Premessa
L’introduzione della SSDL, ad opera della Legge di Bilancio 2018, intendeva fondamentalmente raggiungere due obiettivi, così come riportato nella Relazione illustrativa. Da un lato, far emergere materia imponibile sinora completamente detassata o quasi; dall’altro, creare uno strumento giuridico in grado di attrarre una maggiore quantità di capitali che avvantaggiasse in generale gli operatori del settore sportivo dilettantistico.
Una visione che, evidentemente, non è stata condivisa da parte del nuovo esecutivo, il quale invece pone l’accento sulla valorizzazione e la tutela del mondo sportivo dilettantistico che deve essere nettamente distinto sia da quello professionistico che da quello commerciale. Se la scelta di non dare corso alle disposizioni della Legge di Bilancio fa venir meno i diversi dubbi interpretativi ed operativi emersi sin dal varo delle nuove norme, è però anche vero che, in assenza di una specifica normativa, riaffiorano le vecchie criticità legate al mondo sportivo dilettantistico, le quali ora andranno necessariamente affrontate e superate.
I caratteri salienti della SSDL
Sotto il profilo prettamente giuridico, la SSDL avrebbe potuto costituirsi secondo uno qualunque dei tipi previsti dal Titolo V del Libro quinto del Codice Civile, quindi sia come società di persone (SNC o SAS) che di capitali (SRL, SAPA o SPA), ma non evidentemente come Società Cooperativa in quanto lucrativa. Da un punto di vista civilistico, l’autonomia contrattuale delle SSDL sarebbe stata limitata dalla necessaria previsione all’interno dello Statuto di alcune clausole obbligatorie previste dalla legge:
- dicitura di “Società Sportiva Dilettantistica Lucrativa”;
- previsione nello scopo sociale dello svolgimento e organizzazione di attività sportive dilettantistiche;
- divieto di cumulo delle cariche per gli amministratori;
- obbligo di nomina di un Direttore Tecnico in possesso di specifici requisiti in caso di eventi aperti al pubblico.
Inoltre, le SSDL avrebbero goduto della possibilità di distribuire utili e di far circolare liberamente le quote sociali, oltre che adottare un modello di governance tipica di una società di capitali classica con decisioni prese a maggioranza di capitali e non per teste.
Da un punto di vista fiscale, le entrate delle SSDL, siano esse di natura commerciale che istituzionale, sarebbero state tutte equiparate e indifferentemente soggette a tassazione. Tuttavia, il reddito di impresa - dato dalla differenza tra ricavi e costi - sarebbe stato tassato con aliquota IRES ridotta del 12%. Per quanto riguarda l’IVA, invece, non essendo prevista alcuna de-commercializzazione, né generica né speciale, i corrispettivi (considerando tali anche le quote dei tesserati) sarebbero stati assoggettati ad IVA con aliquota ridotta del 10%, ma solo se incassati a fronte di servizi sportivi erogati in impianti gestiti da tali società; in caso di eventi outdoor, invece, l’IVA sui corrispettivi sarebbe stata del 22%. In aggiunta, la SSDL avrebbe dovuto adottare un regime di contabilità ordinaria con l’obbligo di redigere il bilancio d’esercizio.
Nella SSDL i compensi derivanti da contratti di collaborazione con sportivi non professionisti dovevano essere inquadrati come contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), costituendo redditi assimilati al lavoro dipendente con applicazione ordinaria delle trattenute erariali e previdenziali sin dal primo euro corrisposto. Corollario sarebbe stato anche un aggravio di tassazione IRAP, poiché tali compensi, equiparati a quelli di lavoro dipendente, avrebbero costituito una maggiorazione dell’imponibile.
Resta tutto invariato, o quasi, rispetto al passato
Il “decreto dignità” punta a reinvestire il denaro risparmiato dalla mancata introduzione della nuova SSDL (aliquota IRES dimezzata e IVA al 10%), a rinforzare la figura della SSD classica, nonché a rivedere alcuni aspetti delle collaborazioni sportive.
