Premessa
L’accertamento mediante gli studi di settore si configura come analitico-induttivo e, in quanto tale, è sottoposto alle limitazioni e condizioni ex articolo 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973, nonché dell’articolo 54 del D.P.R. n. 633/1972. Ciò equivale a dire che l’Ufficio, prima di procedere con l’applicazione degli studi di settore, ha l’onere di verificare la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti tali da far presumere un maggior reddito non dichiarato.
Ma cosa significa indizi gravi, precisi e concordanti? La giurisprudenza stessa ha così precisato:
- “gravi” sono gli elementi presuntivi oggettivamente e intrinsecamente consistenti e, come tali, resistenti, alle possibili obiezioni;
- “precisi” sono quelli dotati di specificità e concretezza e non suscettibili di diversa, altrettanto o più verosimile interpretazione;
- “concordanti”, infine, sono quelli che richiedono che il fatto principale ignoto sia di regola desunto da una pluralità di fatti secondari gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza. (Corte di Cassazione, Sentenza n. 3326, depositata l'11 febbraio 2011 ).
Quanto all’utilizzo degli indizi, si è affermato che la gravità, precisione e concordanza, richiesti dalla legge, debba desumersi dalla valutazione complessiva dei medesimi, in un giudizio globale, ancorché preceduto dall’esame di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. Civ., Sent. n. 12002/2017; Cass. Civ., Ord. n. 5374/2017).
Trattasi di presunzioni semplici che corrispondono alla fattispecie disciplinata dall’articolo 2729 codice civile, a norma del quale «Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti».
La presunzione consiste in un ragionamento di tipo sillogistico: si parte dal fatto secondario (premessa minore) e da esso si risale, attraverso l’utilizzo delle regole d’esperienza (premessa maggiore), alla conoscenza del fatto da provare (c.d. fatto principale).
Il giudice, perciò, deve compiere una doppia valutazione, atteso che, in primo luogo, deve valutare l’attendibilità del fatto secondario (indizio) fornito dalle prove (valutazione corrispondente a quella da compiere nel caso di prova diretta), successivamente deve verificare se è possibile, in virtù di una regola d’esperienza, compiere una deduzione dal fatto secondario noto al fatto principale ignoto.
Il caso
L’Agenzia delle Entrate notificava ad una S.r.l. avviso di accertamento ai fini IRPEG, IVA, IRAP e IRPEF per l’anno 2003, a mezzo del quale contestava l’omessa contabilizzazione di corrispettivi e l’illegittima detrazione di costi. L’Amministrazione finanziaria fondava la propria pretesa sul ricalcolo dei ricavi in base ad una percentuale di ricarico indicata negli studi di settore, con conseguente rideterminazione del reddito.
La società impugnava l’avviso di accertamento, ma si vedeva rigettare il ricorso tanto in primo quanto in secondo grado.
In particolare, eccepiva l’illegittimo utilizzo dell’Ufficio delle percentuali degli studi di settore atteso che, queste, contrastavano con la situazione effettiva della società che, comunque, presentava una contabilità regolare.
La CTR, nel rigettare l’appello, riteneva che dalla disamina delle scritture contabili (il basso utile a fronte di importanti ricavi), era evidente che vi fossero attività non dichiarate che implicavano l’inattendibilità delle risultanze.
La contribuente, proponeva, dunque, ricorso in Cassazione, affidando le proprie ragioni a diversi motivi.
Tuttavia gli Ermellini ritenevano rilevanti ai fini del decisum i primi due a mezzo dei quali venivano sollevate:
- violazione e falsa applicazione dell’articolo 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 600/1973 e degli articoli 2727 e 2729 del codice civile, atteso che la CTR avrebbe dovuto valutare la regolarità delle scritture contabili e rapportarla alla concreta realtà storica in cui la società operava, di guisa che non poteva applicarsi la percentuale di ricarico prevista dagli studi di settore;
- violazione e falsa applicazione degli articoli 39 e 40 del D.P.R. n. 600/1973 e dell’articolo 54 del D.P.R. n. 633/1972, in virtù del fatto che l’Ufficio avesse determinato il reddito in maniera induttiva sulla base di presunzioni semplici, senza “cercare in concreto alcun riscontro probatorio del risultato così determinato: nell’avviso di accertamento vi era un espresso riferimento agli studi di settore per il 2003 e in seguito alla constatazione che dagli studi di settore SM21F applicati all’impresa risultava un indice di ricarico non coerente con quelli previsti dal modello GERICO”. Procedeva ad un ricalcolo del reddito di impresa, applicando le percentuali previste da quel settore.
