Commento
AGEVOLAZIONI

Regime forfetario e titolarità di redditi da lavoro dipendente

di Giovanni Petruzzellis | 1 Febbraio 2018
Regime forfetario e titolarità di redditi da lavoro dipendente

Il regime forfetario è compatibile con la titolarità di redditi da lavoro dipendente o assimilato, a condizione che l’ammontare di tali redditi non ecceda il limite di 30.000 euro. Tale condizione deve essere verificata con riferimento all’anno precedente a quello in cui si valuta l’applicabilità del regime agevolato, a prescindere dalla circostanza che l’attività risulti già in essere oppure debba ancora essere avviata.

Premessa

Il regime forfetario può essere applicato anche dai soggetti che svolgono contestualmente un’attività di lavoro dipendente. Tale possibilità è subordinata alla condizione che, nell’anno precedente, il contribuente non abbia percepito un reddito di lavoro dipendente o assimilato superiore a 30.000 euro (articolo 1, comma 57, lettera d-bis, Legge 23 dicembre 2014 n. 190).         

La finalità della norma è quella di evitare che soggetti con elevati redditi di lavoro dipendente possano beneficiare di un regime di tassazione agevolato per l’avvio di una seconda attività in forma autonoma.

Nella verifica del suddetto limite è irrilevante che i redditi da lavoro dipendente siano prevalenti o meno rispetto a quelli derivanti dall’attività autonoma. La Legge 28 dicembre 2015 n. 208  ha infatti cancellato tale requisito di prevalenza, nonché l’ulteriore condizione che imponeva che la somma dei redditi da lavoro dipendente e da lavoro autonomo non eccedessero l’importo complessivo di 20.000 euro.

 

Rapporto di lavoro cessato nell’anno precedente

Per espressa previsione della citata lettera d-bis), il limite di 30.000 euro non sussiste qualora il rapporto di lavoro dipendente sia cessato nel corso dell’anno precedente rispetto a quello di prima applicazione del regime agevolato, sempre che nel medesimo anno non sia stato percepito un reddito di pensione che – in quanto assimilato al reddito di lavoro dipendente – assume rilievo, anche autonomo, ai fini del raggiungimento della soglia.

Un lavoratore ha percepito nel 2017 redditi da lavoro dipendente pari a 22.000 euro, derivanti da un unico rapporto lavorativo cessato in data 30 giugno 2017 e il reddito da pensione percepito nel periodo compreso tra luglio e dicembre è risultato pari a 10.000 euro, l’applicazione del regime forfettario sarebbe preclusa nel 2018.

Con riferimento all’attività di lavoro dipendente, resta ferma la necessità di verificare l’eventuale sussistenza di condizioni di incompatibilità con l’attività di lavoro autonomo che si intende avviare: circostanza che potrebbe verificarsi, ad esempio, per chi svolga lavoro subordinato nel settore pubblico, oppure nel caso in cui il contratto di lavoro preveda una specifica clausola ostativa.

La nuova attività intrapresa in forma autonoma, inoltre, non deve porsi in rapporto di continuità o sovrapposizione rispetto a quella esplicata in qualità di lavoratore dipendente; ciò al fine di scongiurare possibili contestazioni fondate sull’utilizzo abusivo del regime agevolato al solo fine di ridurre il carico fiscale complessivo.

 

Cessazione e avvio di una nuova attività lavorativa 

L’articolo 1, comma 111, della Legge di Stabilità 2016, modificando il comma 57 dell’articolo 1 della Legge 23 dicembre 2014 n. 190, ha previsto che non possono accedere al regime forfetario i soggetti che nell’anno precedente abbiano percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati di cui agli articoli 49 e 50 del TUIR, per un importo eccedente i 30.000 euro.

Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 10/E del 4 aprile 2016, il limite rileva anche nel caso in cui, nello stesso anno, il contribuente abbia cessato il rapporto di lavoro dipendente, ma ne abbia intrapreso uno nuovo, ancora in essere al 31 dicembre.

Tale interpretazione è coerente con la ratio della disposizione, che ha il fine di riconoscere un’agevolazione al lavoratore rimasto senza impiego o con un limitato trattamento pensionistico. 

Un soggetto che nel 2017 ha prestato attività presso due diversi datori di lavoro. Nell’ambito del primo rapporto, cessato a luglio 2017, ha percepito redditi per 19.000 euro, mentre il reddito derivante dal nuovo rapporto di lavoro, iniziato a  settembre 2017, è stato pari a 11.000 euro. Nel caso descritto il regime forfetario non è applicabile nel 2018, poiché il limite di 30.000 euro è stato cumulativamente superato.