Dunque, si ritorna al passato: le attività sportive dilettantistiche potranno essere esercitate giuridicamente come ASD o SSD, con il potenziamento di quest’ultima tipologia. In particolare, si aspettano chiarimenti normativi riguardo alla possibilità di far circolare le quote sociali e precisazioni in merito alla fattispecie considerata come distribuzione indiretta di utili, da sempre fonte di contenzioso con l’Agenzia delle Entrate. In effetti, tra gli obiettivi dichiarati da parte del nuovo Governo vi è proprio l’ipotesi di una “pace fiscale” mirata a quelle realtà sportive che sono state oggetto di controlli fiscali.
Sotto il profilo fiscale, le ASD/SSD continueranno a godere della possibilità di accedere al regime super-agevolato delle Legge n. 398/1991, tra l’altro sopravvissuto anche alla mannaia della riforma del terzo settore. Quindi, applicazione dell’IRES sul 3% dei proventi commerciali, IVA detraibile in misura forfetaria (50% dell’IVA a debito sui proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, 90% sulle sponsorizzazioni e 33% per i diritti radiotelevisivi), imposta di registro in misura fissa su atti costitutivi e statuti, esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa, esonero dall’obbligo di tenuta dei libri contabili (solo per ASD).
Aspetto di particolare importanza riguarda la questione legata ai compensi derivanti da contratti di collaborazione stipulati con sportivi non professionisti. Il “decreto Dignità”, infatti, salva solo la franchigia di 10.000 euro per i compensi dei collaboratori, importo entro il quale non è previsto l’obbligo di contribuzione previdenziale e l’applicazione delle ritenute Irpef.
Invece, verrebbero meno le norme per cui:
- i collaboratori delle SSDL, svolgenti mansioni riconosciute necessarie da parte del CONI, sarebbero stati inquadrati come co.co.co., con tutte le conseguenze a livello di adempimenti giuslavoristici;
- sarebbe stata prevista la non operatività della presunzione automatica di riqualificazione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato delle collaborazioni poste in essere da tali enti ai sensi del D.Lgs. n. 81/2015;
- l’inquadramento ai fini tributari di tali compensi sarebbero stati considerati come redditi assimilati al lavoro dipendente (e non redditi diversi), come tali assoggettati alle ordinarie ritenute erariali e previdenziali. Sul punto ci si aspetta che il nuovo Governo intervenga seriamente proprio a salvaguardia dei lavoratori sportivi bistrattati da una legislazione troppo sfavorevole. Tra l’altro, il decreto in parola ha proprio l’obiettivo di ridare dignità al mondo del lavoro ed in tal senso anche evidentemente a quello sportivo.
Conclusioni
Sicuramente l’impianto normativo della SSDL si presentava lacunoso, pieno di dubbi interpretativi e soprattutto presentava poco appeal economico rispetto alle classiche ASD/SSD. Si può, pertanto, affermare che fosse destinato a fallire.
In ogni caso, bisogna chiedersi cosa accadrà a coloro i quali hanno costituito una SSDL o hanno trasformato la precedente ASD/SSD nella nuova forma societaria. Un ulteriore aspetto di cui il legislatore dovrà assolutamente tenere conto.
Riferimenti normativi:
Il “decreto Dignità” spazza via le SSDL
di Daniele De Mita - AIDC Foggia | 18 Luglio 2018
La Legge di Bilancio 2018 aveva introdotto nel nostro ordinamento la Società Sportiva Dilettantistica Lucrativa (SSDL), si era parlato di un cambiamento epocale per il mondo dello sport dilettantistico, da sempre ricompreso nel novero del no-profit, con effetti dal punto di vista giuridico e tributario. A pochi mesi dal lancio, tuttavia, la nuova SSDL è rimasta una mera intenzione del precedente Legislatore. Fin dal primo momento, infatti, gli addetti ai lavori avevano evidenziato numerose criticità interpretative ed operative. Tali criticità sono state evidentemente recepite dal nuovo Governo, il quale con l’emanazione del “decreto Dignità” ha abrogato il pacchetto di norme che prevedevano l’istituzione delle SSDL, salvaguardando soltanto la parte che riguarda l’aumento a 10.000 euro della franchigia sui compensi agli sportivi non professionisti.
