Premessa
L’obbligo di presentazione della Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA è stato introdotto dall’articolo 4 comma 2 del D.L. n. 193 del 22 ottobre 2016, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 225 del 1° dicembre 2016.
La comunicazione, normata dall’articolo 21-bis del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito con modificazioni dalla Legge 122 del 30 luglio 2010, prevede l’obbligo, a carico dei soggetti IVA, di comunicare con cadenza trimestrale i dati riepilogativi delle liquidazioni periodiche effettuate, con evidenza del saldo a credito o a debito (con l’eccezione per i soggetti a liquidazione trimestrale per quanto riguarda il quarto trimestre, posto che tali soggetti liquidano l’imposta in sede di dichiarazione annuale).
La comunicazione, ben presto, si è rivelata uno strumento volto al recupero delle somme dovute e non versate. Sin a partire dall’invio dei dati relativi al primo trimestre 2017 (31 maggio 2017, poi prorogato al 12 giugno), infatti, l’Amministrazione finanziaria ha avviato l’incrocio dei versamenti effettuati con gli importi a debito risultanti dalle comunicazioni periodiche.
Per quanto sopra il recupero dell’imposta eventualmente omessa in corso d’anno dovrebbe essere già stato avviato, e conseguentemente la logica del quadro VL del dichiarativo annuale è stata rivista. Tuttavia, questo non sempre accade, ponendo più di un interrogativo in fase di chiusura del modello IVA 2018.
LI.PE., compliance, avvisi bonari, cartelle
Riassumiamo brevemente quanto è accaduto nel corso del 2017. Dall’invio delle prime Comunicazioni delle Liquidazioni Periodiche IVA non è passato molto tempo, tendenzialmente un mese, che i contribuenti risultanti non in regola con i versamenti IVA si sono visti notificare a mezzo PEC una prima lettera di “compliance”. Con tale lettera l’Erario invitava il contribuente a consultare il proprio cassetto fiscale, nel quale era contenuta la vera e propria comunicazione che segnalava l’incongruenza tra le somme esposte a debito nella LI.PE. ed i versamenti effettuati. Per quanto sopra il contribuente veniva invitato a provvedere al versamento, potendosi avvalere delle riduzioni delle sanzioni con l’ausilio dell’istituto del ravvedimento operoso (oppure a segnalare le motivazioni per le quali tale incongruenza non fosse sussistente, ad esempio in caso di versamento effettuato ma indicando un codice tributo errato).
Ricordiamo che, ai sensi dell’articolo 54-bis comma 2-bis del D.P.R. n. 633/1972, in caso di mancato versamento di un debito emergente da Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA, l’Agenzia è autorizzata all’emissione di avviso bonario senza ulteriori vincoli quale, ad esempio, il dover dimostrare una situazione di rischio per il recupero delle somme.
Ed infatti, è accaduto che, decorso indicativamente un ulteriore mese dalla comunicazione di compliance, i contribuenti hanno ricevuto avviso bonario, con la conseguenza di non potersi più avvalere del ravvedimento operoso, e di veder lievitare le sanzioni al 10%, in caso di pagamento totale o della prima rata (in caso di rateazione) entro trenta giorni. Decorsi ulteriori trenta giorni dal termine previsto dall’avviso bonario, senza versamento o senza inizio di rateazione, le somme sono state iscritte a ruolo, con sanzione piena al 30%.
Tralasciando in questa sede considerazioni in merito all’opportunità di questo modus operandi da parte dell’Agenzia, che di fatto ha precluso ai contribuenti la strada del ravvedimento lungo, quello che è accaduto è che la riscossione dei versamenti periodici omessi ha preso una sua strada propria, che trae fondamento dalle LI.PE..
Per quanto sopra potrebbe accadere, in sede di chiusura dei conti annuali, di trovarsi con versamenti periodici effettuati regolarmente, altri ravveduti, altri in corso di rateazione di avviso bonario (rateazioni che possono coprire un arco temporale molto lungo, e che va ben oltre i termini di presentazione del Modello IVA 2018), ed altri ancora potenzialmente già iscritti a ruolo.
I riflessi in dichiarazione IVA
La situazione sovra esposta non poteva che sortire effetti sul dichiarativo annuale. Nel corso del 2017, infatti, non era sfuggita la considerazione che il metodo di riscossione introdotto per le liquidazioni periodiche avrebbe reso la compilazione del quadro VL quanto meno problematica.
Fino alla dichiarazione IVA 2017, riferimento 2016, in sede di liquidazione IVA annuale occorreva indicare i versamenti effettivamente effettuati, nei termini o con ravvedimento operoso. Quando non fosse stato versato entro i termini della dichiarazione confluiva nel saldo a debito della dichiarazione stessa. Una soluzione, questa, perfettamente aderente alle istruzioni al Modello, che comportava il fatto che l’IVA omessa in corso d’anno divenisse debito annuale, e pertanto rateizzabile (fatta salva ovviamente la sanzione per non aver effettuato il versamento nei termini). Inoltre, in questo modo, in caso di versamenti omessi in corso d’anno, che laddove fossero stati correttamente eseguiti avrebbe invece fatto emergere un credito, andavano ad abbattere tale credito.
Un meccanismo, quello previsto fino all’anno 2016, non più applicabile a partire dal 2017.
Immaginiamo infatti come avrebbe potuto presentarsi un quadro VL in presenza di un debito periodico arrivato sino alla fase di avviso bonario, e che tale avviso sia in corso di rateazione, quindi versato solo in parte alla data di presentazione della dichiarazione IVA. In tal caso i versamenti non ancora scaduti sarebbero andati ad incidere sul saldo annuale della dichiarazione IVA, evidentemente in maniera irragionevole.
Per questa ragione, quest’anno, il quadro VL è stato interamente riscritto per quanto riguarda la gestione dell’IVA dovuta e dell’IVA effettivamente versata:
- un campo (il numero 2) è dedicato ad accogliere l’indicazione dell’IVA dovuta, corrispondente alla somma degli importi dell’IVA indicati nella colonna 1 del rigo VP14 del modello di comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA relative al 2017 (senza considerare gli importi già indicati nella colonna 1 del rigo VP14 ma non versati in quanto non superiori a 25,82 euro) e dell’acconto dovuto indicato nel rigo VP13 del predetto modello. Laddove le LI.PE. non siano state correttamente presentate, o siano state omesse, occorre considerare i dati indicati nel quadro VH (che, ricordiamo, quest’anno deve essere compilato solo nei casi di LI.PE. non corrispondenti all’effettiva liquidazione di periodo, o omessa);
- un altro campo (il numero 3) serve per indicare quanta IVA è stata effettivamente versata (con effettivo esborso oppure in compensazione con tributi a credito).
Ciò che è fondamentale focalizzare è il meccanismo previsto per il campo 1 del VL30, che è l’unico che concorre alla liquidazione annuale dell’imposta: in tale campo deve essere indicato il maggiore tra l’importo indicato nel campo 2 e quello indicato nel campo 3. Concretamente, ciò significa che ai fini della liquidazione annuale dell’imposta, i versamenti periodici eventualmente non effettuati sono del tutto irrilevanti.

Le perplessità
Le perplessità che emergono nell’applicare concretamente questo meccanismo sostanzialmente possono riassumersi in due domande ricorrenti.
La prima discende dal fatto che non sempre i presupposti stessi sui quali si sviluppa il ragionamento risultano rispettati. Infatti, sono molti i casi rilevati di contribuenti che hanno regolarmente presentato le LI.PE., ma non hanno ottemperato al versamento, e che tuttavia non hanno ricevuto né la comunicazione di compliance né l’avviso bonario. Insomma, di queste somme, alla data di presentazione del dichiarativo IVA, non risulta avviata da parte dell’Amministrazione alcuna azione di recupero. Quindi ci si chiede, come è possibile che possano “pesare” in dichiarazione IVA come se fossero stati effettuati?
La seconda preoccupazione è quella che sorge quando emerge dal dichiarativo un importo a credito, credito che (visto che alcuni versamenti non sono stati effettuati), non sarebbe emerso, o sarebbe emerso in misura minore, secondo le previgenti modalità di esposizione nella dichiarazione IVA annuale.
Ebbene, ad entrambe le perplessità, a parere di chi scrive, non è possibile che dare una sola risposta: l’Amministrazione finanziaria ha completamente sganciato il recupero delle somme dovute a titolo di versamenti periodici dal dichiarativo. Che sia già stata avviata una qualche forma di azione di recupero o meno, non è comunque rilevante.
Quindi, l’unica circostanza che rileva è che siano forniti all'Amministrazione stessa gli strumenti per accertare, ovvero l’aver presentato correttamente le LI.PE., oppure esposto i dati corretti nel quadro VH, e l’aver indicato fedelmente nel rigo VL30 campo 3 quanto effettivamente è stato versato.
Peraltro, addirittura, la corretta compilazione del campo 3 del VL30 è legata solo ad una questione di correttezza formale del dichiarativo, perché se il campo 2 (IVA dovuta) è comunque pari o superiore al campo 3, i conteggi non variano.
Esempio, un contribuente mensile normale ha nel corso dell’anno evidenziato in LI.PE. IVA a debito per complessivi 30.000 euro. I versamenti sono stati effettuati, tranne uno, di importo supponiamo pari a 2.000 euro. Se avesse onorato tutti i versamenti, la dichiarazione IVA di tale contribuente avrebbe esposto un saldo finale a credito di 4.000 euro, derivante dalla movimentazione di dicembre 2017.
Quello che accade in dichiarazione IVA è:
VL30 campo 2, IVA dovuta: euro 30.000
VL30 campo 3, IVA versata: euro 28.000
VL30 campo 1, il maggiore tra 2 e 3, quindi 30.000
SALDO A CREDITO DEL DICHIARATIVO: Euro 4.000
Quindi, il mancato versamento di 2.000 euro, che si evince dal VL30 campo 3 non modifica il saldo finale a credito. Tale saldo è e resta un credito di 4.000 euro, indipendentemente dal fatto che i versamenti effettuati siano indicati nella misura di 30.000 euro (in questo caso non correttamente), oppure 28.000 euro. Addirittura se l’IVA versata in corso d’anno fosse pari a zero, nuovamente, il dichiarativo chiuderebbe con un credito di 4.000 euro, comunque. Le somme omesse in corso d’anno, ovviamente, saranno poi oggetto di distinte operazioni di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate.
In conclusione, è importante sottolineare che, per quanto questa impostazione possa sembrare “strana”, è comunque l’unica prevista dal Modello IVA 2018.
Nemmeno volendo, quindi, è possibile far rientrare i versamenti dovuti e non effettuati nel saldo a debito annuale, o detrarli dall’importo a credito eventualmente emergente dalla dichiarazione.
Riferimenti normativi:
IVA 2018: dichiarazione a credito e versamenti omessi
di Sandra Pennacini | 9 Marzo 2018
Con l’introduzione della Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA (LI.PE.) l’Amministrazione Finanziaria esercita, o dovrebbe esercitare, pressoché in tempo reale la verifica di corrispondenza tra imposta dovuta ed imposta effettivamente versata. Ciò ha comportato la riscrittura della logica stessa del dichiarativo annuale, creando non poche perplessità laddove emerga un credito ma, a monte, risultino versamenti periodici non effettuati.
Premessa
L’obbligo di presentazione della Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA è stato introdotto dall’articolo 4 comma 2 del D.L. n. 193 del 22 ottobre 2016, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 225 del 1° dicembre 2016.
La comunicazione, normata dall’articolo 21-bis del D.L. n. 78 del 31 maggio 2010, convertito con modificazioni dalla Legge 122 del 30 luglio 2010, prevede l’obbligo, a carico dei soggetti IVA, di comunicare con cadenza trimestrale i dati riepilogativi delle liquidazioni periodiche effettuate, con evidenza del saldo a credito o a debito (con l’eccezione per i soggetti a liquidazione trimestrale per quanto riguarda il quarto trimestre, posto che tali soggetti liquidano l’imposta in sede di dichiarazione annuale).
La comunicazione, ben presto, si è rivelata uno strumento volto al recupero delle somme dovute e non versate. Sin a partire dall’invio dei dati relativi al primo trimestre 2017 (31 maggio 2017, poi prorogato al 12 giugno), infatti, l’Amministrazione finanziaria ha avviato l’incrocio dei versamenti effettuati con gli importi a debito risultanti dalle comunicazioni periodiche.
Per quanto sopra il recupero dell’imposta eventualmente omessa in corso d’anno dovrebbe essere già stato avviato, e conseguentemente la logica del quadro VL del dichiarativo annuale è stata rivista. Tuttavia, questo non sempre accade, ponendo più di un interrogativo in fase di chiusura del modello IVA 2018.
LI.PE., compliance, avvisi bonari, cartelle
Riassumiamo brevemente quanto è accaduto nel corso del 2017. Dall’invio delle prime Comunicazioni delle Liquidazioni Periodiche IVA non è passato molto tempo, tendenzialmente un mese, che i contribuenti risultanti non in regola con i versamenti IVA si sono visti notificare a mezzo PEC una prima lettera di “compliance”. Con tale lettera l’Erario invitava il contribuente a consultare il proprio cassetto fiscale, nel quale era contenuta la vera e propria comunicazione che segnalava l’incongruenza tra le somme esposte a debito nella LI.PE. ed i versamenti effettuati. Per quanto sopra il contribuente veniva invitato a provvedere al versamento, potendosi avvalere delle riduzioni delle sanzioni con l’ausilio dell’istituto del ravvedimento operoso (oppure a segnalare le motivazioni per le quali tale incongruenza non fosse sussistente, ad esempio in caso di versamento effettuato ma indicando un codice tributo errato).
Ricordiamo che, ai sensi dell’articolo 54-bis comma 2-bis del D.P.R. n. 633/1972, in caso di mancato versamento di un debito emergente da Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA, l’Agenzia è autorizzata all’emissione di avviso bonario senza ulteriori vincoli quale, ad esempio, il dover dimostrare una situazione di rischio per il recupero delle somme.
Ed infatti, è accaduto che, decorso indicativamente un ulteriore mese dalla comunicazione di compliance, i contribuenti hanno ricevuto avviso bonario, con la conseguenza di non potersi più avvalere del ravvedimento operoso, e di veder lievitare le sanzioni al 10%, in caso di pagamento totale o della prima rata (in caso di rateazione) entro trenta giorni. Decorsi ulteriori trenta giorni dal termine previsto dall’avviso bonario, senza versamento o senza inizio di rateazione, le somme sono state iscritte a ruolo, con sanzione piena al 30%.
Tralasciando in questa sede considerazioni in merito all’opportunità di questo modus operandi da parte dell’Agenzia, che di fatto ha precluso ai contribuenti la strada del ravvedimento lungo, quello che è accaduto è che la riscossione dei versamenti periodici omessi ha preso una sua strada propria, che trae fondamento dalle LI.PE..
Per quanto sopra potrebbe accadere, in sede di chiusura dei conti annuali, di trovarsi con versamenti periodici effettuati regolarmente, altri ravveduti, altri in corso di rateazione di avviso bonario (rateazioni che possono coprire un arco temporale molto lungo, e che va ben oltre i termini di presentazione del Modello IVA 2018), ed altri ancora potenzialmente già iscritti a ruolo.
I riflessi in dichiarazione IVA
La situazione sovra esposta non poteva che sortire effetti sul dichiarativo annuale. Nel corso del 2017, infatti, non era sfuggita la considerazione che il metodo di riscossione introdotto per le liquidazioni periodiche avrebbe reso la compilazione del quadro VL quanto meno problematica.
Fino alla dichiarazione IVA 2017, riferimento 2016, in sede di liquidazione IVA annuale occorreva indicare i versamenti effettivamente effettuati, nei termini o con ravvedimento operoso. Quando non fosse stato versato entro i termini della dichiarazione confluiva nel saldo a debito della dichiarazione stessa. Una soluzione, questa, perfettamente aderente alle istruzioni al Modello, che comportava il fatto che l’IVA omessa in corso d’anno divenisse debito annuale, e pertanto rateizzabile (fatta salva ovviamente la sanzione per non aver effettuato il versamento nei termini). Inoltre, in questo modo, in caso di versamenti omessi in corso d’anno, che laddove fossero stati correttamente eseguiti avrebbe invece fatto emergere un credito, andavano ad abbattere tale credito.
Un meccanismo, quello previsto fino all’anno 2016, non più applicabile a partire dal 2017.
Immaginiamo infatti come avrebbe potuto presentarsi un quadro VL in presenza di un debito periodico arrivato sino alla fase di avviso bonario, e che tale avviso sia in corso di rateazione, quindi versato solo in parte alla data di presentazione della dichiarazione IVA. In tal caso i versamenti non ancora scaduti sarebbero andati ad incidere sul saldo annuale della dichiarazione IVA, evidentemente in maniera irragionevole.
Per questa ragione, quest’anno, il quadro VL è stato interamente riscritto per quanto riguarda la gestione dell’IVA dovuta e dell’IVA effettivamente versata:
Ciò che è fondamentale focalizzare è il meccanismo previsto per il campo 1 del VL30, che è l’unico che concorre alla liquidazione annuale dell’imposta: in tale campo deve essere indicato il maggiore tra l’importo indicato nel campo 2 e quello indicato nel campo 3. Concretamente, ciò significa che ai fini della liquidazione annuale dell’imposta, i versamenti periodici eventualmente non effettuati sono del tutto irrilevanti.

Le perplessità
Le perplessità che emergono nell’applicare concretamente questo meccanismo sostanzialmente possono riassumersi in due domande ricorrenti.
La prima discende dal fatto che non sempre i presupposti stessi sui quali si sviluppa il ragionamento risultano rispettati. Infatti, sono molti i casi rilevati di contribuenti che hanno regolarmente presentato le LI.PE., ma non hanno ottemperato al versamento, e che tuttavia non hanno ricevuto né la comunicazione di compliance né l’avviso bonario. Insomma, di queste somme, alla data di presentazione del dichiarativo IVA, non risulta avviata da parte dell’Amministrazione alcuna azione di recupero. Quindi ci si chiede, come è possibile che possano “pesare” in dichiarazione IVA come se fossero stati effettuati?
La seconda preoccupazione è quella che sorge quando emerge dal dichiarativo un importo a credito, credito che (visto che alcuni versamenti non sono stati effettuati), non sarebbe emerso, o sarebbe emerso in misura minore, secondo le previgenti modalità di esposizione nella dichiarazione IVA annuale.
Ebbene, ad entrambe le perplessità, a parere di chi scrive, non è possibile che dare una sola risposta: l’Amministrazione finanziaria ha completamente sganciato il recupero delle somme dovute a titolo di versamenti periodici dal dichiarativo. Che sia già stata avviata una qualche forma di azione di recupero o meno, non è comunque rilevante.
Quindi, l’unica circostanza che rileva è che siano forniti all'Amministrazione stessa gli strumenti per accertare, ovvero l’aver presentato correttamente le LI.PE., oppure esposto i dati corretti nel quadro VH, e l’aver indicato fedelmente nel rigo VL30 campo 3 quanto effettivamente è stato versato.
Peraltro, addirittura, la corretta compilazione del campo 3 del VL30 è legata solo ad una questione di correttezza formale del dichiarativo, perché se il campo 2 (IVA dovuta) è comunque pari o superiore al campo 3, i conteggi non variano.
Esempio, un contribuente mensile normale ha nel corso dell’anno evidenziato in LI.PE. IVA a debito per complessivi 30.000 euro. I versamenti sono stati effettuati, tranne uno, di importo supponiamo pari a 2.000 euro. Se avesse onorato tutti i versamenti, la dichiarazione IVA di tale contribuente avrebbe esposto un saldo finale a credito di 4.000 euro, derivante dalla movimentazione di dicembre 2017.
Quello che accade in dichiarazione IVA è:
VL30 campo 2, IVA dovuta: euro 30.000
VL30 campo 3, IVA versata: euro 28.000
VL30 campo 1, il maggiore tra 2 e 3, quindi 30.000
SALDO A CREDITO DEL DICHIARATIVO: Euro 4.000
Quindi, il mancato versamento di 2.000 euro, che si evince dal VL30 campo 3 non modifica il saldo finale a credito. Tale saldo è e resta un credito di 4.000 euro, indipendentemente dal fatto che i versamenti effettuati siano indicati nella misura di 30.000 euro (in questo caso non correttamente), oppure 28.000 euro. Addirittura se l’IVA versata in corso d’anno fosse pari a zero, nuovamente, il dichiarativo chiuderebbe con un credito di 4.000 euro, comunque. Le somme omesse in corso d’anno, ovviamente, saranno poi oggetto di distinte operazioni di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate.
In conclusione, è importante sottolineare che, per quanto questa impostazione possa sembrare “strana”, è comunque l’unica prevista dal Modello IVA 2018.
Nemmeno volendo, quindi, è possibile far rientrare i versamenti dovuti e non effettuati nel saldo a debito annuale, o detrarli dall’importo a credito eventualmente emergente dalla dichiarazione.
Riferimenti normativi:
Sullo stesso argomento:Modello IVA
Qual è lo scopo della Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA?
Lo scopo della Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA è quello di comunicare con cadenza trimestrale i dati riepilogativi delle liquidazioni periodiche effettuate, con evidenza del saldo a credito o a debito.
Quali azioni può intraprendere l'Amministrazione finanziaria in caso di mancato versamento di un debito emergente dalla Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA?
In caso di mancato versamento di un debito emergente dalla Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA, l'Agenzia è autorizzata all'emissione di avviso bonario senza ulteriori vincoli e, in caso di mancato pagamento, le somme possono essere iscritte a ruolo con sanzione piena al 30%.
Quali sono le conseguenze sul dichiarativo annuale in presenza di versamenti periodici non effettuati?
In presenza di versamenti periodici non effettuati, il dichiarativo annuale non tiene conto di tali versamenti per la liquidazione annuale dell'imposta, e il saldo finale a credito rimane invariato.
Come viene gestita l'IVA dovuta e versata nel quadro VL del dichiarativo annuale?
Nel quadro VL del dichiarativo annuale, l'IVA dovuta e versata vengono gestite attraverso i campi 2 e 3, e il campo 1 indica il maggiore tra l'importo dell'IVA dovuta e quello dell'IVA versata.
Quali sono le principali criticità emerse dall'applicazione della Comunicazione Periodica delle Liquidazioni IVA?
Le principali criticità emerse sono la mancata azione di recupero da parte dell'Amministrazione finanziaria in alcuni casi di mancato versamento e l'inefficacia delle modalità previgenti di esposizione nella dichiarazione IVA annuale in presenza di debiti periodici e avvisi bonari.