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AGEVOLAZIONI

Agevolazioni acquisto prima casa: nuove indicazioni dell’Agenzia delle entrate

Riacquisto in Italia da residente all'estero, casa in uso all’ex coniuge, vendita infraquinquennale in caso di separazione o divorzio e agevolazioni “under 36”

di Marco Bomben | 13 Ottobre 2021
Agevolazioni acquisto prima casa: nuove indicazioni dell’Agenzia delle entrate

Le agevolazioni “prima casa” consentono un importante risparmio fiscale per l’acquisto di immobili da destinare ad abitazione principale e, pertanto, rappresentano un argomento di grande “appeal” per contribuenti e addetti ai lavori. Il presente contributo si propone, quindi, di fornire un quadro, sintetico, ma puntuale, rispetto agli ultimi orientamenti interpretativi forniti dall’Amministrazione finanziaria, che si è recentemente espressa su aspetti di grande interesse, tra cui l’obbligo di cessione della quota (50 per cento) dell’ex casa coniugale anche per il coniuge non assegnatario, la “sopravvivenza” del beneficio alla fine del matrimonio entro i 5 anni dall’acquisto dell’abitazione e la spettanza della nuova agevolazione “under 36”, prevista dal D.L. 25 maggio 2021, n. 73, per gli immobili aggiudicati all’asta.

Le agevolazioni “prima casa”

In presenza delle condizioni agevolative "prima casa", è possibile beneficiare di una significativa riduzione delle imposte gravanti sull’acquisto di immobili da destinare ad abitazione principale. Nel dettaglio, se il venditore è un privato o un’impresa che vende in esenzione IVA, le imposte da versare con i benefici “prima casa” sono:

  • imposta di registro proporzionale nella misura del 2 per cento (invece che 9 per cento);
  • imposta ipotecaria fissa di 50 euro;
  • imposta catastale fissa di 50 euro.

Diversamente, se si acquista da un’impresa con vendita soggetta a IVA, le imposte da versare con i benefici “prima casa” sono:
- IVA ridotta al 4 per cento (invece che 10 per cento);
- imposta di registro fissa di 200 euro;
- imposta ipotecaria fissa di 200 euro;
- imposta catastale fissa di 200 euro.

In linea generale, il regime di favore si applica quando:

  • il fabbricato che si acquista appartiene a determinate categorie catastali: da A/2 ad A/7 e A/11 (escluse, invece, le categorie catastali “A/1 - abitazioni di tipo signorile”, “A/8 - abitazioni in ville” e “A/9 - castelli e palazzi di lusso”);
  • il fabbricato si trova nel Comune in cui l’acquirente ha (o intende stabilire) la residenza o lavora;
  • l’acquirente rispetta determinati requisiti (non essere titolare di un altro immobile nello stesso Comune e non essere titolare su tutto il territorio nazionale di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su un altro immobile acquistato, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa).

Dal 1° gennaio 2016, i benefici fiscali sono riconosciuti anche all’acquirente già proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni, a condizione che la casa già posseduta sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto.

L’agevolazione in esame, pur essendo ormai “collaudata”, non manca di fare emergere talvolta importanti questioni interpretative, attesa l’importanza in valore assoluto per i contribuenti delle relative spese e la disomogeneità delle fattispecie che si possono incontrare nella pratica. In tale contesto, appare, quindi, utile approfondire gli ultimi orientamenti di prassi e, in particolare, alcune risposte a interpello, pubblicate a cavallo tra la fine del mese di settembre e l’inizio di ottobre, con le quali l’Agenzia è intervenuta a chiarire diversi aspetti in tema di:

  • operatività dei vincoli di trasferimento della residenza per i contribuenti emigrati all’estero;
  • onere di cessione dell’abitazione familiare precedentemente acquistata con le agevolazioni prima casa per l’ex coniuge non assegnatario;
  • cessione dell’immobile agevolato causata dalla separazione tra i coniugi.

Ma procediamo con ordine.

Agevolazione ad ampio respiro per gli emigrati all’estero

Tra i diversi requisiti previsti per beneficiare dell’agevolazione ai fini dell’imposta di registro, la nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, prevede che il proprietario dichiari, nell’atto di acquisto, a seconda dei casi, di volere spostare, entro 18 mesi, la propria residenza nel Comune della nuova abitazione o dove svolge la propria attività o, se lavora all’estero, in quello ove ha sede il suo datore di lavoro “ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano”.