La Suprema Corte ritiene che tali motivi siano fondati.
Riportandosi alle pronunce n. 27488/13 e n. 26388/13, evidenzia come, laddove ci siano delle scritture contabili formalmente corrette, non è sufficiente, ai fini dell’accertamento di un maggior reddito d’impresa, la sola applicazione di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza. Occorre, invece, che risultino altri elementi, quale “l’abnormità e l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore, incidenti sull’attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti”.
Ed ancora. Ha specificato che l’Ufficio non è legittimato a ricorrere ad un accertamento induttivo, laddove si configuri un mero scostamento non significativo tra il dichiarato e quello desumibile dagli studi di settore.
È, infatti, necessario che venga ravvisata la “grave incongruenza”: non pervenuta nel caso de quo in quanto l’omessa contabilizzazione di ricavi rilevata dall’Ufficio non appariva adeguatamente supportata da elementi probatori.
Per tali motivi, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e rinviato alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia anche per le spese.
Osservazioni
Tale pronuncia appare significativa perché apre un varco in ordine all’applicazione degli studi di settore. Spesso, nella realtà, le società di piccole dimensioni, che esercitano la loro attività in altrettanti piccoli centri, sono tenuti a versare somme maggiori perché, dal test di GERICO, il reddito non appare congruo. Invero, le stesse hanno tenuto regolarmente la contabilità e osservato pienamente la disciplina normativa.
Ci si auspica, dunque, che l’ordinanza n. 18627/18 sia osservata ancor prima che dai giudici di merito, dall’Amministrazione finanziaria, affinché valuti concretamente la sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 2729 del codice civile, prima di emettere un avviso di accertamento.
Riferimenti normativi:

Percentuale di ricarico diversa dagli studi di settore: no all’accertamento
di Maria Luisa Barone | 29 Agosto 2018
L’applicazione di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nello studio di settore di appartenenza, non è idonea, quale unico elemento, a generare un avviso di accertamento laddove la contabilità è tenuta regolarmente dal contribuente. Occorre, invece, valutare complessivamente la sussistenza di altri indici, ad esempio l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore, che rappresentano una circostanza grave, precisa e concordante. Così ha disposto la Quinta Sezione Civile della Suprema Corte con Ordinanza 13 luglio 2018, n. 18627.
Premessa
L’accertamento mediante gli studi di settore si configura come analitico-induttivo e, in quanto tale, è sottoposto alle limitazioni e condizioni ex articolo 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973, nonché dell’articolo 54 del D.P.R. n. 633/1972. Ciò equivale a dire che l’Ufficio, prima di procedere con l’applicazione degli studi di settore, ha l’onere di verificare la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti tali da far presumere un maggior reddito non dichiarato.
Ma cosa significa indizi gravi, precisi e concordanti? La giurisprudenza stessa ha così precisato:
Quanto all’utilizzo degli indizi, si è affermato che la gravità, precisione e concordanza, richiesti dalla legge, debba desumersi dalla valutazione complessiva dei medesimi, in un giudizio globale, ancorché preceduto dall’esame di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza e ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. Civ., Sent. n. 12002/2017; Cass. Civ., Ord. n. 5374/2017).
Trattasi di presunzioni semplici che corrispondono alla fattispecie disciplinata dall’articolo 2729 codice civile, a norma del quale «Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti».
La presunzione consiste in un ragionamento di tipo sillogistico: si parte dal fatto secondario (premessa minore) e da esso si risale, attraverso l’utilizzo delle regole d’esperienza (premessa maggiore), alla conoscenza del fatto da provare (c.d. fatto principale).
Il giudice, perciò, deve compiere una doppia valutazione, atteso che, in primo luogo, deve valutare l’attendibilità del fatto secondario (indizio) fornito dalle prove (valutazione corrispondente a quella da compiere nel caso di prova diretta), successivamente deve verificare se è possibile, in virtù di una regola d’esperienza, compiere una deduzione dal fatto secondario noto al fatto principale ignoto.
Il caso
L’Agenzia delle Entrate notificava ad una S.r.l. avviso di accertamento ai fini IRPEG, IVA, IRAP e IRPEF per l’anno 2003, a mezzo del quale contestava l’omessa contabilizzazione di corrispettivi e l’illegittima detrazione di costi. L’Amministrazione finanziaria fondava la propria pretesa sul ricalcolo dei ricavi in base ad una percentuale di ricarico indicata negli studi di settore, con conseguente rideterminazione del reddito.
