Premessa
Per la prima volta, i Commercialisti si sono incontrati non per parlare dei problemi del Paese, bensì dei problemi della categoria. Una circostanza, questa, indicativa in sé della fase oltremodo difficile che sta attraversando la professione, mai sotto pressione come negli ultimi anni.
I commercialisti chiedono attenzione, sia da parte del pubblico che della politica, richiedendo inoltre al legislatore ed alla politica stessa di farsi carico della tutela e dello sviluppo della professione.
Quattro gli aspetti sintetizzati nel Manifesto, alla cui formazione ha partecipato non solo il Consiglio nazionale, posto che è stata richiesta la collaborazione di tutte le principali associazioni di categoria e degli ordini territoriali:
- Valorizzazione delle competenze, tramite il riconoscimento legale delle specializzazioni e la gestione tecnica degli Elenchi e dei Registri ordinistici;
- Riconoscimento del ruolo svolto, in particolare attraverso il riconoscimento del ruolo di “incaricato di pubblico servizio” e l’approvazione dell’“equo compenso” per quelle attività e funzioni che il professionista viene chiamato a svolgere in forza di uno specifico obbligo di legge;
- Sostegno ai processi di aggregazione professionale, da attuare applicando i regimi di favore fiscale anche a coloro che esercitano l’attività professionale nell’ambito di associazioni professionali e società tra professionisti e rimuovendo gli ostacoli attualmente esistenti all’utilizzo dello strumento delle società tra professionisti (STP);
- Intervento sistematico di semplificazione normativa.
“Con il Manifesto – ha sintetizzato il presidente Miani nel presentare il documento – chiediamo alla politica di prestare la dovuta attenzione al lavoro che i commercialisti svolgono quotidianamente nei confronti dei cittadini, delle imprese, delle Istituzioni e dell’intera comunità, a sostegno e a supporto dell’economia italiana e del sistema produttivo del Paese”.
Nonostante le migliori premesse, l’obiettivo della firma unitaria non è stato tuttavia raggiunto, e il Manifesto, presentato come documento del Consiglio Nazionale, continua a non trovare unanime condivisione.
Le reazioni al metodo
Abbiamo richiesto un parere sul Manifesto ad alcune delle principali associazioni di categoria ed al mondo professionale, lasciando ampia libertà di accentrare l’attenzione sulle tematiche ritenute, da ciascuno degli interpellati, di maggiore interesse.
Dalle prime reazioni raccolte emerge un quadro sostanzialmente omogeneo di approvazione sul fronte del metodo condiviso di formazione, adottato nella genesi del Manifesto. Non così allineati, invece, i pareri nel merito.
“AIDC, al pari delle altre associazioni sindacali, ha accolto l’invito di contribuire fattivamente alla formazione del Manifesto, dando fiducia al CN sull’inevitabile e necessaria attività di sintesi” – così Marco Rigamonti, dottore commercialista di Milano e Consigliere Nazionale Aidc.
Una fattiva collaborazione che trova conferma anche nelle parole di Daniele Virgillito, presidente UNGDCEC: “Siamo stati coinvolti sin da subito alla redazione del manifesto e abbiamo accolto con entusiasmo il progetto, certi che sarebbe stata un’opportunità per riflettere, al nostro interno, sull'identità che ci lega e su una possibile proiezione dei caratteri distintivi della professione del futuro”.
Accolto con favore il ‘metodo’ anche dalla Confederazione ADC-ANC, che tramite il Presidente ANC Marco Cuchel dichiara: “Il Manifesto della Professione ha avuto sicuramente il merito di ravvivare il dialogo e il confronto all’interno della categoria, anche con il coinvolgimento delle Associazioni sindacali alle quali è stato chiesto di dare il proprio contributo in termini di proposte e osservazioni.”
I pareri nel merito
Se la metodologia utilizzata per l’avvio del progetto vede, pertanto, tutti concordi, non così allineato è il parere espresso sul risultato finale.
“L’ANC ha risposto prontamente alla richiesta formulata dal CNDCEC e come Confederazione ADC-ANC è stato presentato un documento di proposte. Alcune delle nostre proposte hanno trovato accoglimento, altre, purtroppo, non sono state recepite – precisa Marco Cuchel - L’impressione è che il manifesto potesse essere maggiormente incisivo su molti punti e meglio articolato in alcuni suoi contenuti.”