Sul piano letterale la norma si limita a precisare che la verifica della soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è “cessato”, senza nulla aggiungere in merito alle cause di tale cessazione. In considerazione della genericità dell’indicazione dovrebbero rientrare nella casistica tanto le cessazioni per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore (es. licenziamento) quanto il caso delle dimissioni.

Un dipendente ha rassegnato le dimissioni per giusta causa in data 16 luglio 2017, percependo nel 2017 redditi da lavoro dipendente in misura pari a 35.000 euro. Dopo le dimissioni il lavoratore è rimasto inoccupato per il resto dell’anno, senza percepire alcuna indennità. Nel caso descritto la causa di esclusione dal regime forfetario non opera per il 2018, essendo irrilevante il superameno del limite di 30.000 euro verificatosi nel 2017.

Si evidenzia che ai fini della non applicabilità della causa di esclusione in commento rilevano solo le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario. Se ad esempio, con riferimento al caso precedente, la cessazione del rapporto di lavoro si fosse verificata a gennaio 2018, con apertura della partita IVA nel successivo mese di marzo, l’applicazione del regime forfetario risulterebbe preclusa.

Al ricorrere dei presupposti per l’applicazione del regime forfetario, gli eventuali redditi da lavoro dipendente vanno dichiarati dal contribuente nel quadro RC del modello Redditi, mentre quelli da lavoro autonomo nel quadro LM, con liquidazione dell’imposta sostitutiva nella misura ordinaria del 15 per cento oppure del 5 per cento, se risultano soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 1, comma 65, della Legge 23 dicembre 2014 n. 190.

La norma stabilisce che l’aliquota ridotta è applicabile a condizione che il contribuente non abbia esercitato nei tre anni precedenti altra attività d’impresa o di lavoro autonomo e che, al contempo, la nuova attività non costituisca, in nessun modo, “mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo”. In proposito l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che si è in presenza di una mera prosecuzione della vecchia attività “quando quella intrapresa presenta il carattere della novità unicamente sotto l’aspetto formale ma viene svolta in sostanziale continuità, ad esempio nello stesso luogo, nei confronti degli stessi clienti ed utilizzando gli stessi beni dell’attività precedente” (Circolare 30 maggio 2012 n. 17/E). La sussistenza o meno di tali caratteristiche va pertanto verificata sulla base di un’analisi dettagliata del caso concreto.

Nel limite di 30.000 euro vanno considerate eventuali pensioni percepite dal contribuente, le quali si considerano ad ogni effetto redditi da lavoro dipendente. Pertanto, gli importi percepiti a tale titolo nel 2017 vanno comunque ricompresi nella verifica del suddetto limite. La conclusione è la medesima anche per le somme percepite a titolo di pensione riferibili ad annualità pregresse come nel caso, ad esempio, del riscatto volontario del trattamento di fine rapporto depositato presso un fondo pensione, come tale soggetto a tassazione separata.

Anche l’indennità di disoccupazione costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente e, come tale, rileva ai fini del superamento della soglia di 30.000 euro. Tuttavia, l’esclusione dal regime forfetario non si verifica qualora il rapporto di lavoro a seguito del quale il contribuente abbia presentato domanda all’INPS per l’indennità, sia cessato nel corso dell’anno precedente a quello di apertura della partita IVA. Un’unica eccezione è prevista nel caso in cui il soggetto abbia percepito nello stesso anno anche un reddito di pensione che, essendo assimilato al reddito di lavoro dipendente, assume rilievo ai fini del raggiungimento della citata soglia.

 

Superamento dei limiti ed esclusione dal regime forfetario

In caso di superamento del limite di 30.000 euro, l’esclusione dal regime forfetario si verifica a decorrere dal periodo d’imposta successivo rispetto al verificarsi di tale evento.

Se dopo aver aperto la partita Iva nel 2018, il contribuente avviasse nel medesimo anno un nuovo rapporto di lavoro dipendente, percependo redditi ad esso afferenti in misura pari a 45.000 euro, l’applicazione del regime forfetario per l’attività autonoma cesserebbe dal periodo d’imposta 2019, con conseguente obbligo, a partire da tale anno, di applicare il regime ordinario con esercizio della rivalsa IVA e assoggettamento dei compensi a ritenuta d’acconto.

 

Riferimenti normativi:

Sullo stesso argomento:Regime forfetario