Compensazione orizzontale dei crediti fiscali con debiti di altra natura
Il caso n. 3 di Assonime riporta alla ribalta dei precedenti giurisprudenziali provenienti dalle Corti di merito risalenti a pochissimi anni fa ed espressione di un orientamento volto a negare la compensazione orizzontale dei crediti fiscali con debiti di altra natura, quali contributi previdenziali.
Nelle pronunce in questione (cfr. inter alias Trib. Milano n. 2207/2021) si legge: “Va, tuttavia, osservato che, a prescindere dalla prova della sussistenza o meno del credito IVA dedotto in compensazione dalla ditta fornitrice della manodopera, la compensazione tra crediti di natura fiscale e debiti contributivi è preclusa nel nostro sistema. (…) In ambito contributivo, dunque, non è contemplata la compensazione di obbligazioni previdenziali riferibili a soggetti differenti o che permetta una estinzione di tali debiti mediante controcrediti di natura fiscale, anche se facenti capo al medesimo soggetto.
Da ciò deriva l'irrilevanza della normativa e delle circolari dell'Agenzia delle Entrate richiamate nelle difese della parte ricorrente in quanto relative al ben diverso meccanismo della compensazione in materia tributaria”.
Il dato testuale dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, necessario ai fini della comprensione della seppur non condivisibile posizione espressa dai giudici, appare fondamentale e qui lo si riporta:
“I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
La posizione dei giudici appare netta e deriva da una - a parere di chi scrive- errata interpretazione dell’art. 17 del D.Lgs. n. 471/1997 in forza della quale sarebbe possibile utilizzare la compensazione in parola qualora ad essere compensati siano crediti vantati nei confronti del medesimo ente previdenziale.
Tuttavia, tale lettura appare assai lontana dal dato testuale della norma e dalla prassi con la quale anche l’Agenzia delle Entrate ha sempre ribadito tale possibilità, ora negata dai giudici di merito.
La compensazione delle posizioni debitorie e creditorie, così come disciplinata dall’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997, riguarda una serie di crediti e debiti relativi a molteplici tipologie di imposte, sia tributarie che di diverso genere (si pensi ai contributi previdenziali e assistenziali, piuttosto che ai premi per l’assicurazione contro gli infortuni). Non sono dunque compensabili esclusivamente i crediti verso l’Erario, ma anche i crediti di diversa natura vantati nei confronti di altri enti pubblici, al di fuori del settore tributario.
A tal fine, la disciplina della compensazione esposta nell’art. 17 citato dispone 2 diverse tipologie della stessa: la compensazione verticale e la compensazione orizzontale. Mediante la prima, è facoltà del contribuente scomputare il credito d’imposta maturato in un periodo con il debito della medesima imposta relativo al periodo successivo; mediante la compensazione orizzontale, invece, l’estinzione di un debito può avvenire anche tramite l’utilizzo di un credito di diversa natura, in quanto riconducibile ad un’altra imposta.
Il parere di Assonime
La posizione dei giudici deriva dalla presenza all’interno della norma della locuzione “medesimi soggetti”; tuttavia, tale riferimento normativo non consente in alcun modo di far intendere come plausibile la compensazione allorquando il soggetto a cui si riferisce la posizione debitoria e quella creditoria sia lo stesso.
A tal proposito afferma in maniera netta Assonime: “L’indicazione della norma è infatti volta a riconoscere ai contribuenti la facoltà di pagare le somme dovute a diversi soggetti con un versamento unitario - e cioè, con unico modello di versamento - e di estinguere di conseguenza le predette (diverse) obbligazioni pecuniarie (anche) attraverso l’utilizzo in compensazione delle poste creditorie che i contribuenti vantano nei confronti non dei rispettivi soggetti, bensì dei «medesimi soggetti» indicati dall’art. 17 ”.
A ben vedere la posizione assunta da alcune Corti di merito, benché non sia in linea con il dato normativo, con le plurime indicazioni di prassi nonché con ciò che di fatto ad oggi spesso si registra (essendo la compensazione orizzontale ampiamente utilizzata dai contribuenti), non deve passare inosservata anche perché non si tratta di un’isolata pronuncia.
D’altro canto, si auspica che la stessa Agenzia delle Entrate o la Cassazione intervengano in maniera netta e censurino tale orientamento confermando il pacifico dato testuale della norma, avvalorato, tra l’altro, ricorda Assonime, dalla stessa Struttura di Gestione incardinata presso l’Agenzia delle Entrate, che si occupa di contabilizzare e regolarizzare le posizioni debitorie e creditorie tra Erario ed ente previdenziale ogni qual volta si registra un versamento diretto a mezzo di compensazione.
Più al limite potrebbe essere il caso - oggetto di una delle pronunce in commento (Cfr. Milano, n. 625/2022) - in cui il credito utilizzato così in compensazione risulti inesistente.
A questo punto, avrebbe quantomeno più senso il dubbio dei giudici di merito circa la possibilità di negare valenza alla compensazione e di legittimare l’ente previdenziale a rivalersi direttamente sul contribuente che risulta aver utilizzato in compensazione un credito inesistente, risultando da ultimo inadempiente.
