Premessa
Si ricorda che l'art. 2, commi da 55 a 57, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, ha consentito di trasformare in crediti d’imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio, per colmare il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani, in particolare gli enti creditizi e finanziari, rispetto a quelli europei.
Per evitare il sorgere di questo svantaggio competitivo, è stato previsto un meccanismo di conversione in crediti d’imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241. In tale modo, le DTA (deferred tax assets), sono “smobilizzabili” e, pertanto, concorrono all’assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo riconoscibili ai fini di vigilanza.
Il medesimo meccanismo è previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali.
Il richiamato art. 2 ha consentito, come anticipato, di trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate (DTA) iscritte in bilancio, relative alle svalutazioni di crediti - non ancora dedotte ai sensi dell'art. 106, comma 3, del TUIR - e al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi in più periodi d'imposta.
Successivamente, sono intervenuti:
- l’art. 9 del D.L 6 dicembre 2011, n. 201, che ha previsto la conversione delle DTA in presenza di perdite fiscali rilevanti ai sensi dell’art. 84 del TUIR;
- l’art. 1, commi da 167 a 171, della legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147 ), che ha esteso l’originario ambito applicativo della disciplina alle DTA relative all’IRAP;
- l’art. 44-bis del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, con il quale è stata data la facoltà di trasferire al soggetto derivante dall’aggregazione le attività fiscali differite (DTA) delle singole imprese e trasformarle in credito d’imposta;
- l’art. 55 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (decreto “Cura Italia”), che ha sostituito/modificato il citato art. 44-bis , prevedendo la possibilità di trasformare le imposte anticipate iscritte in bilancio riferibili alle perdite fiscali e all’eccedenza ACE non utilizzata in crediti d’imposta;
- l’art. 72, comma 1-ter, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 (decreto “Agosto”), che ha modificato ulteriormente la disciplina dell’art. 44-bis .
Il decreto “Sostegni bis”
L’art. 19, comma 1, del D.L. 25 maggio 2021, n. 73, modificando l’art. 44-bis del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, proroga la possibilità riconosciuta alle società di cedere propri crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti, trasformandoli in crediti d’imposta, fino al 31 dicembre 2021 (rispetto al previgente 31 dicembre 2020) e prevede che il limite del valore nominale massimo dei crediti ceduti, stabilito in 2 miliardi di euro, valga per ciascuno degli anni 2020 e 2021.
Le regole
Sembra opportuno riassumere l’argomento, al fine di applicare correttamente la normativa.
Il menzionato art. 44-bis, nella sua formulazione vigente, consente di trasformare in credito d'imposta una quota di attività per imposte anticipate riferite a determinati componenti, per un ammontare proporzionale al valore dei crediti deteriorati ceduti a terzi.
L'intervento permette alle imprese di anticipare l'utilizzo come crediti d'imposta di tali importi, di cui, altrimenti, usufruirebbero in anni successivi, determinando nell'immediato una riduzione del carico fiscale e favorendo la creazione di liquidità necessaria per fronteggiare l'attuale contesto di incertezza economica.
Più in dettaglio, detto articolo stabilisce che, qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020 (ora 31 dicembre 2021), crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti, intesi come coloro che non hanno effettuato il pagamento per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto, essa può trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate riferite ai seguenti componenti:
- le perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile, nonché
- l'importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto, non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione.
Ai fini della trasformazione in credito d’imposta, tali componenti possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20 per cento del valore nominale dei crediti ceduti. I crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2021 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.
Qualora una società ceda crediti per 100.000 euro, potrà trasformare in credito d’imposta al massimo una quota di DTA riferibile a 20.000 euro dei componenti indicati dalla norma, equivalente - supponendo che l’aliquota IRES applicabile sia quella ordinaria al 24 per cento - a 4.800 euro.
Va sottolineato che, in origine, l’art. 44-bis del D.L. n. 34/2109 prevedeva un’agevolazioni per le operazioni di aggregazione aziendale compiute da società del Mezzogiorno, da cui risultavano una o più imprese aventi, a loro volta, sede legale nel Mezzogiorno. L’agevolazione consisteva nella possibilità di trasferire al soggetto derivante dall’aggregazione le attività fiscali differite (DTA) delle singole imprese e trasformarle in credito d’imposta, a fronte del pagamento di un canone annuo, determinato applicando l’aliquota dell’1,5 per cento alla differenza tra le DTA e le imposte versate.
La disposizione era rivolta alle società con sede legale, al 1°gennaio 2019, nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia e Sardegna.
L’attuale disposizione risulta applicabile alle società situate in tutto il territorio nazionale.
Il decreto “Agosto”
Il comma 1-ter dell’art. 72 del D.L. n. 104/2020 (decreto “Agosto”), convertito dalla legge n. 126/2020 , novella, con la lett. a), il comma 1 dell’art. 44-bis .
Nello specifico:
- con una prima modifica, si precisa che è possibile trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate relative a crediti deteriorati, se esse sono riferite all’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto non ancora dedotto né trasformato (in luogo di “fruito tramite”) in credito d’imposta alla data della cessione;
- viene inserito un nuovo periodo al comma 1, il quale specifica che, nel caso di crediti acquistati da società con le quali non sussiste un rapporto di controllo civilistico (ai sensi dell’art. 2359 c.c.) o che non sono controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto, il valore nominale è il valore di acquisto del credito. Va ricordato, come sopra specificato, che i crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2021 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell'art. 2359 c.c. e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto;
- si chiarisce che la trasformazione in credito d’imposta avviene alla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti e da tale momento decorrono gli effetti previsti ex lege per il cedente.
Viene, inoltre, precisata la menzionata disciplina degli effetti in favore del cedente. A decorrere dalla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti, dunque, si verificano alcuni effetti, che derogano alle regole ordinarie di determinazione dell’imponibile. In particolare, per il cedente:
- non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite di cui all'art. 84 del TUIR, relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformate (con le modifiche in commento, in luogo di computare quelle “trasformabili”) in credito d’imposta;
- non sono deducibili né fruibili tramite credito d’imposta le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo di cui all'art. 1, comma 4, del D.L. n. 201/2011, relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformate (anche in tale caso, in luogo di “trasformabili”) in credito d’imposta.
La lett. c) del comma 1-ter dell’art. 72 in esame modifica l’art. 44-bis, comma 2, specificando che i crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione non sono produttivi di interessi e, a decorrere dalla data di efficacia giuridica della cessione, essi possono essere:
- utilizzati, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, o
- ceduti secondo le procedure dell’art. 43-bis o dall’art. 43-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, o
- chiesti a rimborso.
I crediti d’imposta vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’IRAP.
L’opzione
L’operazione di trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d'imposta è condizionata all'esercizio, da parte della società cedente, dell'opzione di cui all'art. 11, comma 1, del D.L. 3 maggio 2016, n. 59. L'opzione, se non già esercitata, deve essere eseguita entro la chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti; l'opzione ha efficacia a partire dall'esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione.
Le regole stabiliscono che le imprese interessate devono pagare un canone annuo, applicando l’aliquota dell’1,5 per cento alla differenza tra l’ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte versate.
L’interpello
Il problema che sorgeva in merito all’applicazione della normativa riguardava la decorrenza dell’utilizzo in compensazione dei crediti in rassegna.
È stato, quindi, chiesto se l’utilizzo in compensazione dei crediti in esame possa avvenire subito dopo l’atto di cessione dei crediti deteriorati oppure si debba attendere il pagamento del canone del’1,5 per cento previsto dal citato art. 11. Inoltre, è stato domandato se vi è l’obbligo di cedere i crediti a soggetti iscritti in albi o elenchi disciplinati dal TUB oppure anche a operatori non finanziari e, infine, quale codice tributo utilizzare per la compensazione.
Dopo avere passato in rassegna la normativa, l’Amministrazione finanziaria, con la risposta a interpello 11 gennaio 2021, n. 35, ritiene che il credito d’imposta possa essere utilizzato in compensazione dalla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti deteriorati, senza attendere, quindi, l’opzione e il versamento del relativo canone.
In merito ai crediti, per usufruire dell’agevolazione, i crediti deteriorati possono essere ceduti anche a soggetti diversi dagli istituti finanziari. L’unico limite attiene al fatto che le regole non si applicano alle cessioni di crediti tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.
L’Agenzia, infine, conferma quanto sostenuto dall’istante, vale a dire che, per potere utilizzare il credito d’imposta derivante dalla trasformazione di attività per imposte anticipate, con la risoluzione 18 novembre 2020, n. 71/E, è stato ridenominato il codice tributo “6834”, che era stato istituito con risoluzione 24 maggio 2011, n. 57/E.
Per potere compensare il bonus fiscale, ora i contribuenti dovranno utilizzare sempre il codice tributo “6834”, ma ridenominato “Credito d’imposta derivante dalla trasformazione di attività per imposte anticipate”.
Da ultimo, si ricorda che la lett. c) del comma 1-ter del citato art. 72, ha modificato l’art. 44-bis, comma 2, precisando che i crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione non sono produttivi di interessi e, a decorrere dalla data di efficacia giuridica della cessione, possono essere anche ceduti secondo le procedure dell’art. 43-bis o dall’art. 43-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, o chiesti a rimborso.
I crediti d’imposta vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e non concorrono alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’IRAP.
Riferimenti normativi:
- D.L. 25 maggio 2021, n. 73, art. 19;
- D.L. 14 agosto 2020, n. 104, art. 72, comma 1-ter;
- D.L. 30 aprile 2019, n. 34, art. 44-bis;
- D.L. 3 maggio 2016, n. 59, art. 11;
- D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, art. 2, commi da 55 a 57;
- Agenzia delle entrate, Risposta a interpello 11 gennaio 2021, n. 35.