Premessa
L’introduzione della SSDL, ad opera della Legge di Bilancio 2018, intendeva fondamentalmente raggiungere due obiettivi, così come riportato nella Relazione illustrativa. Da un lato, far emergere materia imponibile sinora completamente detassata o quasi; dall’altro, creare uno strumento giuridico in grado di attrarre una maggiore quantità di capitali che avvantaggiasse in generale gli operatori del settore sportivo dilettantistico.
Una visione che, evidentemente, non è stata condivisa da parte del nuovo esecutivo, il quale invece pone l’accento sulla valorizzazione e la tutela del mondo sportivo dilettantistico che deve essere nettamente distinto sia da quello professionistico che da quello commerciale. Se la scelta di non dare corso alle disposizioni della Legge di Bilancio fa venir meno i diversi dubbi interpretativi ed operativi emersi sin dal varo delle nuove norme, è però anche vero che, in assenza di una specifica normativa, riaffiorano le vecchie criticità legate al mondo sportivo dilettantistico, le quali ora andranno necessariamente affrontate e superate.
I caratteri salienti della SSDL
Sotto il profilo prettamente giuridico, la SSDL avrebbe potuto costituirsi secondo uno qualunque dei tipi previsti dal Titolo V del Libro quinto del Codice Civile, quindi sia come società di persone (SNC o SAS) che di capitali (SRL, SAPA o SPA), ma non evidentemente come Società Cooperativa in quanto lucrativa. Da un punto di vista civilistico, l’autonomia contrattuale delle SSDL sarebbe stata limitata dalla necessaria previsione all’interno dello Statuto di alcune clausole obbligatorie previste dalla legge:
Inoltre, le SSDL avrebbero goduto della possibilità di distribuire utili e di far circolare liberamente le quote sociali, oltre che adottare un modello di governance tipica di una società di capitali classica con decisioni prese a maggioranza di capitali e non per teste.
Da un punto di vista fiscale, le entrate delle SSDL, siano esse di natura commerciale che istituzionale, sarebbero state tutte equiparate e indifferentemente soggette a tassazione. Tuttavia, il reddito di impresa - dato dalla differenza tra ricavi e costi - sarebbe stato tassato con aliquota IRES ridotta del 12%. Per quanto riguarda l’IVA, invece, non essendo prevista alcuna de-commercializzazione, né generica né speciale, i corrispettivi (considerando tali anche le quote dei tesserati) sarebbero stati assoggettati ad IVA con aliquota ridotta del 10%, ma solo se incassati a fronte di servizi sportivi erogati in impianti gestiti da tali società; in caso di eventi outdoor, invece, l’IVA sui corrispettivi sarebbe stata del 22%. In aggiunta, la SSDL avrebbe dovuto adottare un regime di contabilità ordinaria con l’obbligo di redigere il bilancio d’esercizio.
Nella SSDL i compensi derivanti da contratti di collaborazione con sportivi non professionisti dovevano essere inquadrati come contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), costituendo redditi assimilati al lavoro dipendente con applicazione ordinaria delle trattenute erariali e previdenziali sin dal primo euro corrisposto. Corollario sarebbe stato anche un aggravio di tassazione IRAP, poiché tali compensi, equiparati a quelli di lavoro dipendente, avrebbero costituito una maggiorazione dell’imponibile.
Resta tutto invariato, o quasi, rispetto al passato
Il “decreto dignità” punta a reinvestire il denaro risparmiato dalla mancata introduzione della nuova SSDL (aliquota IRES dimezzata e IVA al 10%), a rinforzare la figura della SSD classica, nonché a rivedere alcuni aspetti delle collaborazioni sportive.