Tuttavia, anche in tal caso Assonime ricorda come sia stata la stessa Agenzia delle Entrate ad affermare a più riprese come la compensazione operata mediante delega F24 non dovrebbe risentire delle vicende relative all’esistenza o meno del credito di imposta.
In caso di esito negativo, infatti, sarà semmai l’Agenzia delle Entrate a doversi rivalere sul contribuente per ottenere il recupero del credito tributario.
Unica eccezione a tale regola è il caso in cui l’Agenzia delle Entrate abbia sospeso l’esecuzione della delega stessa e l’ente previdenziale non abbia mai ricevuto le somme da parte delle Entrate.
Ad ogni modo Assonime è a ben dire certa circa la possibilità di compensare debiti previdenziali con crediti erariali, e le pronunce in commento, oltre che essere oscuri precedenti, stentano a trovare solide fondamenta nel testo legislativo e nei documenti di prassi.
D’altronde tale posizione espressa dalle corti di merito è del tutto incondivisibile anche in ragione dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dall’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, ai sensi del quale i contribuenti che devono effettuare versamenti unificati di imposte, di contributi previdenziali e assistenziali, di premi INAIL e di altre somme, possono utilizzare in compensazione i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali o dalle denunce contributive periodiche.
Riferimenti normativi:
- D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 241, art. 17;
- Trib. Milano 19 ottobre 2021, n. 2207;
- Assonime, Caso 3/2023.
Non compensabili i debiti previdenziali con i crediti fiscali
di Maurizio Tozzi, Arianna Semeraro | 2 Marzo 2023
Assonime, con il caso n. 3/2023, ha espresso la propria perplessità sui recenti orientamenti giurisprudenziali sul tema della compensazione fra debiti contributivi e crediti erariali. Secondo alcune sentenze dei tribunali di merito non sarebbe possibile utilizzare i crediti d’imposta per pagare, mediante compensazione c.d. orizzontale ex art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, i debiti contributivi.
Compensazione orizzontale dei crediti fiscali con debiti di altra natura
Il caso n. 3 di Assonime riporta alla ribalta dei precedenti giurisprudenziali provenienti dalle Corti di merito risalenti a pochissimi anni fa ed espressione di un orientamento volto a negare la compensazione orizzontale dei crediti fiscali con debiti di altra natura, quali contributi previdenziali.
Nelle pronunce in questione (cfr. inter alias Trib. Milano n. 2207/2021) si legge: “Va, tuttavia, osservato che, a prescindere dalla prova della sussistenza o meno del credito IVA dedotto in compensazione dalla ditta fornitrice della manodopera, la compensazione tra crediti di natura fiscale e debiti contributivi è preclusa nel nostro sistema. (…) In ambito contributivo, dunque, non è contemplata la compensazione di obbligazioni previdenziali riferibili a soggetti differenti o che permetta una estinzione di tali debiti mediante controcrediti di natura fiscale, anche se facenti capo al medesimo soggetto.
Da ciò deriva l'irrilevanza della normativa e delle circolari dell'Agenzia delle Entrate richiamate nelle difese della parte ricorrente in quanto relative al ben diverso meccanismo della compensazione in materia tributaria”.
Il dato testuale dell’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, necessario ai fini della comprensione della seppur non condivisibile posizione espressa dai giudici, appare fondamentale e qui lo si riporta:
“I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
La posizione dei giudici appare netta e deriva da una - a parere di chi scrive- errata interpretazione dell’art. 17 del D.Lgs. n. 471/1997 in forza della quale sarebbe possibile utilizzare la compensazione in parola qualora ad essere compensati siano crediti vantati nei confronti del medesimo ente previdenziale.
Tuttavia, tale lettura appare assai lontana dal dato testuale della norma e dalla prassi con la quale anche l’Agenzia delle Entrate ha sempre ribadito tale possibilità, ora negata dai giudici di merito.
La compensazione delle posizioni debitorie e creditorie, così come disciplinata dall’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997, riguarda una serie di crediti e debiti relativi a molteplici tipologie di imposte, sia tributarie che di diverso genere (si pensi ai contributi previdenziali e assistenziali, piuttosto che ai premi per l’assicurazione contro gli infortuni). Non sono dunque compensabili esclusivamente i crediti verso l’Erario, ma anche i crediti di diversa natura vantati nei confronti di altri enti pubblici, al di fuori del settore tributario.
A tal fine, la disciplina della compensazione esposta nell’art. 17 citato dispone 2 diverse tipologie della stessa: la compensazione verticale e la compensazione orizzontale. Mediante la prima, è facoltà del contribuente scomputare il credito d’imposta maturato in un periodo con il debito della medesima imposta relativo al periodo successivo; mediante la compensazione orizzontale, invece, l’estinzione di un debito può avvenire anche tramite l’utilizzo di un credito di diversa natura, in quanto riconducibile ad un’altra imposta.
Il parere di Assonime
La posizione dei giudici deriva dalla presenza all’interno della norma della locuzione “medesimi soggetti”; tuttavia, tale riferimento normativo non consente in alcun modo di far intendere come plausibile la compensazione allorquando il soggetto a cui si riferisce la posizione debitoria e quella creditoria sia lo stesso.
A tal proposito afferma in maniera netta Assonime: “L’indicazione della norma è infatti volta a riconoscere ai contribuenti la facoltà di pagare le somme dovute a diversi soggetti con un versamento unitario - e cioè, con unico modello di versamento - e di estinguere di conseguenza le predette (diverse) obbligazioni pecuniarie (anche) attraverso l’utilizzo in compensazione delle poste creditorie che i contribuenti vantano nei confronti non dei rispettivi soggetti, bensì dei «medesimi soggetti» indicati dall’art. 17 ”.
A ben vedere la posizione assunta da alcune Corti di merito, benché non sia in linea con il dato normativo, con le plurime indicazioni di prassi nonché con ciò che di fatto ad oggi spesso si registra (essendo la compensazione orizzontale ampiamente utilizzata dai contribuenti), non deve passare inosservata anche perché non si tratta di un’isolata pronuncia.
D’altro canto, si auspica che la stessa Agenzia delle Entrate o la Cassazione intervengano in maniera netta e censurino tale orientamento confermando il pacifico dato testuale della norma, avvalorato, tra l’altro, ricorda Assonime, dalla stessa Struttura di Gestione incardinata presso l’Agenzia delle Entrate, che si occupa di contabilizzare e regolarizzare le posizioni debitorie e creditorie tra Erario ed ente previdenziale ogni qual volta si registra un versamento diretto a mezzo di compensazione.
Più al limite potrebbe essere il caso - oggetto di una delle pronunce in commento (Cfr. Milano, n. 625/2022) - in cui il credito utilizzato così in compensazione risulti inesistente.
A questo punto, avrebbe quantomeno più senso il dubbio dei giudici di merito circa la possibilità di negare valenza alla compensazione e di legittimare l’ente previdenziale a rivalersi direttamente sul contribuente che risulta aver utilizzato in compensazione un credito inesistente, risultando da ultimo inadempiente.
Tuttavia, anche in tal caso Assonime ricorda come sia stata la stessa Agenzia delle Entrate ad affermare a più riprese come la compensazione operata mediante delega F24 non dovrebbe risentire delle vicende relative all’esistenza o meno del credito di imposta.
In caso di esito negativo, infatti, sarà semmai l’Agenzia delle Entrate a doversi rivalere sul contribuente per ottenere il recupero del credito tributario.
Unica eccezione a tale regola è il caso in cui l’Agenzia delle Entrate abbia sospeso l’esecuzione della delega stessa e l’ente previdenziale non abbia mai ricevuto le somme da parte delle Entrate.
Ad ogni modo Assonime è a ben dire certa circa la possibilità di compensare debiti previdenziali con crediti erariali, e le pronunce in commento, oltre che essere oscuri precedenti, stentano a trovare solide fondamenta nel testo legislativo e nei documenti di prassi.
D’altronde tale posizione espressa dalle corti di merito è del tutto incondivisibile anche in ragione dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione previste dall’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997, ai sensi del quale i contribuenti che devono effettuare versamenti unificati di imposte, di contributi previdenziali e assistenziali, di premi INAIL e di altre somme, possono utilizzare in compensazione i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali o dalle denunce contributive periodiche.
Riferimenti normativi:
Sullo stesso argomento:Compensazione
Qual è l'argomento principale del testo fornito?
L'argomento principale del testo è la disputa legale riguardante la compensazione orizzontale dei crediti fiscali con debiti di altra natura, in particolare contributi previdenziali.
Quali sono le posizioni espresse dai giudici di merito in merito alla compensazione orizzontale dei crediti fiscali con debiti contributivi?
I giudici di merito esprimono la posizione che la compensazione orizzontale tra crediti di natura fiscale e debiti contributivi è preclusa nel sistema, anche se si tratta di obbligazioni previdenziali riferibili a soggetti differenti o che permetta un'estinzione di tali debiti mediante controcrediti di natura fiscale.
Quale normativa viene citata nel testo in relazione alla compensazione orizzontale?
Viene citato l'articolo 17 del Decreto Legislativo n. 241/1997, il quale riguarda i versamenti unitari di imposte, contributi e altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti nei confronti dei medesimi soggetti.
Qual è la distinzione tra compensazione verticale e compensazione orizzontale secondo la normativa citata?
La compensazione verticale consente di scomputare il credito d’imposta maturato in un periodo con il debito della stessa imposta relativo al periodo successivo; la compensazione orizzontale, invece, permette l’estinzione di un debito anche tramite l’utilizzo di un credito di diversa natura, riconducibile ad un’altra imposta.
Qual è la posizione di Assonime in merito agli orientamenti giurisprudenziali sulla compensazione fra debiti contributivi e crediti erariali?
Assonime esprime perplessità riguardo ai recenti orientamenti giurisprudenziali che negano la possibilità di utilizzare i crediti d’imposta per pagare i debiti contributivi mediante compensazione orizzontale. La posizione di Assonime è che questa negazione non trova solide fondamenta nel testo legislativo e nei documenti di prassi.