AIDC accentra le proprie considerazioni sulla mancata sottoscrizione unitaria, con una dichiarazione netta ed incisiva: “La sottoscrizione da parte di tutte le componenti rappresentative della categoria, più che ad un fatto giuridico, corrispondeva alla necessità (anche mediatica) di offrire per una volta quella unità ‘esterna’ tanto evocata in questi giorni e sollecitata dalla politica stessa. Siamo stati, quindi, molto sorpresi che questo risultato non sia stato raggiunto”. Marco Rigamonti pone comunque un accento positivo sul fatto che l’attenzione prestata da parte del Consiglio Nazionale alle associazioni sindacali sia sensibilmente cresciuta, in particolare sulle tematiche legate alle modifiche del D.Lgs. n. 139/2005 e sulla formazione del Manifesto.
Propositivo il commento dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti contabili: “È sempre più evidente che, se da un lato, ci proponiamo come operatori ‘a tutela della Fede pubblica’ e propugnatori di una particolare Etica nella conduzione degli affari, dall'altro lato, una parte politica e della società contemporanea ci considera poco più che complici di evasori e truffatori – esordisce Daniele Virgillito. A nostro avviso, per riportare equilibro e recuperare autorevolezza, occorre riflettere sui fondamenti ideologici che realmente accomunano i 120.000 Professionisti ricompresi nell'Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.
Prosegue Virgillito: “Tra i Colleghi che ho incontrato nel corso della mia ormai decennale esperienza associativa, ho riconosciuto grandi intellettuali, liberi pensatori e uomini con una forte etica, rigore e senso dello Stato. Tuttavia, sempre più frequentemente mi è capitato anche d’imbattermi in alcuni attori della politica di categoria avvezzi a tenere in conto le proprie esigenze individuali molto di più di quelle degli altri. L’unica via per contrastare questi discutibili comportamenti è quella di creare e rinsaldare l’identità della nostra comunità, ricercando un ‘comune sentire’ basato su una progettualità diffusa e condivisa, a patto, ovviamente, che s’intenda realmente aggregare una Comunità e non semplicemente radunare una folla per mere finalità elettorali. Le polemiche che hanno fatto eco alla presentazione del manifesto ci sono parse capziose e poco concrete; dal canto nostro ci spenderemo attivamente affinché senso di appartenenza e di orgoglio possano riportare unità, autorevolezza e rispetto per la nostra categoria”.
Il nodo delle specializzazioni
Tra i temi che maggiormente hanno infiammato la categoria vi è quello delle specializzazioni. L’argomento, già oggetto di lunghe discussioni in fase preliminare, continua a costituire, per taluni, un nodo ancora da sciogliere.
ANC, oggi come nel passato, si trova in una posizione di dissenso rispetto a quella emersa dal documento finale degli Stati Generali: “C’è un tema in particolare rispetto al quale non condividiamo la linea espressa dal CNDCEC ed è quello delle specializzazioni – dichiara Cuchel. Non è certamente in discussione l’importanza dell’aggiornamento continuo e della formazione – prosegue - ciò che non condividiamo sono le specializzazioni così come sono state definite nel manifesto, le quali, a nostro avviso, non possono riguardare materie che appartengono già alla professionalità del commercialista e che allo stesso sono riconosciute dal decreto n. 139/2005 .
Precisa il Presidente ANC: “Le specializzazioni dovrebbero essere individuate al di fuori del perimetro delle competenze professionali sancite dall’ordinamento, diversamente non si aiuta la professione a crescere e a migliorarsi, ma si svilisce unicamente la professionalità degli iscritti all’Ordine. La ripartizione dell’Albo tra ‘competenze tecniche di base’ e ‘competenze tecniche avanzate’, così come è stata concepita, è inoltre una mortificazione della professionalità della categoria. Abbiamo chiesto al Consiglio Nazionale di rivedere la propria posizione sulle specializzazioni, fino ad oggi questo non è avvenuto, ma ci auguriamo che sull’argomento il confronto resti aperto e che si possa giungere ad una definizione nuova rispetto all’impostazione attuale – e conclude - Auspichiamo, inoltre, che si possa approfondire anche il punto sul professionista come ‘incaricato di pubblico servizio’ e relative responsabilità.”
Il dibattito, in conclusione, è ancora aperto.
