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DEDUZIONI

Gli aspetti fiscali del car sharing per imprese e dipendenti

di Marco Bomben | 1 Dicembre 2022
Gli aspetti fiscali del car sharing per imprese e dipendenti

Nonostante il car sharing (letteralmente “condivisione dell’auto”) sia ormai diventato un fenomeno diffuso in tutto il mondo a sostegno di una mobilità allargata e sostenibile, l’Agenzia delle Entrate non ha ancora avuto modo di esprimersi ufficialmente sul corretto inquadramento dei costi sostenuti dall’impresa che permette di utilizzare l’automobile su prenotazione. Di seguito appare utile quindi approfondire i risvolti fiscali di questo nuovo tipo di servizio.

La deducibilità dei costi in capo all’impresa

Soprattutto nelle grandi città è sempre più diffuso l’utilizzo di servizi di “car sharing”, modalità innovativa di mobilità che si basa sulla condivisione dei veicoli, prenotando l’auto online da smartphone o da telefono e pagando una tariffa in base al tempo di utilizzo e percorrenza, naturalmente previa registrazione dell’utente.

In mancanza di un espresso inquadramento fiscale al car sharing dovrebbero potersi applicare, in quanto compatibili, le disposizioni riservate al noleggio degli autoveicoli, ivi incluse le limitazioni previste per tale fattispecie dall’art. 164 del TUIR.

Nello specifico, per i veicoli aziendali è prevista la deducibilità:

  • in misura pari al 20% dei canoni di noleggio;
  • nel limite massimo di spesa pari a:
    • 3.615,20 euro per autovetture e autocaravan;
    • 774,69 euro per i motocicli;
    • 413,17 euro per i ciclomotori.

Parte della dottrina ha sostenuto la piena assimilabilità del car sharing all’attività di noleggio argomentando che:

  • sia l’abbonamento annuale che le fatture mensili delle corse fruite configurano, in termini pratici, la controprestazione per il noleggio dell’auto;
  • posto che il servizio ha comunque durata di dodici mesi, indipendentemente dai giorni di effettivo utilizzo del mezzo, il limite previsto dalla normativa fiscale non dovrebbe essere ragguagliato ad anno.

Un secondo filone interpretativo è più selettivo nel distinguere, invece, tra:
la quota variabile pagata per l’effettivo utilizzo del mezzo: unica prestazione assimilabile all’attività di noleggio e per la quale troverebbero applicazione le limitazioni di cui all’art. 164 del TUIR;
il canone di iscrizione annuale (quota fissa): che rappresenta una distinta prestazione, non assimilabile all’attività di noleggio e, pertanto, non soggetta al regime restrittivo statuito dal citato art. 164.

A parere di chi scrive tale secondo orientamento risulta decisamente meno convincente considerato che, oltre alla notevole complicazione operativa legata alla necessità di scomporre i due elementi, la presunta distinzione tra quota fissa e quota variabile non trova giustificazione nel contenuto del contratto di riferimento.

La spesa sostenuta in fase di iscrizione alla piattaforma è, infatti, presupposto necessario per fruire del servizio di noleggio dell’auto e in quanto tale sicuramente assimilabile sotto il profilo fiscale

Utilizzo da parte dei dipendenti

Nel caso in cui l’impresa si trovi a sostenere costi per il servizio di car sharing relativo agli spostamenti dei propri dipendenti, è necessario distinguere le seguenti ipotesi di utilizzo dell’autovettura da parte del dipendente, e cioè uso:

  • esclusivamente aziendale;
  • promiscuo;
  • esclusivamente personale.

Nel caso in cui l’utilizzo dei veicoli avvenga, da parte del dipendente, esclusivamente per finalità aziendali:

  • in capo al dipendente, non si determina alcun fringe benefit e, di conseguenza, non emerge alcuna materia imponibile da sottoporre a tassazione;
  • per l’impresa, trovano applicazione le ordinarie limitazioni previste dall’art. 164 del TUIR.

Ove l’autoveicolo sia dato in uso promiscuo al dipendente, invece:

  • in capo al dipendente si determina un fringe benefit da determinare sulla base delle tariffe ACI;
  • per l’impresa è prevista la possibilità di dedurre parzialmente i costi di acquisto e gestione dei veicoli con limitazioni fiscali;

La terza ipotesi considerata - concessione al dipendente a fini esclusivamente personali - è senz’altro la più rara da incontrare nella pratica, in quanto meno vantaggiosa sotto il profilo fiscale, poiché:

  • da un lato, all’impresa è preclusa la deducibilità dei costi relativi al veicolo (stante l’assenza di vincoli di utilizzo per il dipendente, il veicolo esula completamente dalla sfera aziendale);
  • dall’altro, la possibilità per il dipendente di fruire pienamente dell’auto per le proprie esigenze personali e per quelle della propria famiglia comporta la piena tassabilità del fringe benefit determinato in base al valore normale in capo a quest’ultimo.

Per il datore di lavoro il compenso in natura tassato in capo al dipendente è però interamente deducibile ai fini delle imposte sui redditi, in quanto rientra tra le spese per le prestazioni di lavoro (ex art. 95 del TUIR).

Secondo quanto precisato in condizioni analoghe dalla C.M. 10 febbraio 1998, n. 48/E, infatti, “ferma restando l’assoggettabilità a tassazione in capo ai dipendenti di un importo determinato secondo il criterio del costo specifico (n.d.r. ora valore normale) …, l’impresa potrà far concorrere tale importo, ai fini della determinazione del reddito, quale spesa per prestazione di lavoro dipendente …, nei limiti delle spese da essa sostenute”.

Da ultimo, nel caso in cui il dipendente o il collaboratore sia stato autorizzato ad utilizzare il car sharing quale servizio di mobilità alternativa rispetto ai mezzi tradizionali (ad esempio il taxi) per una specifica trasferta:

  • le relative spese di trasporto sono deducibili dal reddito d’impresa ai sensi dell’art. 95, comma 3, TUIR in base al quale: “la spesa deducibile è limitata rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel”;
  • in capo al dipendente, l’eventualità è equiparata allo spostamento tramite vettore e, pertanto, si considerano “non imponibili” i relativi importi rimborsati, anche a fronte di viaggi interni al Comune (risoluzione n. 83/E/2016), sempreché́ tali spese siano rimborsate sulla base di idonea documentazione.

Riferimenti normativi: