Premessa
L’articolo 1, commi da 9 a 11, della Legge di Bilancio 2019 (L. 30 dicembre 2018, n. 145) ha ridefinito l’ambito di applicazione del regime forfetario disciplinato dalla Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (articolo 1, commi da 54 a 89).
Il principale elemento di novità è rappresentato dall’introduzione di una soglia unica di ricavi e compensi per avvalersi del regime. Dal 1° gennaio 2019, infatti, per accedere al forfait i ricavi e i compensi derivanti dall’attività d’impresa o di lavoro autonomo non devono superare, nell’anno precedente, 65.000 euro.
Le altre novità riguardano:
- la cancellazione dei limiti relativi alle spese per il personale dipendente o assimilato (5.000 euro) e per i beni strumentali (20.000 euro);
- l’eliminazione della causa di inapplicabilità del regime da parte dei percettori di redditi di lavoro dipendente e assimilato per un ammontare superiore a 30.000 euro;
- la riformulazione delle cause ostative connesse alla detenzione di partecipazioni e allo svolgimento dell’attività nei confronti di precedenti datori di lavoro.
Ripercorrendo brevemente i principali aspetti che connotano il regime forfetario, va ricordato che si tratta di un sistema di tassazione che si caratterizza per la determinazione forfetaria del reddito, su cui si applica un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP.
La base imponibile si determina applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti lo specifico coefficiente di redditività corrispondente all’attività svolta (cfr. Allegato 4 annesso alla Legge 190/2014 sostituito dall’articolo 1 comma 10 della L. 145/2018), diversificato in base al codice ATECO 2007. Sul reddito imponibile così definito si applica l’imposta sostitutiva, con aliquota pari al 15%, nella misura ordinaria, e al 5% per i primi cinque periodi d’imposta per le “nuove attività”.
Ai fini IVA la normativa prevede che i contribuenti forfetari non addebitino l’imposta nelle fatture emesse. È quindi previsto l’esonero dagli obblighi di liquidazione e versamento del tributo (salvo nei casi in cui risultino debitori di imposta), dagli adempimenti dichiarativi e di registrazione, dalla presentazione della dichiarazione IVA e delle comunicazioni periodiche, nonché dalla fatturazione elettronica.
Per i forfettari restano, comunque, gli obblighi di numerazione delle fatture di acquisto, delle bollette doganali, della certificazioni dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti.
Nessun vincolo temporale per il passaggio al forfait nel 2019
Nell’istituire il regime forfetario, la Legge n. 190/2014 (articolo 1, commi 85 e 86) ha disposto l’abrogazione di tutti i restanti regimi agevolativi previgenti:
- regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (c.d. “regime dei minimi”) (art. 27, commi 1 e 2 , D.L. 6 luglio 2011, n. 98);
- regime delle nuove iniziative imprenditoriali e di lavoro autonomo (art. 13, Legge 23 dicembre 2000, n. 388);
- regime contabile agevolato per gli “ex minimi” (art. 27, comma 3 , D.L. 6 luglio 2011, n. 98).
La norma aveva previsto una serie di disposizioni finalizzate a coordinare la transizione dai previgenti regimi agevolati. In particolare, era previsto che i soggetti che avessero applicato al 31 dicembre 2014 il regime di vantaggio, nonostante l’abrogazione delle norme istitutive, avrebbero potuto continuare ad avvalersene fino a scadenza naturale.
In seguito il D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, art. 10 comma 12-undecies, ha prorogato le disposizioni relative al regime fiscale dei contribuenti minimi per il 2015.
Sul punto è anche intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 4 aprile 2016, n. 10/E, secondo cui i contribuenti che applicano il regime fiscale di vantaggio avevano due possibilità:
- continuare ad avvalersene fino alla naturale scadenza, e quindi trascorsi cinque anni dall’avvio dell’attività, con la possibilità di proseguire fino al compimento del 35° anno di età;
- transitare nel regime forfetario beneficiando, inoltre, dell’aliquota ridotta del 5 per cento per gli anni che residuano fino al compimento del quinquennio.
Quest’ultimo aspetto è stato ulteriormente approfondito da parte dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 72, pubblicata il 20 novembre 2018, nella quale l’istante, che si era avvalso del regime fiscale di vantaggio nell’anno 2014, aveva chiesto il parere dell’Amministrazione finanziaria in merito al passaggio al regime forfetario per il periodo d’imposta 2018 e alla possibilità di applicare l’aliquota ridotta del 5 per cento prevista per i primi cinque anni di inizio dell’attività, non essendo ancora decorso tale arco temporale.
L’Agenzia delle Entrate, facendo riferimento alla Circolare n. 67/E del 23 luglio 2015 , ha ricordato che, fino al 31 dicembre 2014,il regime fiscale di vantaggio era il regime naturale per quei contribuenti aventi i requisiti richiesti dalla relativa disciplina, e, quindi, l’accesso non richiedeva particolari adempimenti.
Pertanto, coloro che hanno scelto di rimanere nel regime di vantaggio anche negli anni successivi non sono soggetti al vincolo di permanenza triennale, che invece ricorre nel caso di opzione per un regime d’imposta diverso da quello naturale.
Il regime di vantaggio è diventato opzionale, e quindi vincolante per un triennio, solo per quei contribuenti che hanno iniziato l’attività nel 2015 e che, in forza della proroga sancita dal citato D.L. n. 192/2014, hanno deciso di avvalersene.
Per i contribuenti che hanno iniziato l’attività nell’anno 2015, tuttavia, il periodo minimo di permanenza nel regime si è esaurito il 31 dicembre 2017. Da ciò ne consegue che, anche per tali soggetti, non sussistono condizioni ostative al passaggio, nell’anno 2019, dal regime fiscale di vantaggio al forfetario.
Valutazioni di convenienza
Accertata l’insussistenza di vincoli al transito dal regime dei minimi al forfettario a partire dal periodo d’imposta 2019, le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2019 pongono i soggetti che hanno continuano ad avvalersi del regime fiscale di vantaggio fino al 2018 nelle condizioni di valutare l’opportunità di abbandonare tale regime.
I due regimi si differenziano per alcuni aspetti sostanziali:
- nel regime dei minimi la soglia di ricavi/compensi da non superare ammonta a 30.000 euro, a fronte dei 65.000 euro previsti nel forfetario;
- nel regime dei minimi non era consentito avere collaboratori o dipendenti mentre nel forfetario tale preclusione non sussiste;
- il costo dei beni strumentali al lordo degli ammortamenti nel vecchio regime dei minimi non deve superare i 15.000 euro nel triennio, mentre nel forfetario il limite inizialmente fissato a 20.000 euro è stato cancellato dalla Legge di Bilancio 2019;
- la durata del regime dei minimi è pari a cinque periodi d’imposta, a meno che il contribuente non abbia ancora compiuto 35 anni (nel qual caso è possibile continuare ad avvalersene fino al periodo d’imposta in cui si verifica tale evento), mentre il regime forfetario non prevede una scadenza se sono rispettate le condizioni di applicazione;
- il regime dei minimi è compatibile con lo svolgimento di attività di lavoro dipendente o la titolarità di un rapporto pensionistico, mentre non possono avvalersi del regime forfetario coloro che svolgono l’attività autonoma, prevalentemente, nei confronti di datori di lavoro, o soggetti direttamente o indirettamente ad essi riconducibili, con i quali sono in corso rapporti di lavoro, oppure erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta.
- l’applicazione del regime dei minimi è incompatibile con la contestuale partecipazione a società di persone, associazioni oppure Srl in regime di trasparenza, mentre dal 1° gennaio 2019 non possono avvalersi del regime forfetario i soggetti che, contemporaneamente all’attività, possiedono una partecipazione in società di persone, associazioni professionali o imprese familiari, oppure controllino, direttamente o indirettamente, Srl o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni.
Sul piano contributivo, per i soggetti che applicano il regime forfetario, la base imponibile è costituita dal reddito determinato ai fini fiscali, con la sola eccezione dei soggetti iscritti alla Gestione artigiani e commercianti INPS i quali, presentando un’apposita comunicazione, possono optare per la riduzione del 35% della contribuzione ordinaria. Nel regime dei minimi la base imponibile ai fini contributivi coincide sempre con il reddito determinato ai fini fiscali.
Un elemento che può risultare dirimente nella valutazione di convenienza attiene alle diverse modalità di determinazione del reddito da assoggettare a imposta sostitutiva che caratterizzano i due regimi. Mentre nel regime forfetario, infatti, la base imponibile si determina applicando all’ammontare dei ricavi/compensi gli specifici coefficienti diversificati in funzione del codice ATECO 2007 che contraddistingue l’attività svolta, nel regime di vantaggio la base imponibile è determinata per differenza analitica tra ricavi/compensi e costi inerenti l’attività.
Considerando, ad esempio, il caso di un avvocato che nel 2019 percepisse compensi per 30.000 euro, la base imponibile nel regime forfetario ammonterebbe a 23.400 euro (30.000 moltiplicato per il coefficiente di redditività del 78%), con un riconoscimento di costi forfetari pari (per differenza) a 6.600 euro. Qualora i costi stimati per il 2019 dovessero risultare significativamente maggiori rispetto alla predetta soglia potrebbe quindi essere conveniente proseguire, al ricorrere delle condizioni normative previste, nell’applicazione del regime fiscale di vantaggio.

Riferimenti normativi:
Passaggio dal regime dei minimi al forfetario senza ostacoli nel 2019
di Giovanni Petruzzellis | 24 Gennaio 2019
L’estensione a 65.000 euro della soglia di ricavi e compensi, prevista dalla Legge di Bilancio 2019, allarga in misura significativa la platea dei soggetti potenzialmente interessati al transito nel regime forfetario. La questione riguarda anche numerosi contribuenti che hanno avviato l’attività adottando il regime fiscale di vantaggio i quali, a fronte di prospettive di incasso crescenti, potrebbero valutarne l’applicazione anticipata. A tal fine risultano dirimenti le considerazioni sugli effetti del passaggio da un sistema di determinazione dei costi su base analitica ad uno fondato sui coefficienti di redditività, nonché sulla possibilità di continuare a beneficiare dell’aliquota ridotta del 5% prevista per le nuove attività.
Premessa
L’articolo 1, commi da 9 a 11, della Legge di Bilancio 2019 (L. 30 dicembre 2018, n. 145) ha ridefinito l’ambito di applicazione del regime forfetario disciplinato dalla Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (articolo 1, commi da 54 a 89).
Il principale elemento di novità è rappresentato dall’introduzione di una soglia unica di ricavi e compensi per avvalersi del regime. Dal 1° gennaio 2019, infatti, per accedere al forfait i ricavi e i compensi derivanti dall’attività d’impresa o di lavoro autonomo non devono superare, nell’anno precedente, 65.000 euro.
Le altre novità riguardano:
Ripercorrendo brevemente i principali aspetti che connotano il regime forfetario, va ricordato che si tratta di un sistema di tassazione che si caratterizza per la determinazione forfetaria del reddito, su cui si applica un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP.
La base imponibile si determina applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti lo specifico coefficiente di redditività corrispondente all’attività svolta (cfr. Allegato 4 annesso alla Legge 190/2014 sostituito dall’articolo 1 comma 10 della L. 145/2018), diversificato in base al codice ATECO 2007. Sul reddito imponibile così definito si applica l’imposta sostitutiva, con aliquota pari al 15%, nella misura ordinaria, e al 5% per i primi cinque periodi d’imposta per le “nuove attività”.
Ai fini IVA la normativa prevede che i contribuenti forfetari non addebitino l’imposta nelle fatture emesse. È quindi previsto l’esonero dagli obblighi di liquidazione e versamento del tributo (salvo nei casi in cui risultino debitori di imposta), dagli adempimenti dichiarativi e di registrazione, dalla presentazione della dichiarazione IVA e delle comunicazioni periodiche, nonché dalla fatturazione elettronica.
Per i forfettari restano, comunque, gli obblighi di numerazione delle fatture di acquisto, delle bollette doganali, della certificazioni dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti.
Nessun vincolo temporale per il passaggio al forfait nel 2019
Nell’istituire il regime forfetario, la Legge n. 190/2014 (articolo 1, commi 85 e 86) ha disposto l’abrogazione di tutti i restanti regimi agevolativi previgenti:
La norma aveva previsto una serie di disposizioni finalizzate a coordinare la transizione dai previgenti regimi agevolati. In particolare, era previsto che i soggetti che avessero applicato al 31 dicembre 2014 il regime di vantaggio, nonostante l’abrogazione delle norme istitutive, avrebbero potuto continuare ad avvalersene fino a scadenza naturale.
In seguito il D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, art. 10 comma 12-undecies, ha prorogato le disposizioni relative al regime fiscale dei contribuenti minimi per il 2015.
Sul punto è anche intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 4 aprile 2016, n. 10/E, secondo cui i contribuenti che applicano il regime fiscale di vantaggio avevano due possibilità:
Quest’ultimo aspetto è stato ulteriormente approfondito da parte dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta n. 72, pubblicata il 20 novembre 2018, nella quale l’istante, che si era avvalso del regime fiscale di vantaggio nell’anno 2014, aveva chiesto il parere dell’Amministrazione finanziaria in merito al passaggio al regime forfetario per il periodo d’imposta 2018 e alla possibilità di applicare l’aliquota ridotta del 5 per cento prevista per i primi cinque anni di inizio dell’attività, non essendo ancora decorso tale arco temporale.
L’Agenzia delle Entrate, facendo riferimento alla Circolare n. 67/E del 23 luglio 2015 , ha ricordato che, fino al 31 dicembre 2014,il regime fiscale di vantaggio era il regime naturale per quei contribuenti aventi i requisiti richiesti dalla relativa disciplina, e, quindi, l’accesso non richiedeva particolari adempimenti.
Pertanto, coloro che hanno scelto di rimanere nel regime di vantaggio anche negli anni successivi non sono soggetti al vincolo di permanenza triennale, che invece ricorre nel caso di opzione per un regime d’imposta diverso da quello naturale.