Dunque, si ritorna al passato: le attività sportive dilettantistiche potranno essere esercitate giuridicamente come ASD o SSD, con il potenziamento di quest’ultima tipologia. In particolare, si aspettano chiarimenti normativi riguardo alla possibilità di far circolare le quote sociali e precisazioni in merito alla fattispecie considerata come distribuzione indiretta di utili, da sempre fonte di contenzioso con l’Agenzia delle Entrate. In effetti, tra gli obiettivi dichiarati da parte del nuovo Governo vi è proprio l’ipotesi di una “pace fiscale” mirata a quelle realtà sportive che sono state oggetto di controlli fiscali.
Sotto il profilo fiscale, le ASD/SSD continueranno a godere della possibilità di accedere al regime super-agevolato delle Legge n. 398/1991, tra l’altro sopravvissuto anche alla mannaia della riforma del terzo settore. Quindi, applicazione dell’IRES sul 3% dei proventi commerciali, IVA detraibile in misura forfetaria (50% dell’IVA a debito sui proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali, 90% sulle sponsorizzazioni e 33% per i diritti radiotelevisivi), imposta di registro in misura fissa su atti costitutivi e statuti, esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa, esonero dall’obbligo di tenuta dei libri contabili (solo per ASD).
Aspetto di particolare importanza riguarda la questione legata ai compensi derivanti da contratti di collaborazione stipulati con sportivi non professionisti. Il “decreto Dignità”, infatti, salva solo la franchigia di 10.000 euro per i compensi dei collaboratori, importo entro il quale non è previsto l’obbligo di contribuzione previdenziale e l’applicazione delle ritenute Irpef.
Invece, verrebbero meno le norme per cui:
Conclusioni
Sicuramente l’impianto normativo della SSDL si presentava lacunoso, pieno di dubbi interpretativi e soprattutto presentava poco appeal economico rispetto alle classiche ASD/SSD. Si può, pertanto, affermare che fosse destinato a fallire.
In ogni caso, bisogna chiedersi cosa accadrà a coloro i quali hanno costituito una SSDL o hanno trasformato la precedente ASD/SSD nella nuova forma societaria. Un ulteriore aspetto di cui il legislatore dovrà assolutamente tenere conto.
Riferimenti normativi:
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Quali erano gli obiettivi principali dell'introduzione della SSDL?
L'introduzione della SSDL aveva l'obiettivo di far emergere materia imponibile sinora completamente detassata o quasi e di creare uno strumento giuridico in grado di attrarre una maggiore quantità di capitali che avvantaggiasse in generale gli operatori del settore sportivo dilettantistico.
Come sarebbe potuta costituirsi la SSDL dal punto di vista giuridico e civilistico?
Dal punto di vista giuridico e civilistico, la SSDL avrebbe potuto costituirsi sia come società di persone (SNC o SAS) che di capitali (SRL, SAPA o SPA), limitata dalla necessaria previsione all'interno dello Statuto di alcune clausole obbligatorie previste dalla legge.
Quali erano le caratteristiche fiscali della SSDL?
Le entrate delle SSDL, siano esse di natura commerciale che istituzionale, sarebbero state tutte equiparate e indifferentemente soggette a tassazione. Il reddito di impresa sarebbe stato tassato con aliquota IRES ridotta del 12% e l'IVA sarebbe stata applicata con aliquota ridotta del 10% per i servizi sportivi erogati in impianti gestiti da tali società.
Quali norme sono state introdotte dal 'decreto dignità' riguardo alle attività sportive dilettantistiche?
Il 'decreto dignità' puntava a rinforzare la figura della SSD classica, con il potenziamento di quest’ultima tipologia e a rivedere alcuni aspetti delle collaborazioni sportive, salvando solo la franchigia di 10.000 euro per i compensi dei collaboratori sportivi non professionisti.
Quali sono le conclusioni riguardanti l'impianto normativo della SSDL?
L’impianto normativo della SSDL si presentava lacunoso, pieno di dubbi interpretativi e soprattutto presentava poco appeal economico rispetto alle classiche ASD/SSD, ed è stato abrogato dal 'decreto dignità'.