La società impugnava l’avviso di accertamento, ma si vedeva rigettare il ricorso tanto in primo quanto in secondo grado.
In particolare, eccepiva l’illegittimo utilizzo dell’Ufficio delle percentuali degli studi di settore atteso che, queste, contrastavano con la situazione effettiva della società che, comunque, presentava una contabilità regolare.
La CTR, nel rigettare l’appello, riteneva che dalla disamina delle scritture contabili (il basso utile a fronte di importanti ricavi), era evidente che vi fossero attività non dichiarate che implicavano l’inattendibilità delle risultanze.
La contribuente, proponeva, dunque, ricorso in Cassazione, affidando le proprie ragioni a diversi motivi.
Tuttavia gli Ermellini ritenevano rilevanti ai fini del decisum i primi due a mezzo dei quali venivano sollevate:
La Suprema Corte ritiene che tali motivi siano fondati.
Riportandosi alle pronunce n. 27488/13 e n. 26388/13, evidenzia come, laddove ci siano delle scritture contabili formalmente corrette, non è sufficiente, ai fini dell’accertamento di un maggior reddito d’impresa, la sola applicazione di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza. Occorre, invece, che risultino altri elementi, quale “l’abnormità e l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore, incidenti sull’attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti”.
Ed ancora. Ha specificato che l’Ufficio non è legittimato a ricorrere ad un accertamento induttivo, laddove si configuri un mero scostamento non significativo tra il dichiarato e quello desumibile dagli studi di settore.
È, infatti, necessario che venga ravvisata la “grave incongruenza”: non pervenuta nel caso de quo in quanto l’omessa contabilizzazione di ricavi rilevata dall’Ufficio non appariva adeguatamente supportata da elementi probatori.
Per tali motivi, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e rinviato alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia anche per le spese.
Osservazioni
Tale pronuncia appare significativa perché apre un varco in ordine all’applicazione degli studi di settore. Spesso, nella realtà, le società di piccole dimensioni, che esercitano la loro attività in altrettanti piccoli centri, sono tenuti a versare somme maggiori perché, dal test di GERICO, il reddito non appare congruo. Invero, le stesse hanno tenuto regolarmente la contabilità e osservato pienamente la disciplina normativa.
Ci si auspica, dunque, che l’ordinanza n. 18627/18 sia osservata ancor prima che dai giudici di merito, dall’Amministrazione finanziaria, affinché valuti concretamente la sussistenza dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’articolo 2729 del codice civile, prima di emettere un avviso di accertamento.
Riferimenti normativi:
Sullo stesso argomento:Studi di settore
Quali sono le limitazioni e condizioni cui è sottoposto l'accertamento mediante gli studi di settore?
L'accertamento mediante gli studi di settore si configura come analitico-induttivo ed è sottoposto alle limitazioni e condizioni ex articolo 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973, nonché dell’articolo 54 del D.P.R. n. 633/1972.
Cosa significa 'indizi gravi, precisi e concordanti' nel contesto dell'accertamento mediante gli studi di settore?
Indizi gravi, precisi e concordanti sono elementi presuntivi oggettivamente e intrinsecamente consistenti, dotati di specificità e concretezza e che richiedono che il fatto principale ignoto sia desunto da una pluralità di fatti secondari gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza.
Cosa si intende per 'presunzione semplice' e quale ruolo svolge nel caso di accertamento in questione?
Le presunzioni semplici corrispondono alla fattispecie disciplinata dall’articolo 2729 codice civile e sono lasciate alla prudenza del giudice. Nel caso di accertamento, il giudice deve valutare la loro gravità, precisione e concordanza per determinare la sussistenza di un maggior reddito non dichiarato.
Quali sono gli elementi da considerare nell'accertamento di un maggior reddito d'impresa?
Oltre all'applicazione di una percentuale di ricarico diversa dalla media di settore, occorre valutare la presenza di altri elementi che rappresentino una circostanza grave, precisa e concordante, come l'abnormità e l'irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore.
Qual è il ruolo della pronuncia della Corte di Cassazione n. 18627/18 nel contesto dell'applicazione degli studi di settore?
La pronuncia n. 18627/18 apre un varco in ordine all’applicazione degli studi di settore, specificando che l'applicazione di una percentuale di ricarico diversa dalla media di settore non è sufficiente per generare un avviso di accertamento se la contabilità è tenuta regolarmente. È necessario valutare complessivamente la sussistenza di altri indici rappresentanti una circostanza grave, precisa e concordante.