Il regime di vantaggio è diventato opzionale, e quindi vincolante per un triennio, solo per quei contribuenti che hanno iniziato l’attività nel 2015 e che, in forza della proroga sancita dal citato D.L. n. 192/2014, hanno deciso di avvalersene.
Per i contribuenti che hanno iniziato l’attività nell’anno 2015, tuttavia, il periodo minimo di permanenza nel regime si è esaurito il 31 dicembre 2017. Da ciò ne consegue che, anche per tali soggetti, non sussistono condizioni ostative al passaggio, nell’anno 2019, dal regime fiscale di vantaggio al forfetario.
Valutazioni di convenienza
Accertata l’insussistenza di vincoli al transito dal regime dei minimi al forfettario a partire dal periodo d’imposta 2019, le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2019 pongono i soggetti che hanno continuano ad avvalersi del regime fiscale di vantaggio fino al 2018 nelle condizioni di valutare l’opportunità di abbandonare tale regime.
I due regimi si differenziano per alcuni aspetti sostanziali:
Sul piano contributivo, per i soggetti che applicano il regime forfetario, la base imponibile è costituita dal reddito determinato ai fini fiscali, con la sola eccezione dei soggetti iscritti alla Gestione artigiani e commercianti INPS i quali, presentando un’apposita comunicazione, possono optare per la riduzione del 35% della contribuzione ordinaria. Nel regime dei minimi la base imponibile ai fini contributivi coincide sempre con il reddito determinato ai fini fiscali.
Un elemento che può risultare dirimente nella valutazione di convenienza attiene alle diverse modalità di determinazione del reddito da assoggettare a imposta sostitutiva che caratterizzano i due regimi. Mentre nel regime forfetario, infatti, la base imponibile si determina applicando all’ammontare dei ricavi/compensi gli specifici coefficienti diversificati in funzione del codice ATECO 2007 che contraddistingue l’attività svolta, nel regime di vantaggio la base imponibile è determinata per differenza analitica tra ricavi/compensi e costi inerenti l’attività.
Considerando, ad esempio, il caso di un avvocato che nel 2019 percepisse compensi per 30.000 euro, la base imponibile nel regime forfetario ammonterebbe a 23.400 euro (30.000 moltiplicato per il coefficiente di redditività del 78%), con un riconoscimento di costi forfetari pari (per differenza) a 6.600 euro. Qualora i costi stimati per il 2019 dovessero risultare significativamente maggiori rispetto alla predetta soglia potrebbe quindi essere conveniente proseguire, al ricorrere delle condizioni normative previste, nell’applicazione del regime fiscale di vantaggio.
Riferimenti normativi:
Sullo stesso argomento:Regime dei minimiRegime forfetario
Quali sono le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2019 riguardo all'ambito di applicazione del regime forfetario?
La Legge di Bilancio 2019 ha ridefinito l’ambito di applicazione del regime forfetario, introducendo una soglia unica di ricavi e compensi per accedervi, pari a 65.000 euro nei dodici mesi precedenti.
Cosa prevede il regime forfetario in termini di tassazione del reddito?
Il regime forfetario prevede una determinazione forfetaria del reddito, su cui si applica un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP. La base imponibile si determina applicando specifici coefficienti di redditività diversificati in base al codice ATECO 2007.
Quali sono le principali differenze tra il regime dei minimi e il regime forfetario?
Le principali differenze tra il regime dei minimi e il regime forfetario riguardano la soglia di ricavi/compensi (30.000 euro nel regime dei minimi e 65.000 euro nel forfetario), la possibilità di avere collaboratori o dipendenti (non consentita nel regime dei minimi ma consentita nel forfetario), i limiti sul costo dei beni strumentali (15.000 euro nel regime dei minimi e 20.000 euro inizialmente nel forfetario, rimosso successivamente), la durata del regime (cinque periodi d’imposta nel regime dei minimi e senza scadenza nel forfetario), e la compatibilità con altre attività economiche.
Quali sono le valutazioni di convenienza da effettuare per i soggetti che hanno continuato ad avvalersi del regime fiscale di vantaggio fino al 2018?
I soggetti che hanno continuato ad avvalersi del regime fiscale di vantaggio fino al 2018 devono valutare l'opportunità di abbandonare tale regime, considerando le differenze sostanziali tra questo regime e il regime forfetario, specialmente in relazione alla determinazione del reddito e agli aspetti contributivi.
Quali sono i riferimenti normativi relativi alle novità introdotte dal regime forfetario?
I riferimenti normativi relativi alle novità introdotte dal regime forfetario sono la Legge 30 dicembre 2018, n. 145, articoli 1, commi da 9 a 11 e da 17 a 22, la Legge 23 dicembre 2014, n. 190, articolo 1, comma 54 e seguenti, e la Circolare 4 aprile 2016, n. 10/E dell'Agenzia delle Entrate.