Riferimenti:
Manifesto dei Commercialisti, le reazioni delle associazioni di categoria
a cura di Sandra Pennacini | 14 Maggio 2019
Considerazione e rispetto da parte di politica e cittadini, semplificazione fiscale, specializzazione professionale: sono questi i capisaldi del Manifesto dei Commercialisti, presentato durante gli Stati Generali della professione tenutisi il 9 maggio a Roma. Il documento vuole rappresentare la voce di una professione che chiede di veder riconosciuto l’importante ruolo ricoperto nello svolgere numerose attività a sostegno e a supporto del sistema produttivo del Paese. Quali le reazioni in merito al metodo di stesura ed al contenuto stesso del Manifesto?
MySolution ha posto la domanda ai rappresentanti di alcune delle principali associazioni di categoria, raccogliendo i primi riscontri.
Premessa
Per la prima volta, i Commercialisti si sono incontrati non per parlare dei problemi del Paese, bensì dei problemi della categoria. Una circostanza, questa, indicativa in sé della fase oltremodo difficile che sta attraversando la professione, mai sotto pressione come negli ultimi anni.
I commercialisti chiedono attenzione, sia da parte del pubblico che della politica, richiedendo inoltre al legislatore ed alla politica stessa di farsi carico della tutela e dello sviluppo della professione.
Quattro gli aspetti sintetizzati nel Manifesto, alla cui formazione ha partecipato non solo il Consiglio nazionale, posto che è stata richiesta la collaborazione di tutte le principali associazioni di categoria e degli ordini territoriali:
“Con il Manifesto – ha sintetizzato il presidente Miani nel presentare il documento – chiediamo alla politica di prestare la dovuta attenzione al lavoro che i commercialisti svolgono quotidianamente nei confronti dei cittadini, delle imprese, delle Istituzioni e dell’intera comunità, a sostegno e a supporto dell’economia italiana e del sistema produttivo del Paese”.
Nonostante le migliori premesse, l’obiettivo della firma unitaria non è stato tuttavia raggiunto, e il Manifesto, presentato come documento del Consiglio Nazionale, continua a non trovare unanime condivisione.
Le reazioni al metodo
Abbiamo richiesto un parere sul Manifesto ad alcune delle principali associazioni di categoria ed al mondo professionale, lasciando ampia libertà di accentrare l’attenzione sulle tematiche ritenute, da ciascuno degli interpellati, di maggiore interesse.
Dalle prime reazioni raccolte emerge un quadro sostanzialmente omogeneo di approvazione sul fronte del metodo condiviso di formazione, adottato nella genesi del Manifesto. Non così allineati, invece, i pareri nel merito.
“AIDC, al pari delle altre associazioni sindacali, ha accolto l’invito di contribuire fattivamente alla formazione del Manifesto, dando fiducia al CN sull’inevitabile e necessaria attività di sintesi” – così Marco Rigamonti, dottore commercialista di Milano e Consigliere Nazionale Aidc.
Una fattiva collaborazione che trova conferma anche nelle parole di Daniele Virgillito, presidente UNGDCEC: “Siamo stati coinvolti sin da subito alla redazione del manifesto e abbiamo accolto con entusiasmo il progetto, certi che sarebbe stata un’opportunità per riflettere, al nostro interno, sull'identità che ci lega e su una possibile proiezione dei caratteri distintivi della professione del futuro”.
Accolto con favore il ‘metodo’ anche dalla Confederazione ADC-ANC, che tramite il Presidente ANC Marco Cuchel dichiara: “Il Manifesto della Professione ha avuto sicuramente il merito di ravvivare il dialogo e il confronto all’interno della categoria, anche con il coinvolgimento delle Associazioni sindacali alle quali è stato chiesto di dare il proprio contributo in termini di proposte e osservazioni.”
I pareri nel merito
Se la metodologia utilizzata per l’avvio del progetto vede, pertanto, tutti concordi, non così allineato è il parere espresso sul risultato finale.
“L’ANC ha risposto prontamente alla richiesta formulata dal CNDCEC e come Confederazione ADC-ANC è stato presentato un documento di proposte. Alcune delle nostre proposte hanno trovato accoglimento, altre, purtroppo, non sono state recepite – precisa Marco Cuchel - L’impressione è che il manifesto potesse essere maggiormente incisivo su molti punti e meglio articolato in alcuni suoi contenuti.”
