Commento
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Contratto unico di appalto edile e reverse charge: come procedere?

di Stefano Setti | 17 Maggio 2023
Contratto unico di appalto edile e reverse charge: come procedere?

In presenza di un unico contratto avente a oggetto prestazioni di servizi in parte soggette a reverse charge e in parte soggette all’applicazione dell’IVA secondo le modalità ordinarie (per esempio, contratto di pulizia di un edificio e delle aree attigue), l’operazione oggetto del contratto deve essere scomposta, distinguendo, ai fini della fatturazione, le singole prestazioni assoggettabili al reverse charge dalle altre prestazioni di servizi (circolare n. 14/E del 2015). La stessa Agenzia delle Entrate con la circolare n. 37/E del 2015 ha comunque fatto salvo il caso di applicazione della fatturazione con IVA nei modi ordinari per l’intero corrispettivo del contratto unico di appalto.

Contratto unico di appalto e servizi relativi agli edifici

L’Agenzia delle Entrate con la propria circolare n. 14/E del 27 marzo 2015 ha precisato che, in presenza di un unico contratto di appalto, comprensivo di una pluralità di prestazioni di servizi, in parte soggette al regime dell’inversione contabile (ovvero reverse charge) di cui alla lett. a-ter) dell’art. 17, comma 6, del D.P.R. n. 633/1972 e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si deve procedere alla scomposizione delle operazioni, individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge.

Ciò in quanto il meccanismo del reverse charge, attesa la finalità antifrode, costituisce la regola prioritaria.

In una logica di semplificazione, il citato documento di prassi ha chiarito, però, che, stante la complessità delle tipologie contrattuali riscontrabili nel settore edile, nell’ipotesi di un contratto unico di appalto avente ad oggetto la costruzione di un edificio, ovvero interventi di restauro, di risanamento conservativo e interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lett. c) e d), D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, trovino applicazione le regole ordinarie e non il meccanismo del reverse charge, anche con riferimento alla prestazioni riconducibili alla sopra citata lett. a-ter).

Ciò premesso, sempre l’Agenzia delle Entrate con la successiva circolare n. 37/E del 22 dicembre 2015 ha chiarito che, coerentemente con la logica di semplificazione perseguita già con la citata circolare n. 14/E del 2015, nell’ipotesi di un contratto unico di appalto - comprensivo anche di prestazioni soggette a reverse charge ai sensi della lett. a-ter) - avente ad oggetto interventi edilizi di frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari di cui alla lett. b) dell’art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, trovino applicazione le regole ordinarie e non il meccanismo del reverse charge.

Appalto chiavi in mano per la costruzione di un nuovo edificio strumentale, per euro 300.000, da fatturare a soggetto passivo IVA, di cui:
• euro 150.000, per opere murarie di costruzione rese dall’appaltatore;
• euro 80.000, per installazione di impianti (subappaltati ad elettricista e idraulico);
• euro 50.000, per acquisto di infissi da impresa;
• euro 20.000, per tinteggiatura (subappaltata ad impresa).

Modalità di fatturazione da parte dell’appaltatore al committente

Regola principale (scomposizione delle prestazioni in fattura)

Fatturazione da parte dell’appaltatore delle singole operazioni:

  • opere murarie con IVA;
  • fornitura infissi con IVA;
  • installazione degli impianti in reverse charge;
  • tinteggiatura in reverse charge.

Invece, i subappaltatori (elettricista, idraulico e impresa) emetteranno fattura in reverse charge nei confronti dell’appaltatore per le singole prestazioni rese.

Soluzione alternativa (deroga al fine di semplificare la fattura, qualora non sia possibile scomporre il contratto)

Fatturazione dell’appaltatore per il totale di euro 300.000 con IVA.

Invece, i subappaltatori (elettricista, idraulico e impresa) emetteranno fattura in reverse charge nei confronti dell’appaltatore per le singole prestazioni rese.

Sbagliata indicazione del codice natura in presenza di reverse charge: nessuna sanzione

In via preliminare, si ricorda che, ai sensi dell’art. 6, comma 5-bis, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, non sono punibili “… le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo” (c.d. violazioni meramente formali).

Viceversa, sono formali le “…violazioni per le quali il legislatore ha previsto sanzioni amministrative pecuniarie entro limiti minimi e massimi o in misura fissa, non essendoci un omesso, tardivo o errato versamento di un tributo sul quale riproporzionare la sanzione. Tale aspetto costituisce uno dei tratti che, generalmente, consente di distinguerle dalle c.d. violazioni sostanziali” (si veda la circolare n. 11/E del 2019, par. 2).

Fermo restando quanto più sopra scritto, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 6/E del 20 marzo 2023 ha chiarito che il codice “natura” non è un elemento previsto dall’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972 e, pertanto, la sua errata indicazione, laddove non incida sulla corretta liquidazione dell’imposta, rappresenta una violazione meramente formale (si ricorda, comunque, che la corretta indicazione del codice “natura” rileva ai fini della predisposizione dei documenti IVA precompilati da parte dell’Agenzia delle Entrate, in attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 4 del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 127).

Profili sanzionatori reverse charge

Il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, aveva previsto, con effetto 1° gennaio 2017, che le sanzioni sull’errata applicazione del meccanismo del reverse charge fossero più leggere (attribuendo all’errore natura meramente formale e non più sostanziale).

Il comma 133 dell’art. 1 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. Legge di stabilità 2016), aveva anticipato al 1° gennaio 2016 la decorrenza delle modifiche apportate alle disposizioni in tema di sanzioni amministrative tributarie, di cui al D.Lgs. n. 158/2015, di attuazione della Legge delega fiscale. Più in particolare, con una modifica all’art. 32 del D.Lgs. n. 158/2015, era stata anticipata dal 1° gennaio 2017 al 1° gennaio 2016 l’entrata in vigore della riforma del sistema sanzionatorio amministrativo tributario, disposta in attuazione della Legge delega fiscale.

Per le violazioni commesse precedentemente al 1° gennaio 2016 si applica il favor rei (sempre che gli atti già notificati ai contribuenti non siano divenuti definitivi), stante quanto previsto dall’art. 3 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.

Tali sanzioni sono state modificate, da ultimo, ad opera della Legge di Bilancio 2023 con riferimento alle operazioni inesistenti imponibili (modifica apportata all’art. 6, comma 9-bis.3, del D.Lgs. n. 471/1997).

TABELLA: Le sanzioni in tema di reverse charge e autofattura (fermo restando il fatto che risulta possibile utilizzare lo strumento del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997)

Casistica di errata applicazione del reverse charge e autofattura (*)

Sanzione

Emissione da parte del cedente/prestatore di fattura corretta senza applicazione dell’IVA (in quanto soggetta a reverse charge) e cessionario/committente non procede agli adempimenti connessi al meccanismo del reverse charge (comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997)

Se la fattura risulta dalla contabilità ai fini delle imposte dirette (ancorché non transitata dai registri IVA), è applicabile una sanzione fissa tra 500 e 20.000 euro. Si fa presente, comunque, che la sanzione fissa si applica solo quando l’IVA non assolta sarebbe stata detraibile, non essendovi, in questa ipotesi, alcun danno per l’Erario.

In caso contrario, resta ferma la sanzione proporzionale, commisurata all’imposta che il destinatario della fattura non avrebbe potuto detrarre (da cumulare con quella per l’infedele dichiarazione ex art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 471/1997).

Invece, se la fattura non risulta neppure dalle scritture contabili, sarà applicabile una sanzione proporzionale, dal 5 al 10 per cento dell’imponibile, con un minimo di euro 1.000.

Ipotesi in cui il cedente/prestatore non proceda ad emettere la fattura entro 4 mesi dall’operazione e il cessionario/committente non provveda ad emettere apposita autofattura denuncia, entro 30 giorni dall’omissione (comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997)

In tale caso, sono applicabili le medesime sanzioni di cui al punto precedente, tenendo presente che tale disposizione si applica anche nei casi in cui il cedente/prestatore abbia emesso fattura irregolare.

Irregolare assolvimento dell’imposta. L’imposta è stata applicata ordinariamente e versata dal cedente/prestatore in luogo dell’applicazione del reverse charge da parte del cessionario/committente (comma 9-bis.1 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997)

Applicazione di una sanzione in misura fissa (da 250 a 10.000 euro), nel caso in cui l’IVA sia stata applicata ordinariamente e versata dal cedente/prestatore in luogo dell’applicazione del reverse charge. In tale caso, la sanzione sarà irrogata al cessionario/committente, che è il vero debitore dell’imposta, con solidarietà del cedente/prestatore.

È comunque fatto salvo il diritto alla detrazione ed è evitato l’obbligo di regolarizzazione dell’operazione in capo al cessionario/committente.

Sarà, invece, applicabile al cessionario/committente una sanzione più grave (dal 90 al 180 per cento dell’imposta), quando l’applicazione dell’imposta in regime ordinario in luogo del reverse charge è determinata da intenti fraudolenti.

Operazioni che ricadono in regime ordinario, ma per le quali è stato erroneamente applicato il reverse charge con assolvimento del tributo da parte del cessionario/committente, il quale mantiene il diritto di detrazione IVA (comma 9-bis2 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997)

Sanzione fissa da 250 a 10.000 euro in capo al cedente/prestatore (con la solidarietà del cessionario/committente).

Se le violazioni dipendono da intenti evasivi o frodatori di cui sia provata la consapevolezza della controparte, scattano le sanzioni proporzionali dal 90 al 180 per cento dell’imposta.

Ipotesi in cui il cessionario/committente abbia erroneamente assolto l’imposta in reverse charge per operazioni che sono invece esenti, non imponibili o non soggette a IVA (comma 9-bis3 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997)

In sede di accertamento, gli Uffici dovranno provvedere a eliminare il credito e il debito erroneamente confluiti nelle liquidazioni eseguite dal cessionario/committente, neutralizzando in tale modo gli effetti dell’errore. In tali ipotesi, non sono applicabili sanzioni di alcun tipo. Inoltre, il cessionario/committente potrà recuperare l’IVA assolta in inversione e non detratta per ragioni di indetraibilità oggettiva o soggettiva (si pensi, ad esempio, al pro-rata). Il recupero dell’IVA avverrà mediante nota di variazione in diminuzione, di cui all’art. 26, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 (entro un anno) ovvero attraverso apposita istanza di rimborso ai sensi dell’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (nel termine di due anni).

La medesima disposizione, con neutralizzazione del debito/credito IVA, è applicabile anche qualora l’operazione per cui è stato applicato il regime dell’inversione contabile sia inesistente; tuttavia, in tale caso, la sanzione è dovuta e la sua misura varia in misura proporzionale dal 5 al 10 per cento dell’imponibile, con un minimo di 1.000 euro.

A seguito delle modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2023, il più lieve regime sanzionatorio previsto per le operazioni inesistenti soggette a reverse charge opera solo quando le stesse sono esenti, non imponibili o escluse da imposta.

Per contro, nell’ipotesi di operazioni inesistenti imponibili non solo deve essere recuperata l’imposta detratta, ma si applica anche la sanzione più grave, del 90% dell’imposta.

(*) L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 11 maggio 2017, n. 16/E, è intervenuta fornendo delle precisazioni in merito alla portata delle citate sanzioni. Si evidenzia che tali chiarimenti, di fatto, ripercorrono la disposizione normativa.

L’Agenzia delle Entrate con l’interpello n. 301 del 28 aprile 2021 ha ricordato che in presenza di irregolare assolvimento del reverse charge/autofattura con applicazione dell’IVA quando, invece, la fattura doveva essere emessa nei modi ordinari, torna applicabile la sanzione formale da euro 250 ad euro 10.000.

Sul punto è stato chiarito che:

  • della sanzione rispondono in via solidale anche i cessionari/committenti soggetti passivi IVA, i quali conservano il diritto alla detrazione dell’imposta erroneamente assolta mediante reverse charge/autofattura;
  • la sanzione da euro 250 ad euro 10.000 è dovuta in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riferimento a ciascun committente;
  • risulta possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso (così come già chiarito ad opera della risoluzione 29 dicembre 2010, n. 140/E). In tal caso la sanzione da prendere a riferimento per il calcolo del ravvedimento operoso (e delle relative riduzioni) è quella di base pari ad euro 250, inoltre, il versamento andrà effettuato mediante modello F24 con codice tributo 8904.

Riferimenti normativi:

Sullo stesso argomento:Reverse charge