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PROCEDURE CONCORSUALI
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Riforma degli istituti concorsuali: concordato minore e concordato preventivo

di Francesco Falcone - AIDC Taranto, Milena Daverio - AIDC Milano | 6 Febbraio 2019
Riforma degli istituti concorsuali: concordato minore e concordato preventivo

Prosegue la disamina delle novità introdotte dalla disciplina organica delle procedure concorsuali per effetto della riforma Rordorf e delle sue nuove modifiche approvate il 10 gennaio 2019. In particolare, si affronterà il tema delle procedure di concordato che subiscono consistenti rivisitazioni nella prospettiva di favorire la continuità aziendale. Resta questo, infatti, il perno centrale di tutto l’impianto normativo, creando non poche complicazioni rispetto al passato, al punto che il concordato con finalità liquidatorie diventa addirittura una fattispecie residuale con forti limiti di accesso.

Il concordato minore

Il concordato minore è una procedura di composizione concordata della crisi prevista per i professionisti, imprenditori minori ed agricoli, nonché start-up innovative. La procedura ricalca l’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento già prevista dalla Legge n. 3/2012.

Obiettivo della procedura è quello di consentire al piccolo imprenditore di ridurre la propria posizione debitoria, proseguendo l’attività imprenditoriale o professionale svolta. Condizione necessaria affinché la proposta possa essere presa in considerazione è l’apporto di risorse esterne, le quali possano garantire la continuazione dell’attività e il soddisfacimento dei creditori in misura superiore rispetto a quanto si otterrebbe tramite la mera liquidazione.

 

Il ruolo dell’OCC

L’iniziativa nel concordato minore proviene dal debitore, il quale si rivolge all’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) istituito presso il Tribunale competente. Viene, quindi, redatta la domanda di accesso al concordato minore, la quale è presentata al Tribunale dal debitore con il supporto dell’OCC. La domanda è corredata da una relazione particolareggiata dell’OCC che indichi le cause dell’indebitamento, la diligenza impiegata dal debitore e le ragioni della sua incapacità ad adempiere. La relazione illustra, inoltre, la proposta e le ragioni della sua convenienza.

Vista la particolarità della procedura, l’OCC riveste non più il ruolo del commissario giudiziale o del liquidatore, bensì del professionista che coadiuva il debitore nella presentazione del piano e del professionista indipendente che lo attesta. È a cura dell’OCC, inoltre, la notifica dell’avvenuto deposito della domanda agli uffici fiscali ed all’agente della riscossione, affinché possano comunicare il proprio debito nei confronti del debitore.

 

Il procedimento

Se la domanda è ammissibile, il giudice dichiara aperta la procedura con apposito decreto. Previa apposita istanza del debitore, il giudice può disporre che da quel momento non possano iniziare o essere proseguite azioni esecutive individuali.

Sarà cura dell’OCC informare tutti i creditori del contenuto della proposta e dell’avvenuta emissione del decreto.

Ai creditori sono concessi 30 giorni di tempo per far pervenire all’OCC la dichiarazione di adesione o mancata adesione alla proposta, per cui è prevista la regola del silenzio assenso.

 Il concordato minore è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto, senza considerare i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca.

Il tribunale, dopo aver verificato la fattibilità del piano e il raggiungimento della maggioranza richiesta, omologa il concordato con sentenza. In caso di contestazioni del piano da parte dei creditori, l’omologa è possibile solo laddove il tribunale ritenga che il piano garantisca un soddisfacimento dei creditori comunque superiore a quello che otterrebbero in caso di liquidazione dei beni.

Se il tribunale rigetta la domanda di omologazione, il debitore, previa presentazione di apposita istanza, viene ammesso alla procedura di liquidazione controllata, di cui si tratterà meglio in un intervento successivo.

 

L’esecuzione del piano

L’esecuzione del piano spetta al debitore, sotto il controllo dell’OCC. È compito dell’OCC sottoporre al giudice eventuali difficoltà sorte durante l’esecuzione, laddove ritenga opportuno un suo intervento.

Terminata l’esecuzione, l’OCC presenta al giudice il rendiconto, il quale può approvarlo, dichiarando chiusa la procedura. In tal caso il debitore ottiene l’esdebitazione, ovvero la cancellazione di tutti i debiti residui. Se il giudice ritiene che il piano non sia stato correttamente eseguito, fissa un termine per il completamento. Se il debitore non adempie, così come se il piano fosse diventato nel frattempo inattuabile, il giudice dichiara risolto il concordato. In caso di risoluzione, il debitore può chiedere l’ammissione alla procedura di liquidazione controllata.

 

Il concordato preventivo nella riforma Rordorf

Nella riforma approvata il 10 gennaio 2019 il concordato preventivo viene strutturato chiaramente come un istituto scisso secondo due finalità:

  • continuità aziendale;
  • liquidazione.

La norma contenuta a partire dall’articolo 85 del testo di riforma tende a favorire l’aspetto della continuità aziendale, dettando questa volta un minimo di criteri secondo cui la continuità si dovrà declinare una volta che la crisi sarà stata superata. Il concetto di continuità andrà considerato in senso oggettivo con solo riferimento al complesso aziendale, non rilevando quale imprenditore si incaricherà di procedere alla gestione sul mercato. Varranno di conseguenza tutti i fenomeni traslativi del possesso, dalla cessione all’affitto o all’usufrutto anche se antecedenti al deposito del ricorso di ammissione della procedura e fino al caso del conferimento in altra società anche neo costituita.