In sede di primo acquisto, pertanto, se il soggetto che intende acquistare l’immobile in Italia è un cittadino emigrato all’estero, per fruire dell’agevolazione, è sufficiente che lo stesso costituisca la sua “prima casa” in Italia, mentre non rileva:

In linea con tali considerazioni, la risposta a interpello 27 settembre 2021, n. 627, ha ritenuto che anche in ipotesi di successivo riacquisto dell’immobile, gli obblighi generalmente imposti ai contribuenti di:
- adibire la casa acquistata ad “abitazione principale”,
- trasferire la residenza entro 18 mesi,
non possano essere imposti ai cittadini che vivono stabilmente all’estero, per un’oggettiva impossibilità di adempiere. Il documento di prassi ha il pregio di esplicitare, pertanto, l’omogeneità di trattamento ai fini fiscali tra le due fattispecie, valorizzando la situazione di non residente del contribuente.

Si noti che la condizione di “emigrato all’estero” non deve necessariamente essere provata tramite certificato di iscrizione all’AIRE, ma può essere autocertificata dal contribuente con una dichiarazione resa all’atto di acquisto dell’immobile.

Obbligo di alienazione della prima casa entro l’anno anche per il coniuge non assegnatario

Per potere fruire dei benefici sull’eventuale nuovo immobile acquistato, il coniuge non assegnatario è tenuto a cedere, entro un anno, la propria quota (50 per cento) dell’abitazione precedentemente acquistata in comunione legale in regime “prima casa”.

Secondo quanto chiarito dalla risposta a interpello 30 settembre 2021, n. 634, infatti, l’ex casa familiare in comproprietà, pure se assegnata dal giudice all’altro coniuge e, quindi, di fatto, “indisponibile”, inibisce la spettanza dell’agevolazione “prima casa” sull’acquisto di un secondo immobile.

Si tratta di un’interpretazione, a parere di chi scrive, eccessivamente penalizzante per il contribuente, posto che:

  • si valorizza un aspetto formale, ossia la titolarità al 50 per cento da parte del coniuge dell’ex casa familiare;
  • è del tutto trascurato l’aspetto sostanziale per cui il coniuge è materialmente impossibilito ad abitare l’“ex prima casa”.

In passato, un’interpretazione più conciliante rispetto alla ratio della disciplina di favore e alle oggettive esigenze del contribuente era stata accolta dalla Suprema Corte (cfr. Cass., ord. 22 ottobre 2014, n. 22490, e sent. 19 febbraio 2014, n. 3931). Pure in presenza di una mera titolarità pro quota dell’abitazione, gli Ermellini hanno comunque ritenuto l’immobile “inidoneo a soddisfare quelle esigenze abitative che sono a fondamento della norma agevolativa” (in senso conforme, le recenti pronunce della Comm. trib. reg. del Lazio n. 162 del 2021 e, prima, Comm. Trib. prov. di Reggio Emilia, sent. 21 gennaio 2019, n. 18) e, quindi, non necessaria la sua cessione.

Di parere contrario l’Agenzia delle entrate, secondo cui in nessun caso una specifica situazione fattuale (il contribuente era impossibilitato alla cessione del proprio 50 per cento, mancando la volontà dell’ex coniuge di acquistare ed essendo, di fatto, impraticabile una cessione parziale a terzi) può superare la lettera della norma ed esonerare dall’obbligo di alienazione della casa coniugale entro i termini previsti.

Il bonus prima casa “resiste” alla fine del matrimonio prima dei 5 anni

La risposta a interpello 1° ottobre 2021, n. 651, è particolarmente rilevante, poiché analizza la cessione infraquinquennale di un immobile acquistato dai coniugi con le agevolazioni “prima casa” avvenuta:

  • dopo la presentazione del ricorso per la separazione consensuale presso il Tribunale,
  • ma prima dell’udienza di separazione.

In linea generale, è prevista la decadenza dal beneficio (con la necessità di versare le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, oltre a una sanzione del 30 per cento), ove:
- si trasferisca l'immobile agevolato prima del termine di cinque anni dalla data di acquisto,
- senza provvedere al riacquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale entro l'anno.

Per i casi di divorzio o di separazione, tuttavia, l'art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, prevede un regime speciale di esenzione dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa per: “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio”.

In questi termini, le Entrate hanno ritenuto che l’alienazione della casa coniugale potesse rientrare a pieno titolo tra gli “atti relativi al procedimento di separazione”, posto che, nel caso di specie:

  • la data di avvenuta cessione è successiva a quella di presentazione del ricorso per la separazione consensuale;
  • i coniugi dichiaravano espressamente che la casa coniugale, acquistata in regime "prima casa", era stata posta in vendita, chiedendo al giudice di darne atto nel successivo accordo di separazione consensuale.

Operando la previsione di cui al citato art. 19, pertanto, i contribuenti possono evitare la decadenza dall’agevolazione, subordinata, evidentemente, all’effettiva omologa dell’accordo di separazione (cfr. anche risoluzione Agenzia delle entrate 9 settembre 2019, n. 80/E).