AIDC accentra le proprie considerazioni sulla mancata sottoscrizione unitaria, con una dichiarazione netta ed incisiva: “La sottoscrizione da parte di tutte le componenti rappresentative della categoria, più che ad un fatto giuridico, corrispondeva alla necessità (anche mediatica) di offrire per una volta quella unità ‘esterna’ tanto evocata in questi giorni e sollecitata dalla politica stessa. Siamo stati, quindi, molto sorpresi che questo risultato non sia stato raggiunto”. Marco Rigamonti pone comunque un accento positivo sul fatto che l’attenzione prestata da parte del Consiglio Nazionale alle associazioni sindacali sia sensibilmente cresciuta, in particolare sulle tematiche legate alle modifiche del D.Lgs. n. 139/2005 e sulla formazione del Manifesto.
Propositivo il commento dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti contabili: “È sempre più evidente che, se da un lato, ci proponiamo come operatori ‘a tutela della Fede pubblica’ e propugnatori di una particolare Etica nella conduzione degli affari, dall'altro lato, una parte politica e della società contemporanea ci considera poco più che complici di evasori e truffatori – esordisce Daniele Virgillito. A nostro avviso, per riportare equilibro e recuperare autorevolezza, occorre riflettere sui fondamenti ideologici che realmente accomunano i 120.000 Professionisti ricompresi nell'Albo dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.
Prosegue Virgillito: “Tra i Colleghi che ho incontrato nel corso della mia ormai decennale esperienza associativa, ho riconosciuto grandi intellettuali, liberi pensatori e uomini con una forte etica, rigore e senso dello Stato. Tuttavia, sempre più frequentemente mi è capitato anche d’imbattermi in alcuni attori della politica di categoria avvezzi a tenere in conto le proprie esigenze individuali molto di più di quelle degli altri. L’unica via per contrastare questi discutibili comportamenti è quella di creare e rinsaldare l’identità della nostra comunità, ricercando un ‘comune sentire’ basato su una progettualità diffusa e condivisa, a patto, ovviamente, che s’intenda realmente aggregare una Comunità e non semplicemente radunare una folla per mere finalità elettorali. Le polemiche che hanno fatto eco alla presentazione del manifesto ci sono parse capziose e poco concrete; dal canto nostro ci spenderemo attivamente affinché senso di appartenenza e di orgoglio possano riportare unità, autorevolezza e rispetto per la nostra categoria”.
Il nodo delle specializzazioni
Tra i temi che maggiormente hanno infiammato la categoria vi è quello delle specializzazioni. L’argomento, già oggetto di lunghe discussioni in fase preliminare, continua a costituire, per taluni, un nodo ancora da sciogliere.
ANC, oggi come nel passato, si trova in una posizione di dissenso rispetto a quella emersa dal documento finale degli Stati Generali: “C’è un tema in particolare rispetto al quale non condividiamo la linea espressa dal CNDCEC ed è quello delle specializzazioni – dichiara Cuchel. Non è certamente in discussione l’importanza dell’aggiornamento continuo e della formazione – prosegue - ciò che non condividiamo sono le specializzazioni così come sono state definite nel manifesto, le quali, a nostro avviso, non possono riguardare materie che appartengono già alla professionalità del commercialista e che allo stesso sono riconosciute dal decreto n. 139/2005 .
Precisa il Presidente ANC: “Le specializzazioni dovrebbero essere individuate al di fuori del perimetro delle competenze professionali sancite dall’ordinamento, diversamente non si aiuta la professione a crescere e a migliorarsi, ma si svilisce unicamente la professionalità degli iscritti all’Ordine. La ripartizione dell’Albo tra ‘competenze tecniche di base’ e ‘competenze tecniche avanzate’, così come è stata concepita, è inoltre una mortificazione della professionalità della categoria. Abbiamo chiesto al Consiglio Nazionale di rivedere la propria posizione sulle specializzazioni, fino ad oggi questo non è avvenuto, ma ci auguriamo che sull’argomento il confronto resti aperto e che si possa giungere ad una definizione nuova rispetto all’impostazione attuale – e conclude - Auspichiamo, inoltre, che si possa approfondire anche il punto sul professionista come ‘incaricato di pubblico servizio’ e relative responsabilità.”
Il dibattito, in conclusione, è ancora aperto.
Riferimenti: