Ammanco di cassa e irregolarità nella gestione
La Corte di Cassazione con l’ordinanza del 14 marzo 2023, n. 7380, ha respinto il ricorso di amministratori e sindaci: per i giudici di legittimità sono chiamati a risarcire l’ammanco di cassa della società perché hanno violato i compiti che la normativa gli impone.
Nel caso in esame una società cooperativa aveva chiamato in giudizio i consiglieri del disciolto consiglio di amministrazione e i sindaci, perché, previa verifica dell’irregolarità nella gestione delle operazioni di cassa e delle operazioni contabili, oltre che degli illeciti prelevamenti di somme e di altri fatti contrari ai doveri imposti agli organi sociali, fossero condannati in solido al risarcimento dei danni.
Espletata la consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale ha accertato il danno cagionato alla società, corrispondente all’ammanco di cassa di oltre 185mila euro e ha condannato i consiglieri (in alcuni casi si trattava degli eredi) e i sindaci al risarcimento del danno liquidato nel suddetto importo, maggiorato degli interessi.
Il ricorso avverso la pronuncia di primo grado è stato respinto dalla Corte di appello con sentenza dell’ottobre 2017.
Con riferimento alla parte che interessa il presente commento i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per difetto di motivazione e la violazione dell’art. 2260 c.c.; in particolare lamentano che il Giudice di primo grado abbia omesso di accertare il ruolo e i compiti dei singoli convenuti nell’amministrazione della società e a quale periodo della gestione andava imputato l’eventuale comportamento omissivo o commissivo di ciascuno di essi.
Responsabilità solidale degli amministratori che non hanno vigilato sul generale andamento della gestione
Per i giudici di legittimità il motivo di ricorso non ha fondamento. Ora, a fronte dell’ammanco di cassa di 291.682,119 delle vecchie lire, la Corte di merito ha evidenziato che correttamente il Tribunale aveva conferito rilievo alla violazione, da parte degli organi societari, degli specifici obblighi di diligenza nell’amministrazione degli affari societari di cui all’art. 2392 c.c. (per gli amministratori) e di vigilanza e di controllo attivo sulle attività poste in essere ex art. 2403 c.c. (per i sindaci); ha ritenuto la Corte distrettuale che la conferma della sentenza di primo grado trovasse ragione nell’“oggettivo e rilevante svuotamento della cassa contanti della società”: evenienza che “fonda(va) la responsabilità solidale degli amministratori e dei sindaci nell’atteggiamento neutrale assunto da entrambi gli organi di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente non solo segnalando all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate, ma anche omettendo le denunce previste ex art. 2409, ultimo comma, c.c.”.
Come si vede, secondo la sentenza impugnata la responsabilità degli amministratori e dei sindaci trova fondamento non già nell’individuazione di specifiche condotte appropriative o distrattive dell’uno o dell’altro convenuto (condotte che avrebbero dovuto essere riferite ai soggetti che ne fossero stati autori), ma nell’omesso controllo, cui gli amministratori e i sindaci tutti erano tenuti, quanto ad atti che avevano comportato la perdita delle risorse patrimoniali della società. E tale passaggio argomentativo non evidenzia vizi motivazionali suscettibili di essere respinti.
Né appare concludente il richiamo dell’art. 2260 c.c., dettato per la società semplice, giacché alle società cooperative si applicano, in quanto compatibili, le norme delle società per azioni (art. 2519, comma 1, c.c.).
Per queste ultime l’art. 2392 c.c. prevede, al comma 2 del testo vigente ratione temporis, la responsabilità solidale degli amministratori che non hanno vigilato sul generale andamento della gestione (cfr. Cass. 11 novembre 2010, n. 22911), mentre l’art. 2407, comma 2, c.c., dispone che i sindaci siano responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi, ove il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
La detta responsabilità solidale di amministratori e sindaci contemplate dalle norme appena richiamate appare allora pienamente coerente con l’accertamento di fatto compiuto dai Giudici di merito.
Erronea, inoltre, è la richiesta con la quale amministratori e sindaci si dolgono dell’inutilizzabilità della consulenza tecnica e dell’omesso esame di fatto decisivo. Si deduce che il c.t.u. abbia travisato il mandato conferitogli, ampliandone illegittimamente il contenuto.
Inoltre nel ricorso viene rilevato che la società aveva volutamente omesso di convenire in giudizio un consigliere che aveva ricoperto la carica di consigliere di amministrazione negli anni in cui si sarebbe prodotto l’ammanco di cassa. Ad avviso dei ricorrenti, avrebbe dovuto disporsi l’integrazione del contraddittorio nei confronti del nominato soggetto.
Il motivo è palesemente infondato.
Va qui riaffermato il principio, enunciato dalla Corte di appello, per cui l’azione di responsabilità contro amministratori e sindaci non va proposta necessariamente contro tutti i sindaci e gli amministratori, ma può essere intrapresa contro uno solo od alcuni di essi, senza che insorga l’esigenza di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, in considerazione dell’autonomia e scindibilità dei rapporti con ciascuno dei coobbligati in solido.
Riferimenti normativi:
Gli amministratori e i sindaci di società sono chiamati a rispondere dei soldi non presenti in cassa
di Studio tributario Gavioli & Associati | 28 Marzo 2023
Amministratori e sindaci di società di capitali devono essere condannati in solido a risarcire il danno per l’ammanco di cassa dovendosi conferire rilievo alla violazione, da parte degli organi societari, degli specifici obblighi di diligenza nell’amministrazione degli affari societari e di vigilanza e di controllo attivo sulle attività poste in essere.
Ammanco di cassa e irregolarità nella gestione
La Corte di Cassazione con l’ordinanza del 14 marzo 2023, n. 7380, ha respinto il ricorso di amministratori e sindaci: per i giudici di legittimità sono chiamati a risarcire l’ammanco di cassa della società perché hanno violato i compiti che la normativa gli impone.
Nel caso in esame una società cooperativa aveva chiamato in giudizio i consiglieri del disciolto consiglio di amministrazione e i sindaci, perché, previa verifica dell’irregolarità nella gestione delle operazioni di cassa e delle operazioni contabili, oltre che degli illeciti prelevamenti di somme e di altri fatti contrari ai doveri imposti agli organi sociali, fossero condannati in solido al risarcimento dei danni.
Espletata la consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale ha accertato il danno cagionato alla società, corrispondente all’ammanco di cassa di oltre 185mila euro e ha condannato i consiglieri (in alcuni casi si trattava degli eredi) e i sindaci al risarcimento del danno liquidato nel suddetto importo, maggiorato degli interessi.
Il ricorso avverso la pronuncia di primo grado è stato respinto dalla Corte di appello con sentenza dell’ottobre 2017.
Con riferimento alla parte che interessa il presente commento i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per difetto di motivazione e la violazione dell’art. 2260 c.c.; in particolare lamentano che il Giudice di primo grado abbia omesso di accertare il ruolo e i compiti dei singoli convenuti nell’amministrazione della società e a quale periodo della gestione andava imputato l’eventuale comportamento omissivo o commissivo di ciascuno di essi.
Responsabilità solidale degli amministratori che non hanno vigilato sul generale andamento della gestione
Per i giudici di legittimità il motivo di ricorso non ha fondamento. Ora, a fronte dell’ammanco di cassa di 291.682,119 delle vecchie lire, la Corte di merito ha evidenziato che correttamente il Tribunale aveva conferito rilievo alla violazione, da parte degli organi societari, degli specifici obblighi di diligenza nell’amministrazione degli affari societari di cui all’art. 2392 c.c. (per gli amministratori) e di vigilanza e di controllo attivo sulle attività poste in essere ex art. 2403 c.c. (per i sindaci); ha ritenuto la Corte distrettuale che la conferma della sentenza di primo grado trovasse ragione nell’“oggettivo e rilevante svuotamento della cassa contanti della società”: evenienza che “fonda(va) la responsabilità solidale degli amministratori e dei sindaci nell’atteggiamento neutrale assunto da entrambi gli organi di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente non solo segnalando all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate, ma anche omettendo le denunce previste ex art. 2409, ultimo comma, c.c.”.