 Nel concordato in continuità è consentito cedere rami o parti dell’azienda che non si considerino funzionali alla prosecuzione, ma tale processo non potrà essere svolto in via elusiva rispetto alla formula del concordato con liquidazione. E cioè per evitare che la continuità sia posta in essere solo figurativamente, l’imprenditore dovrà dimostrare che i flussi di cassa attesi per i successivi due anni dalla ricezione del complesso aziendale siano generati da almeno la metà della forza lavoro in essere alla data del deposito del ricorso.

Tra i proventi della continuità sono ricompresi anche quelli relativi alla cessione del magazzino che sarà di conseguenza consentita e non considerata quale forma elusiva della liquidazione del patrimonio.

Resta ferma, tuttavia, la condizione in ogni caso che l’imprenditore debba dimostrare ai creditori l’utilità che questi ne trarranno dalla continuità d’impresa per esempio attraverso la continuazione o rinnovazione dei rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa.

L’accesso al concordato con finalità liquidatorie viene di fatto penalizzato dalla nuova procedura.

Sarà possibile aderirvi solo nella ipotesi in cui si garantiscano risorse aggiuntive rispetto a quelle messe a disposizione dal patrimonio del debitore ed almeno nella misura superiore al 10% di esso. In ogni caso i crediti chirografari andranno assolti nella misura minima del 20%.

In assenza di queste condizioni la procedura non sarà ammissibile e si dovrà ricorrere all’istituto della liquidazione giudiziale (ex fallimento).

 

Accesso alla procedura

Poco cambia rispetto al passato in termini di accesso alla procedura.

La proposta dovrà essere accompagnata da un piano che indichi:

  1. ragioni della crisi o dell’insolvenza (le due condizioni possono differire);
  2. illustrazione delle strategie di intervento e tempistica di riequilibrio in caso di concordato in continuità;
  3. indicazione di eventuali apporti di finanza;
  4. indicazione della presenza di azioni recuperatorie o risarcitorie che potranno essere esercitate, anche solo dal curatore in caso di successiva liquidazione, con indicazione della reale possibilità di recuperabilità delle somme; tanto al fine di fornire dati certi ai creditori che si esprimeranno con il voto;
  5. indicazione dei tempi in cui il piano si realizzerà e delle strategie alternative che potranno essere messe in atto in caso le precedenti non siano realizzabili per qualsiasi motivo;
  6. indicazione circa la convenienza alla maggiore soddisfazione del creditore con il concordato in continuità o liquidatorio rispetto alla alternativa della liquidazione giudiziale (ex fallimento);
  7. indicazione del quadro complessivo dei costi e dei ricavi attesi nella prosecuzione della attività.

Il piano andrà corredato da una attestazione redatta da un professionista incaricato che certifichi la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano e, nel caso della continuità, la maggiore funzionalità rispetto alla ipotesi liquidatoria.

 

Proposte concorrenti, offerte concorrenti ed esecuzione del concordato

I creditori che rappresentino almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata per gli effetti della votazione, potranno proporre alternative concorrenti al piano. La indicazione normativa ha la finalità di stimolare la competitività nell’ambito della procedura ed individuare nuove e migliori fonti di finanziamento all’interno della stessa.

È previsto, inoltre, nella ipotesi in cui nel piano si contempli la liquidazione o anche l’affitto del complesso aziendale o di una parte di esso per effetto della presenza di una offerta irrevocabile da parte di terzi, che venga data notizia di tale condizione nell’ambito della procedura di modo da consentire l’apertura di una gara i cui gli adempimenti saranno a cura del Commissario Giudiziale secondo le indicazioni fornite dall’articolo 91 del testo di riforma.

Non si segnalano novità significative sulla nomina e sul ruolo del Commissario Giudiziale e sull’intero iter della procedura almeno sino alla parte relativa alla procedura di voto.

L’adunanza dei creditori è soppressa e sostituita da una procedura di voto in via telematica. Almeno 15 giorni prima dalla data fissata per l’espressione del voto il Commissario Giudiziale avrà il compito di relazionare ai creditori la proposta per intero e tutte le variazioni o offerte intervenute nonché l’elenco dei creditori ammessi alla espressione del voto e l’ammontare del proprio credito. Venuta meno l’adunanza, il contraddittorio si instaurerà direttamente tra creditori e Commissario Giudiziale.

Ai fini della approvazione della proposta le maggioranze richieste saranno le seguenti:

  • la maggioranza semplice dei crediti ammessi al voto;
  • nell’ipotesi in cui un solo creditore superi in termini di valore l’intera maggioranza da sé, il voto va integrato con una maggioranza per teste;
  • nella ipotesi di suddivisione dei crediti per classi, la maggioranza va integrata attraverso l’approvazione anche nel maggior numero di classi;
  • nella ipotesi della presenza di più proposte concorrenti verrà accolta quella che ha raggiunto la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto;
  • i creditori muniti di garanzia, pegno ipoteca o privilegio sono esclusi dal voto se il concordato ne prevede il totale soddisfacimento a meno di una loro autonoma rinuncia anche parziale al diritto di prelazione.

Sono, infine, previste altre esclusioni dettate dai rapporti di parentela con il debitore o condizioni di conflitto di interessi.

 

 Riferimenti normativi:

 

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