Agevolazioni prima casa under 36: via libera per gli immobili all’asta ma niente da fare per il “compromesso”

Interessanti chiarimenti sono stati forniti anche sull’ambito applicativo della nuova agevolazione introdotta dall’art. 64, commi da 6 a 11, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73 (decreto “Sostegni bis”), con riferimento all'acquisto della "prima casa" di abitazione, per i soggetti di età inferiore a 36 anni, con ISEE non superiore a 40.000 euro.

L’agevolazione si traduce in:

  • un esonero dal pagamento delle imposte di registro e ipo-catastali sugli atti traslativi a titolo oneroso delle proprietà delle “prime case”, con eccezione delle abitazioni di categoria A1, A8 e A9;
  • per gli atti imponibili IVA, un credito d’imposta pari all’IVA corrisposta in relazione all’acquisto medesimo.

Tale credito è utilizzabile:
- a scomputo dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito;
- in diminuzione delle imposte sui redditi o
- in compensazione tramite modello F24.

Il beneficio in esame può essere applicato agli atti stipulati dalla data di entrata in vigore del decreto “Sostegni bis” al 30 giugno 2022.

Nel dettaglio, l’agevolazione si applica per gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione. La norma non menziona, tuttavia:

  • né il contratto preliminare, ossia l’accordo con il quale le parti si obbligano reciprocamente alla stipula di un successivo contratto definitivo di compravendita, indicandone contenuti e aspetti essenziali,
  • né il trasferimento immobiliare disposto con provvedimento giudiziale (ad esempio, immobile acquistato all’asta),

sollevando potenziali dubbi in ordine all’applicabilità dell’agevolazione a tali fattispecie, che sono stati recentemente sottoposti all’attenzione del Fisco.

Contratto preliminare

Con la risposta a interpello 1° ottobre 2021, n. 650, l’Agenzia delle entrate ha risolto in senso negativo la prima questione.

A parere del Fisco, infatti, il “compromesso” produce tra le parti solo effetti obbligatori e non reali, trattandosi di una forma contrattuale inidonea a trasferire la proprietà o a determinare l'obbligo di corrispondere il prezzo pattuito e, pertanto, non riconducibile al novero dei contratti previsti dalla norma per l’accesso al beneficio fiscale.

Di conseguenza, il contribuente è tenuto a versare:

  • l’imposta di registro prevista per il rogito (in misura fissa, pari a 200 euro);
  • gli acconti e la caparra,

salva la possibilità di recuperare l’esenzione, al ricorrere dei requisiti di legge, in seguito alla stipula dell’atto di compravendita.

A tale fine, è necessario presentare formale istanza di rimborso per il recupero dell'imposta proporzionale versata per acconti e caparra in misura superiore all'imposta di registro dovuta per il contratto definitivo, entro il termine triennale di cui all’art. 77 del TUR, che decorre dalla data di registrazione del contratto.

Immobili acquistati all’asta

In merito alla seconda questione, la risposta a interpello 4 ottobre 2021, n. 653, precisa, invece, che l’aggiudicazione dell’immobile all’asta con decreto di trasferimento del Tribunale è certamente un titolo idoneo a garantire la spettanza dell’agevolazione in commento, non potendo essere qui riproposte le perplessità in ordine agli effetti soltanto obbligatori del contratto preliminare poc’anzi evidenziate.

Nell’ambito più generale dell’agevolazione “prima casa”, di cui l’esonero per gli under 36 costituisce una sorta di caso particolare, infatti, la risoluzione dell’Agenzia delle entrate 28 maggio 2021, n. 38/E, ha già avuto modo di confermare la possibilità di godere della riduzione dell’imposta di registro, al verificarsi dei requisiti di cui alla nota II-bis) all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, anche in caso di trasferimento immobiliare disposto con un provvedimento giudiziale.

Ne deriva che lo sconto è pacificamente applicabile nell'ipotesi in cui la proprietà di un immobile si acquisisce per effetto dell’aggiudicazione in asta giudiziaria con decreto di trasferimento del Tribunale e ciò a prescindere dal momento della futura data di stipula del contratto di mutuo che il contribuente intendesse sottoscrivere.

Anche con riferimento al momento in cui il contribuente è tenuto a presentare le dichiarazioni individuate nella citata nota II-bis, infatti, l’Agenzia richiama le precisazioni fornite con la medesima risoluzione n. 38/E del 2021, secondo cui:

le previste dichiarazioni sono rese dalla parte interessata, di regola, nelle more del giudizio, talché risultino nel provvedimento medesimo. (...), tuttavia, è possibile rendere tali dichiarazioni anche in un momento successivo, purché ciò avvenga prima della registrazione dell'atto”.

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