Come si vede, secondo la sentenza impugnata la responsabilità degli amministratori e dei sindaci trova fondamento non già nell’individuazione di specifiche condotte appropriative o distrattive dell’uno o dell’altro convenuto (condotte che avrebbero dovuto essere riferite ai soggetti che ne fossero stati autori), ma nell’omesso controllo, cui gli amministratori e i sindaci tutti erano tenuti, quanto ad atti che avevano comportato la perdita delle risorse patrimoniali della società. E tale passaggio argomentativo non evidenzia vizi motivazionali suscettibili di essere respinti.
Né appare concludente il richiamo dell’art. 2260 c.c., dettato per la società semplice, giacché alle società cooperative si applicano, in quanto compatibili, le norme delle società per azioni (art. 2519, comma 1, c.c.).
Per queste ultime l’art. 2392 c.c. prevede, al comma 2 del testo vigente ratione temporis, la responsabilità solidale degli amministratori che non hanno vigilato sul generale andamento della gestione (cfr. Cass. 11 novembre 2010, n. 22911), mentre l’art. 2407, comma 2, c.c., dispone che i sindaci siano responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi, ove il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
La detta responsabilità solidale di amministratori e sindaci contemplate dalle norme appena richiamate appare allora pienamente coerente con l’accertamento di fatto compiuto dai Giudici di merito.
Erronea, inoltre, è la richiesta con la quale amministratori e sindaci si dolgono dell’inutilizzabilità della consulenza tecnica e dell’omesso esame di fatto decisivo. Si deduce che il c.t.u. abbia travisato il mandato conferitogli, ampliandone illegittimamente il contenuto.
Inoltre nel ricorso viene rilevato che la società aveva volutamente omesso di convenire in giudizio un consigliere che aveva ricoperto la carica di consigliere di amministrazione negli anni in cui si sarebbe prodotto l’ammanco di cassa. Ad avviso dei ricorrenti, avrebbe dovuto disporsi l’integrazione del contraddittorio nei confronti del nominato soggetto.
Il motivo è palesemente infondato.
Va qui riaffermato il principio, enunciato dalla Corte di appello, per cui l’azione di responsabilità contro amministratori e sindaci non va proposta necessariamente contro tutti i sindaci e gli amministratori, ma può essere intrapresa contro uno solo od alcuni di essi, senza che insorga l’esigenza di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, in considerazione dell’autonomia e scindibilità dei rapporti con ciascuno dei coobbligati in solido.
Riferimenti normativi:
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Qual è stata la decisione della Corte di Cassazione con l'ordinanza del 14 marzo 2023, n. 7380, riguardo al ricorso dei amministratori e sindaci?
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dei amministratori e sindaci, affermando che dovrebbero risarcire l’ammanco di cassa della società per non aver adempiuto adeguatamente ai compiti previsti dalla normativa.
Perché la società cooperativa ha chiamato in giudizio i consiglieri del consiglio di amministrazione e i sindaci?
La società cooperativa ha chiamato in giudizio i consiglieri del consiglio di amministrazione e i sindaci a causa delle irregolarità nella gestione delle operazioni di cassa e contabili, dei prelevamenti illeciti di somme e di altri comportamenti contrari ai doveri imposti agli organi sociali.
Qual è stato l'ammontare dell'ammanco di cassa accertato e il risarcimento previsto per i danni?
L'ammanco di cassa accertato è stato di oltre 185mila euro e i consiglieri e i sindaci sono stati condannati in solido al risarcimento del danno, incluso gli interessi.
In base a quali obblighi della normativa civile la Corte di merito ha imposto la responsabilità solidale degli amministratori e dei sindaci?
La Corte di merito ha imposto la responsabilità solidale degli amministratori e dei sindaci in base agli obblighi di diligenza nell’amministrazione degli affari societari previsti dall'art. 2392 c.c. per gli amministratori e di vigilanza e controllo attivo sulle attività previsti dall'art. 2403 c.c. per i sindaci.
Secondo la sentenza impugnata, qual è stata la base della responsabilità degli amministratori e dei sindaci?
Secondo la sentenza impugnata, la responsabilità degli amministratori e dei sindaci non ha trovato fondamento in specifiche condotte appropriative o distrattive, ma nell'omesso controllo sul generale andamento della gestione, comportando la perdita delle risorse patrimoniali della società.