuto in un anno d’imposta successivo a quello di emissione delle fatture, concorre alla determinazione del reddito da lavoro autonomo ai fini IRPEF con riguardo all’anno di effettiva riscossione e non già con riguardo a quello di emissione.